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Ultimo aggiornamento martedì 3 maggio 2022
Roma, 1943: Matilde, Cencio, Fulvio e Mario vivono come fratelli nel circo di Israel. Il film ha ottenuto 8 candidature e vinto 3 Nastri d'Argento, 16 candidature e vinto 6 David di Donatello, In Italia al Box Office Freaks Out ha incassato 2,7 milioni di euro .
CONSIGLIATO SÌ
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C'è una guerra sporca che brucia il mondo e i diversi. In quella guerra sporca c'è un circo e dentro al circo quattro freaks che strappano sorrisi all'orrore. Matilde è la ragazza 'elettrica', Fulvio l'uomo lupo, Mario il nano calamita, Cencio il ragazzo degli insetti. A guidarli è Israel, artista ebreo e 'terra promessa', che ha inventato per loro un destino migliore. Assediati dai nazisti, che hanno occupato Roma e soffocato ogni anelito di libertà, decidono di imbarcarsi per l'America ma inciampano nell'ambizione divorante di Franz, pianista tedesco e direttore artistico del Zirkus Berlin, con troppe dita e poco cuore. Strafatto di etere, Franz vede il futuro e vuole cambiarlo: la Germania non perderà la guerra. A confermarlo sono i suoi deliri, a garantirlo i superpoteri di Matilde, Fulvio, Mario e Cencio. A Franz non resta che scovarli.
Davanti a Freaks Out, e dopo Lo chiamavano Jeeg Robot, non abbiamo più dubbi, Gabriele Mainetti è il mago di Oz del cinema italiano.
Un uragano che ci solleva dalla monotonia della produzione nazionale per precipitarci nella terra dell'avventura, dove sopravvivono creature fantastiche in cerca del loro cuore o del loro coraggio per sconfiggere la paura e una strega, sempre crudele e ciarlatana. Non si allontana troppo dalle rive del Tevere, Mainetti che lascia il cuore del ciclone per sbarcare nel regno della narrazione fantastica nutrita di Storia. Una 'storia' nota che il suo film 'mette in pericolo' attraverso un nazista più nazista degli altri, decisamente antisemita e ostinato a vincere la guerra, perché ha già visto il futuro e la morte del Führer.
Mainetti confonde i fatti reali (l'occupazione di Roma) con gli avvenimenti immaginari (l'arrivo del Circo Mezzapiotta). Cortocircuitando l'esperienza romanzesca e l'illusione di realtà storica, immagina un pianista pazzo che usurpa a Chaplin l'energia burlesca per ridere e irridere l'intolleranza e la tirannia. Da qualche parte tra il gaio dittatore di Mel Brooks e il grande dittatore di Charlie Chaplin, Franz Rogowski torce e rivolta il corpo per entrare meglio nella pelle dell'altro, soprattutto di quello che si detesta.
Giocoliere con mappamondo e bastone (una pistola a canna lunga), l'attore tedesco sa bene che i dittatori sono registi e segretamente coreografi. Sempre comicamente in controtempo, infila in Freaks Out danze improvvisate, balzi e sbalzi di umore perché Franz combatte una battaglia contro il mondo non troppo lontana da quella dei suoi antagonisti, mostri come lui fuori dal circo. Ma se il primo schiverà la realtà senza fine, nascondendo dietro la divisa la propria anomalia, i nostri ci affonderanno temerariamente. Persino Cencio, il più pavido tra loro finirà per volare alto "senza aria e senza rete".
Alla caricatura distruttiva del nazismo trionfante, Mainetti oppone ancora una volta un eroe, quattro eroi popolari, poveri diavoli e nobili attori che maneggiano il grottesco con brio. Riconfermato Claudio Santamaria, riconoscibile dietro al pelo mannaro, assolda Pietro Castellitto, silhouette albina e in contropiede costante, Giancarlo Martini, clown incipriato e 'dotato' di magnetismo, e Aurora Giovinazzo, orfana 'luminosa' che dirige i codici del film storico verso l'intrattenimento mutante.
