Anno | 2024 |
Genere | Commedia, Drammatico, Fantasy |
Produzione | Gran Bretagna |
Durata | 60 minuti |
Regia di | Georgi Banks-Davies, Runyararo Mapfumo |
Attori | Jeff Goldblum, Debi Mazar, Aurora Perrineau, Fady Elsayed, Elander Moore Susan Wooldridge, Joe Coen, Amanda Douge, Cathy Tyson, Gabby Wong, Suanne Braun, Robert Emms, David Thewlis, Janet McTeer, Cliff Curtis, Killian Scott, Stanley Townsend, Nabhaan Rizwan, Leila Farzad, Shila Ommi, Rakie Ayola, Daniel Lawrence Taylor, Michelle Greenidge, Peter Polycarpou, Mishael Lopes Cardozo, Kurt Egyiawan, Olga Mouak, Meryl Griffiths, Gwynne McElveen, Rich Keeble, Richard Sutton, Tomi Ogunjobi. |
MYmonetro | Valutazione: 3,00 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 2 settembre 2024
Un'epica lotta tra divinità, umani e altri ancora, dall'ideatore di "The End of the F***ing World".
CONSIGLIATO SÌ
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Zeus, padre degli dèi, entra in crisi quando una ruga sulla sua fronte lo convince che una profezia sta per compiersi, minacciando il suo dominio. Nel mondo dei mortali, Orfeo, un cantante pop, cerca di salvare la sua amata Riddy, mentre Prometeo, narratore ironico e dissacrante, trama contro Zeus per portare avanti il destino dei mortali.
Un'intera generazione, che comprende anche chi scrive, è cresciuta conoscendo i miti greci non tanto grazie alle lezioni di storia e filosofia, quanto attraverso i racconti di Pollon, la combinaguai indisponente del famoso cartone animato.
Con le classiche forme dell'anime giapponese, Pollon ci portava, da bambini, in un mondo popolato dalle fondamentali storie del padre degli dèi Zeus, Apollo, Era e tutto il pantheon greco. Parrebbe proprio il caso di dire "sembra talco ma non è, serve a darti l'allegria" (nel claim che solo in Italia ricordiamo associato a Pollon) anche per questa nuova serie televisiva, creata da Charlie Covell, dopo la sua fortunata esperienza di The End of the F**ing World, per Netflix.
Kaos, come C'era una volta... Pollon, è una rivisitazione audace e innovativa della mitologia greca, che trasporta gli antichi dèi ed eroi in un contesto contemporaneo, sebbene alternativo. Siamo in una Grecia moderna in cui gli esseri umani non hanno dimenticato gli dèi; anzi, i rapporti con questi ultimi sono rimasti gli stessi descritti nelle storie di Omero, Esiodo, Eschilo, Sofocle, Euripide e altri. Il progetto è evidentemente ambizioso, e non a caso ha richiesto anni di preparazione e una meticolosa attenzione ai dettagli, culminando in una produzione che riesce a fondere elementi classici con un approccio moderno e irriverente.
La trama si sviluppa su tre piani di esistenza: il Monte Olimpo, l'isola di Creta e l'Oltretomba, intrecciando le vicende di divinità e mortali in un universo dove antiche profezie minacciano l'ordine stabilito. Zeus, interpretato da un formidabile Jeff Goldblum (vero e proprio brand dell'intera produzione), è al centro della narrazione, dipinto come un re in crisi esistenziale. Goldblum è impeccabile nel suo ruolo, richiamando altri suoi personaggi, come il Gran Maestro nel Marvel Cinematic Universe e il professor Ian Malcolm di Jurassic Park. La caratterizzazione di Zeus è efficace sotto ogni punto di vista, a partire dal casting dell'attore.
Accanto a lui, altri personaggi mitologici ricevono un trattamento originale: un Ade sovraccarico di lavoro, che gestisce un Oltretomba desaturato in bianco e nero (interpretato anch'esso ottimamente da David Thewlis), e Janet McTeer nei panni di Era, che offre una performance fredda e spietata della gelosissima moglie di Zeus.
Stiamo comunque parlando di una produzione americana, e ovviamente non poteva mancare, nel processo fagocitatore, dissacrante e tendenzialmente semplicista dell'adattamento americano, l'annullamento di alcuni degli elementi fondanti il testo d'origine. Il problema è che in questo caso non parliamo di un testo, ma di testi; anzi, non parliamo di testi adattati ma di un'intera cultura, di una religione, di cui si perdono alcuni fondamenti, come vedremo.