Ancora una volta Mainetti si orienta verso attori dal fisico passe-partout per attraversare inosservato l'orrore. Un déclic, la sparizione improvvisa del loro 'leader', catturato dai nazisti, apre la coscienza e rimette sulla diritta via gli eroi, che faranno scelte più ambiziose che accendere lampadine o domare insetti, piegare forchette o calamitarle sul petto. Il cammino è sinuoso e l'ostacolo ha la stessa forza sovraumana. E in ragione di quella forza, i fantastici quattro si faranno compassionevoli giustizieri, praticando la giustizia poetica e facendo fondere d'amore lo spettatore.
Sprofondato nel cuore di tenebre della storia, Freaks Out incarna veramente il tema del peso della responsabilità indotta dai superpoteri, essenziale nel mito del supereroe e abdicato da tempo dalla Marvel. Mainetti realizza un film di super-eroi che non si prende mai gioco di loro, permette ai protagonisti di esistere realmente, non hanno bisogno di costumi (a parte quelli di scena), mescolandosi nella società come eroi quotidiani. La figura (super)eroica è soggetto ricorrente del cinema di Gabriele Mainetti, una variante alternativa e ben più intima dei due intoccabili giganti Marvel e DC. Genere dominante da più di dieci anni a Hollywood, una presa di potere che si spiega col contesto ideologico (il dopo 11 settembre), tecnico (l'eccellenza degli effetti speciali) e socioculturale (l'avvento dei geek), raramente viene realizzato oltre i confini americani. È probabile che i nostri supereroi resteranno per sempre all'ombra dei rivali d'oltreoceano, sovralimentati e dopati con spettacolari effetti speciali, è sicuro che non abbiamo i loro superpoteri ma abbiamo senz'altro le idee. L'idea per esempio di mischiare il 'neorealismo' locale con la figura americana del supereroe.
Se Lo chiamavano Jeeg Robot giocava la carta deviante, intimista e minimalista, Freaks Out gioca quella spettacolare dentro 'Roma città aperta' dove immagina una Magnani invincibile che sopravvive al suo 'Francesco'. Mainetti non copia gli americani ma applica la sensibilità (e la cultura) del vecchio continente al genere supereroico. Il risultato è un film storico fantastico e originale, una combinazione di malizia, emozione e umiltà.
L'autore tira la riga del fronte, da una parte gli eroi ordinari (ebrei, partigiani, freaks), stanchi e abbandonati fuori dal mondo e dentro ambienti dismessi dove il cattivo cova e li minaccia, dall'altra i colori e lo slancio degli effetti speciali, l'immaginario pop rilasciato a piccole dosi. Niente di esagerato, tutto si fonde bene, in maniera vivace, fluida, dinamica. Il cast, eterogeneo e governato da Giorgio Tirabassi, funziona a meraviglia. Gli attori giocano la parte e ritrovano una forma di innocenza.
Pieno di un candore assunto senza complessi, Freaks Out re-incanta il mondo attraverso l'eroismo, producendo meraviglia, paura, eccitazione, fede. Fede nel cinema creativo e ricreativo. Un consiglio, restate incollati ai titoli di coda e vedrete cosa è stato del tempo che ci è stato concesso.
Roma, 1943. Fulvio (Claudio Santamaria) è coperto di peli dalla testa ai piedi; Matilde (Aurora Giovinazzo) è così elettrica che accende le lampadine mettendole in bocca; Mario (Giancarlo Martini) è affetto da nanismo; Cencio (Pietro Castellitto) sputa lucciole e cambia forma agli insetti. E Israel (Giorgio Tirabassi) è il proprietario e direttore del circo che li ha accolti tutti, come una famiglia sui generis. Ma un'esplosione li priva della loro casa-rifugio e li getta nel mezzo della Seconda Guerra Mondiale, creature straordinarie messe a confronto con l'orrore.
Freaks Out segna il ritorno alla regia di Gabriele Mainetti cinque anni dopo Lo chiamavano Jeeg Robot. Scopriamo il nuovo attesissimo film attraverso le parole dello stesso regista:
La romanità
Parlando del cinema di Sergio Leone, Mainetti ne loda lo "sguardo ironico romano, che per me è molto importante, anche perché ti consente di lavorare su più livelli": quello accessibile della risata popolare come quello più "alto" del vissuto doloroso che quella risata sottende. L'ha già applicato a Jeeg Robot, e intende fare lo stesso con Freaks Out.
Lo sguardo internazionale
È evidente fin dalle prime immagini di Freaks Out che Mainetti ha ben presente l'opera di Tim Burton e ha assorbito la lezione del cinema internazionale: del resto ha studiato regia e girato i primi lavori alla New York University. Ma la sua universalità è ben radicata nella sua italianità, mai rinnegata e anzi messa in primo piano, "così come Leone ha portato la sua romanità nel mondo. Quando guardo i suoi film mi sento a casa mia, ma i suoi film riescono a parlare a tutti, in Italia come all'estero".
L'emozione
"La capacità di navigare emotivamente è il grande potenziale che rende il cinema italiano internazionale". Per questo Freaks Out, già dalle prime immagini, tracima emozione. Del resto, come per Steven Spielberg, "il cinema è il gioco di raccontare storie per toccare il nostro bambino interiore". Ma bisogna restare aderenti ad una forma filmica precisa, che "è difficile da mantenere nel momento in cui vuoi emozionare".
Maschere, non macchiette
"Mario Monicelli si ispirava alla commedia dell'arte", ricorda Mainetti. E quella commedia è fatta di archetipi che le maschere sintetizzano. Nella galleria di "mostri" che Freaks Out dichiara di essere fin dal titolo, ognuno è già visivamente una maschera, della quale dobbiamo però scoprire l'umanità sottostante, "e lavorare sulla tridimensionalità dei personaggi: come in Jeeg Robot, dove c'erano maschere tragiche che fanno ridere".
La credibilità
"Spielberg fa un cinema vicino al nostro perché racconta storie di persone normali, piena di paure e di fragilità, e le porta in uno spazio assurdo", ricorda Mainetti. "Ho dovuto rendere credibile il viaggio fantastico dei miei freaks, e poiché l'incredulità si sospende solo attraverso i personaggi, li ho dovuti rendere autentici al di là del loro aspetto esteriore e dei loro superpoteri". In questo la sua passata esperienza di attore "mi ha aiutato a immedesimarmi con personaggi densi di verità e di dramma".
La sofferenza
"La sofferenza è necessaria per poter raccontare. Se non ce l'hai dentro non puoi farlo". E chi meglio di un gruppo di freak potrà veicolarla?
La musica
Come già in Jeeg Robot, anche in Freaks Out la musica sarà "non un sottofondo ma una protagonista che aiuta a narrativizzare il racconto". La firma è di Michele Braga insieme allo stesso Gabriele Mainetti.
Squadra che vince non si cambia
Alla sceneggiatura, come in Jeeg Robot, c'è l'amico e sodale Nicola Guaglianone, "incontrato lungo un percorso di tanta, tanta sfiga. Noi aspiranti sceneggiatori andavamo da Leo Benvenuti che ci accoglieva in uno scantinato a Piazza del Popolo. Io ero più 'americanozzo', Nicola più vicino alla commedia all'italiana". Si sono trovati e, come nei migliori buddy movie, non si sono più lasciati. E la fotografia sporca e graphic è sempre di Michele D'Attanasio, che di recente ha girato anche Tre piani, il nuovo film di Nanni Moretti, L'ombra di Caravaggio di Michele Placido e Padrenostro di Claudio Noce; le scenografie sono ancora di Massimiliano Sturiale e i costumi di Mary Montalto.