Ma torniamo a Pollon: ricordate la piccola figlia non riconosciuta del dio Apollo nell'omonimo anime di Hideo Azuma? Sia il manga del 1977 che l'anime del 1982 su questa fittizia eroina, nonostante l'irriverente rivisitazione della religione classica, mantenevano intatto l'aspetto fondante di quella religione: gli dèi non solo replicavano i caratteri umani, con le loro virtù e vizi, ma erano espressione delle forze della natura, delle emozioni e dei fenomeni di cui si facevano divinità. Pollon stessa, che fittiziamente diventerà la dea della speranza alla fine della sua epopea, lo sarà in virtù del suo arco narrativo che la vedrà risolvere i guai di eroi mitici, senza stravolgere i racconti originali, ma infondendo in essi un elemento che, dal vaso di Pandora, la porterà alla sua apoteosi.
Facciamo un salto in avanti: nel 2017 esce American Gods su Starz, serie ideata da Bryan Fuller e Michael Green e basata sull'omonimo romanzo di Neil Gaiman. In questa epopea contemporanea, Gaiman ripensa le divinità antiche non spostandole in una contemporaneità impossibile, ma immaginando un "and then..." piuttosto che un "what if...". In questo modo, Gaiman preserva l'essenza delle divinità, garantendo un padre degli dèi ancora padrone della sua materia, così come ogni altra divinità. In Kaos, al contrario, sembra mancare proprio quella profondità e coerenza che caratterizzava questi adattamenti.
Mentre Pollon e American Gods riuscivano a preservare l'essenza delle divinità e dei miti originali, adattandoli a nuovi contesti senza tradire la loro natura, Kaos si perde in una semplificazione eccessiva. La serie, pur mantenendo un certo fascino visivo e una narrazione avvincente, rischia di ridurre le divinità a semplici caricature, privandole della complessità e delle sfumature che le rendevano affascinanti e temibili. In Kaos, gli dèi appaiono più come personaggi di un dramma contemporaneo, con tutte le loro debolezze umane accentuate, ma senza quella dimensione trascendente che li rendeva degni di venerazione e timore. La scelta di rappresentare Zeus come un dio in crisi esistenziale, preda di nevrosi e paranoie, fa perdere di vista il suo ruolo di supremo arbitro del destino umano. Allo stesso modo, gli altri dèi sembrano muoversi su un palcoscenico ridotto (e riducendo inevitabilmente il numero di dèi messi in scena proprio per questa ragione), dove le loro azioni sono più dettate dalle necessità narrative che non dal loro potere intrinseco.
Un esempio di questo è la trasformazione della tragica storia di Orfeo e Euridice, che qui diventa Riddy, un'eroina autonoma e indipendente, mentre Orfeo si trasforma in un cantante pop che di eroico ha ben poco. Anche il rapporto tra uomo e divinità viene spezzato e trasformato in un governo tirannico, con il Monte Olimpo che da regno degli dèi diventa una sorta di Grande Fratello orwelliano, che domina lascivamente sui governi terrestri, come quello di Minosse a Creta. Il labirinto di Dedalo si trasforma in una sorta di Alcatraz facilmente percorribile, e la storia di Pasifae, donna che si innamora di un toro sacro a Poseidone col quale avrà un rapporto sessuale, viene ridotta in favore di una rappresentazione più accettabile secondo le logiche inclusive di Netflix.
C'è però un personaggio che riesce a mantenere quel rapporto perduto in ogni strato di questo adattamento: Prometeo, narratore onnisciente della storia, che rompe la quarta parete coinvolgendo lo spettatore con un tono ironico e dissacrante. Del personaggio si mantengono i caratteri mitologici e il suo mito si riflette nella narrazione, essendo colui che portò il fuoco agli uomini, un rivoluzionario intermediario tra il divino e l'umano. Un processo di interrelazione tra narrazione e storia che, forse, andava replicato anche sugli altri personaggi.
È efficacissima la trasformazione dell'Olimpo in un luogo colorato e kitsch, dove i toni brillanti dei costumi contrastano con la desolazione monocromatica dell'Oltretomba, ma non basta a bilanciare i difetti di questa serie: l'enorme cast e le numerose sottotrame rischiano di diluire la narrazione, portando a momenti di stanca che spezzano il ritmo. Il vero punto di forza di Kaos risiede nelle interpretazioni magistrali dei suoi attori principali, ma al contempo proprio questi diventano il centro gravitazionale del racconto, lasciandoci con un senso di incompletezza, come se l'ambizione di reinterpretare i miti si scontrasse con la difficoltà di mantenere intatta la loro essenza originaria. Forse, nel tentativo di rendere questi antichi racconti più accessibili al pubblico contemporaneo, Kaos ha finito per smarrire proprio ciò che li rendeva eterni. E se per Pollon quel che sembrava talco non lo era, in Kaos il talco rimane semplicemente talco.