Il budget
Freaks Out è costato "'na cifra", come direbbe Mainetti. Che però aggiunge di non aver seguito la lezione numero uno (e due, tre, quattro) di Sergio Leone agli aspiranti produttori: "Mai metterci i soldi tuoi. Io invece ci ho messo tutto quello che ho, oltre a tutto quello che sono. Andate al cinema, e salvatemi la vita!"
FREAKS OUT disponibile in DVD o BluRay |
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Il mito dei supereroi è già stato sfruttato in tutti i modi con le decine di film arrivati da oltreoceano negli ultimi anni sicchè, quando pareva che fosse stato già detto il possibile, è arrivato Gabriele Mainetti a dimostrare che la creatività degli italiani non ha eguali al mondo. “Freaks Out” è una ventata di aria fresca in una stanza [...] Vai alla recensione »
“Il cinema usa il linguaggio dei sogni: gli anni possono passare in un secondo e puoi semplicemente saltare da un posto all’altro (…) ogni oggetto e ogni luce significano qualcosa, come in un sogno.” Federico Fellini Quando si dice “la magia del cinema”! Lo stupore e la meraviglia di essere catapultati in una storia ammaliante e visionaria.
Battage pubblicitario alle stelle, critiche entusiastiche e premi a volontà. Ma questo non è cinema. Da Hollywood ci vogliono far credere che bastano gli effetti speciali per tenere in vita una pellicola che, di trama, non ne ha nemmeno un po'. Molti ci credono. Io, che amo il cinema, no. Un buon film, come un buon libro, deve avere solide fondamenta.
Sei anni dopo il fortunato e meritevole "Lo chiamavano Jeeg Robot",Mainetti(co-sceneggiatore,autore delle musiche e co-produttore tra gli altri con Andrea Occhipinti)mette nuovamente in scena le tematiche supereroistiche tipiche dei blockbusters americani ma ambientate nella Roma del'43 e con un gruppo di "diversi" alle prese con la mostruosità "normale" che [...] Vai alla recensione »
Con Lo Chiamavano Jeeg Robot, Gabriele Mainetti dimostrò di aver portato in Italia una ventata d'aria fresca, con inventiva, coraggio e risultati da lodare e ammirare. Il risultato è stato un film di (anti)supereroi con tutti le carte in regola per essere definito un film bellissimo. Con Freaks Out, Gabriele si supera, e con egli tutti gli attori presenti in questo film ricercato e straordinario.
Nell' anno 1943 , Israel e il suo circo composto da quattro esseri umani con delle capacità fuori dal normale i cui nomi corrispondono a Fulvio , Matilde , Cencio e Mario , dilettano il pubblico fin quando i nazisti rovinano il loro spettacolo, distruggendo la capitale italiana, e ciò permette la divisione dei quattro artisti " mostruosi " non avendo [...] Vai alla recensione »
Voci distanti, musica e immagini furibonde, in un contesto storico grandguignollesco a cui Gabriele Mainetti, dopo il riuscito Lo chiamavano Jeeg Robot, sembra strizzare l’occhio alla produzione cinematografica americana fatta di reietti e di mostri. E di freaks, anzi sui freaks in senso lato, la sua ultima fatica, acclamata al Festival del cinema di Venezia, è imperniata, a partire [...] Vai alla recensione »
"Freaks Out"(Gabriele Mainetti, scritto con Nicola Guaglianone, autore del soggetto, dove Mainetti ha scritto anche le musiche con Michele Braga, 2021)con"Freaks"di Tod Browning, storico "cult movie maledetto"del 1932 ha ben poco a che vedere: a parte il fatto che gli e le interpreti non sono veri freaks, come nel film"damned"per decenni proibito in Gran [...] Vai alla recensione »
5 anni dopo il successo di “Lo chiamavano Jeeg Robot” Gabriele Mainetti realizza Freaks out, presentatonell’ultimo Festival di Venezia, da pochi giorni nelle sale cinematografiche. Quattro amici, uniti da un affetto fraterno, operano in un Circo, gestito da Israel che li guida con amore paterno. Tutti Freaks out. Tutti fenomeni da baraccone.
Abbiamo dovuto attendere parecchio ma alla fine ne è valsa la pena, un film divertente, coinvolgente, pieno di cuore ed estremamente spettacolare. Mainetti dirige un opera che eccelle praticamente in ogni reparto, dai costumi, fotografia, scenografie, effetti visivi fino agli attori, tutti ottimi e in parte. Qualche difetto c'è, 15 minuti in meno avrebbero forse giovato al ritmo e [...] Vai alla recensione »
In una ripresa fatta da un parto sopra Roma si intravede sullo sfondo il Monte Pellecchia striato di neve come era a Febbario 2020 o 2021. Nella scena in cui la Giovinazzo viene quasi stuprata da due nazisti sull’Isola Tiberina uno dei due gli strilla “Non potresti stare qui, c’è il coprifuoco”. Subito dopo l’intero Foro Romano è a disposizione della [...] Vai alla recensione »
Quando una storia semplice, composta da personaggi altrettanto semplici, racconta di buoni contro i cattivi, allora, un qualsiasi film, ben confezionato con musiche gradevoli di qualunque genere esso sia, può riuscire ad accattivare un pubblico numeroso, che accorre in sala per godersi lo spettacolo, senza grossi problemi di significati, il successo è sicuro.
Ottant'anni dopo quelli di Browning arrivano i freaks di Mainetti: questi sono truccati, quelli erano veri scherzi della natura. Comune è la fascinazione del circo. Se nel film in b/n la comunità era allargata, oggi i fantastici 4 protagonisti sono un anima indissolubile che ci emoziona e commuove sancendo la riuscita del prodotto, per quanto mi riguarda.
Nel 1943, in piena seconda guerra mondiale, un circo, nel quale lavorano quattro fenomeni da baraccone con reali superpoteri, si trova in difficoltà economiche. Il titolare, ebreo, propone di andare in America, ma sparisce e solo la ragazza andrà a cercarlo, mentre gli altri tre si uniranno al Berlin Zircus. Lì, un virtuoso pianista nazista affetto da iperdattilia e dotato di poteri [...] Vai alla recensione »
Una storia strana e fantastica, che si svolge all’inizio del secondo conflitto mondiale, con antenati cinematografici illustri, antichi e contemporanei, presenta le storie parallele di personaggi di un piccolo circo italiano (Mezzapiotta) guidato da un uomo mite di credo ebraico, Israel (Giorgio Tirabassi), esperto di spettacoli circensi, ed un ambizioso pianista tedesco, Franz (Franz Rogowski) [...] Vai alla recensione »
Un film per anziani. Prevedibile come pochi. Lettera a Mainetti: Caro Gabriele, ti stimo molto perché hai delle intuizioni come pochi e riesci a mettere su degli ottimi progetti. Ma la regia, la scrittura non fanno davvero per te. Il film è più zoppo di uno dei diavoli e meno arrogante di un nazista che viaggia nel tempo.
Freaks Out: un film che parte bene, con lo scoppiettio, ma poi... Poi si perde sul più bello. Non voglio perder tempo e parole a citare tutta la trama (anche per evitare spoiler), ma sicuramente procedendo nella visione non ho visto quel che mi sarebbe piaciuto di vedere. Il gruppo di freak è ben miscelato, ma il nano segaiolo proprio non si può sopportare.
L'idea probabilmente era di fare un film leggero sul nazismo e la Shoah, in stile JoJo RabbitIl risultato però è scarso. Il film è di una superficialità talmente estrema da risultare quasi offensiva: i tedeschi sono nazisti e cattivi, gli italiani partigiani rozzi ma buoni, ebrei poverini e riconoscenti verso gli eroi, la morale è anche se hai fatto una cosa sbagliata coi tuoi superpoteri ne puoi fare [...] Vai alla recensione »
Storie, fantasia, azione in Freaks Out. Crepuscolare, malinconico, capace non solo di veleggiare con abilità nei territori del fantastico, ma anche di catturare quel senso di precarietà esistenziale, ma anche di straordinaria voglia di rinascere, di vivere, che rappresentarono quei mesi di un’Italia che alzava la testa, anche se in ginocchio.
Gabriele Mainetti ci ha preso gusto. Dopo l'esordio spiazzante di Lo chiamavano Jeeg robot, ripropone altri eroi Marvel denoiatri. Questa volta ambientati nel tremendo periodo nazista, quello che non ammetteva i diversi, proprio come loro.Parliamo di Matilde, la ragazza 'elettrica', Fulvio l'uomo lupo, Mario il nano calamita e Cencio, il ragazzo in grado di controllare gli insetti.
Freaks out del bravo Mainetti , era uno dei film con piu' aspettative dell anno cinematografico ; per vari motivi avevamo voglia di applaudirlo , per l ' attesa , per la voglia di cinema , per il fatto che l'esordio di Mainetti era stato galattico. Purtroppo , questa pellicola non è minimamente all' altezza del brillante Jeeg Robot, cerca ancora di piu' il colpo del genio [...] Vai alla recensione »
Se a questo film togli gli effetti visivi resta ben poco. La storia dei quattro personaggi anti-eroi è originale quanto la tombola a Natale, fa quasi venir voglia di un più onesto eroismo alla Marvel. La sceneggiatura è un insieme di appunti presi male da quattro romani senza la genialità comica. Lo sfondo storico sembra essere messo lì come un imbucato a una festa.
Se a questo film togli gli effetti visivi resta ben poco. La storia dei quattro personaggi anti-eroi è originale quanto la tombola a Natale. Riesci quasi a rimpiangere il più onesto e meno presuntuoso eroismo Marvel. La sceneggiatura sembra scritta da turisti in visita alla Capitale che imparano la cadenza romana senza però centrare la spontanea comicità del luogo.
Due ore di ottimi effetti speciali e nulla di più.Freaks out è il classico film "mascherato" da innovativo quando di nuovo non c'è proprio niente. La narrativa sgangherata del gruppo di anti-eroi fa venire voglia di un classicone Marvel che quanto meno è più onesto nel suo obiettivo di impressionare lo spettatore. I personaggi sono caricature bidimensionali prive di qualsiasi spessore.
Non ho parole! Non riesco a commentare un film come questo. Mi rifiuto di andare oltre.
Con grande attesa aspettavo l ultimo film di Mainetti il regista sicuramente più originale e innovativo del cinema italiano, ma la delusione di questa ultima opera è enorme. Grande disponibilità finanziaria e nel film si nota perchè alcuni effetti sono molto belli e la fotografia in alcuni momenti e straordinaria ma dopo un buon inizio il film si perde.
Mainetti appartiene ad una generazione di registi (italiani) cresciuti con il digitale e con tecnologie che nel cinema tradizionale neppure si sognavano. Ed è bravo, come altri non supportato da sceneggiatori o spessore drammarurgico personale, all'altezza dei suoi mezzi espressivi. Fraks Out è mirabile per spettacolarità e inventiva, eppure appare debole, scontato, a [...] Vai alla recensione »
Non vivo in Italia, ma ho letto che "Freaks Out" è stato abbondantemente pubblicizzato, indipendentemente dalla scelta del concorso per Venezia 2021 ( che davero, tra parentesi, garantisce questa promozione per chi non sia "cinefilo=festivaliero"?) Tanti anni fa, parlando sui problemi del cinema italiano, si diceva che non puoi essere postmoderno se prima non sei [...] Vai alla recensione »
Con il suo secondo lungometraggio, Mainetti non sembra aver intenzione di smentirsi. Ancora una volta si diverte a giocare coi generi, ricamando fra le maglie di un colossal storico con il filo dorato del realismo magico. Fra fidget spinner e camionette naziste, iPhone e rastrellamenti, la storia si sdipana con una naturalezza disarmante. Tutto fila, tutto ha senso, perfino l’elegantissima versione [...] Vai alla recensione »
Ah, quindi, mettendo insieme scheda e commenti vari, qui stamo dalle parti de Fellini, giusto a un palmo da Kubrick, du' spanne da er coso... Chaplin, poi tra quello de I Bastardi e... fors'anche Welles, no? che, non te pare pure a te? Dio mio, che miseria visiva, registica, attoriale, narrativa, davvero una presuntuosissima nullità questo vertice assoluto del Nuovo Cinema de Roma bbella! [...] Vai alla recensione »
Ho visto il film in tv e mi sono costretta a vederlo fino alla fine, uno strazio, colpa della trama ma anche del cast, un pietro castellitto in versione romanesca con parrucca gialla, una aurora giovinazzo che se non c'era era meglio e tutti gli altri fuori posto e non nella parte, non era fantasy, nè drammatico, nè romantico, nè azione, insomma a quale categoria pensavano [...] Vai alla recensione »
Un film perfetto nella scrittura e nella realizzazione! Unico neo è la recitazione del personaggio di Cencio, non all’altezza del resto degli attori. Nonostante fosse la fondamentale linea comica. Per il resto emozione, fantasy, poesia e storicità rendono questo film un capolavoro.
Mi prometto di riguardarlo una seconda volta, per essere sicura di non averlo capito, questo film. Innanzitutto trovo allarmante che si celebri un film sulla base della presunta scarsità di buoni risultati precedenti (che poi ci sarebbe da parlarne, visto che non mi pare il cinema francese si sia sforzato molto di fare il botto ma produce comunque ottimi film senza imitare nessuno e soprattutto [...] Vai alla recensione »
Troppa carne al fuoco di questo film scoppiettante. La guerra, il nazismo, gli ebrei, i partigiani, i fantastici quattro. Un mix di grottesco e buoni sentimenti che regge il ritmo faticosamente. La battaglia finale poi è di una noia mortale. Un'americanata con un pizzico di fantasia italica. Aspetto con fiducia il prossimo film.
Grande film di Gabriele Mainetti per grandi che dovrebbero portare i propri figli a vederlo.Una magia di Film che si impatta nel periodo nero del Nazismo e quale film meglio di questo può ai giovani fare luce sugli orrori della guera passata e della piaga del Nazismo, con il divertimento dei SuperEroi.Grande regia e grande script,accompagnato da bellissimi effetti peciali con attori tutti bravissimi [...] Vai alla recensione »
Cos'è il "doppiaggese"? Semplice, é un linguaggio ESTREMAMENTE IRRITANTE utilizzato nel 80% dei film e fiction italiani dal 80% degli attori italiani, con lo scopo di "americanizzare" il prodotto rendendolo più appetibile all'estero e NON RIUSCENDOCI MAI (film del bravissimo Carrisi a parte, dove la sua impronta registica e letteraria ricca di personaggi [...] Vai alla recensione »
Incredibile la storia e anche quella di hiteler perchè a ben guardarlo e qualsiasi grande nazione sembra con tutto il suo sapere non lo sapesse, quando avevano quel 5,10% dell'effetivo consenso popolare loro, forse potevano essere come sembrava essere, così anche il duce nonostante il poi di grande e coerente utilità, però quello erano, ma dopo uno sbandamento [...] Vai alla recensione »
Guardatelo. Capolavoro assoluto. E Pietro Castellitto mi piace più del padre.
Film potente, crudo e violento in alcune parti, drammatico ma poetico. Storia di fantasia ma totalmente calata nel tempo in cui è ambientata e ben integrata con la realtà storica. Attori molto bravi, personaggi ben costruiti, Pietro Castellitto impeccabile nella sua parte. Grande genialità e originalità nella costruzione della storia e nella caratterizzazione dei [...] Vai alla recensione »
Poesia e buoni sentimenti in contrapposizione alla cruda e spietata realtà. Da vedere!
FREAKS OUT... Dopo lo straordinario "Lo chiamavano Jeeg Robot", film che mi ha fortemente stupito ed entusiasmato, attendevo con ansia questo nuovo film di Gabriele Mainetti. Attesa lunga, ma alla fine ne è valsa la pena. Storia bella, ambientata in Italia durante la Seconda Guerra Mondiale, ma con degli agganci incredibili coi giorni nostri attraverso musiche, oggetti ed eventi che, [...] Vai alla recensione »
Appena ho visto il trailer, ho capito subito che questo film si scollava, e di molto, dai classici film italiani incapaci di intrattenere e assolutamente non esportabili. Dopo 140 minuti, volati e nemmeno sentiti, devo dire che non mi ero sbagliata. Freak out è un bel film, con un ottimo ritmo e bellissimi effetti speciali. Un film che non è secondo alle pellicole hollywoodiane, ma [...] Vai alla recensione »
Una favola poetica, cattiva, grottesca, spettacolare. Un film bello e pieno di metafore, dove il passato ed il futuro si incrociano, sorprendentemente simili, a ricordarci che siamo tutti un po' freak, ognuno con il suo personale superpotere, e che il male è davvero tanto banale quanto ridicolo. Un film da vedere lasciandosi trasportare dai volti degli improbabili eroi e dalla storia di [...] Vai alla recensione »
Finalmente qualcosa di diverso! È un piacere andare al cinema e vedere un film italiano come questo.
Un film che va semplicemente visto sapendo il meno possibile
Freaks Out - da oggi disponibile in streaming su CHILI - è un oggetto difficile da maneggiare – per il pubblico, per la critica, per il resto del cinema italiano. E questo si è visto nell’accoglienza al botteghino, nella schizofrenia delle recensioni, nella collocazione del film nel nostro sistema. Le vicende dei freak del Circo Mezzapiotta (Aurora Giovinazzo, Claudio Santamaria, Pietro Castellitto, Giancarlo Martini), che nella Roma del 1943 post-città aperta e pre-via Rasella, tra l’occupazione nazista e la voglia di America, devono ritrovare il loro mentore Israel (Giorgio Tirabassi) e nel frattempo sfuggire ai deliri superomistici del gerarca Franz (Franz Rogowski), è tutta questa superficie e molto più.
Perché il secondo lavoro di Gabriele Mainetti è una precisa e sentita ricetta di generi e influenze, che mette insieme la storia del cinema del passato e quella del presente, tendenze local e glocal, sensibilità personali e pulsioni collettive. Così tocca rimirarlo da più angolazioni, Freaks Out: sì, il pubblico forse non ha premiato il film, ma l’uscita ottobrina ha coinciso con un momento particolarmente duro per l’impatto della pandemia sulle sale, e non va dimenticato l’apporto che potrà dare il mercato estero, fondamentale per un’opera di questo profilo (l’uscita in Francia è prevista per il 30 marzo); sì, gli scritti attorno al film sono andati a volta in direzioni opposte, ma forse si è pagata la troppa vicinanza alla materia (la nostra via ai supereroi, solo quello?) e al titolo (è quel genere di lavoro che più passa il tempo e più diventa nitido); sì, è un film che a fatica si mette in connessione con il resto del cinema italiano (per calendario, pubblicistica, gusti, rischio d’impresa), ma è la sua singolarità che lo rende già una stella polare da seguire.
Mainetti e Nicola Guaglianone – lo sceneggiatore suo indispensabile compagno di viaggio e di arte – hanno costruito un monolite ammassando superfici su superfici, dove al riflesso di una si intreccia la profondità dell’insieme, per un’architettura teorica ed estetica che fa intravedere tutti gli interstizi che permettono di entrarci dentro, percorrerlo, pesarlo e giudicarlo. Così abbiamo l’oratoria sui supereroi portata alle estreme conseguenze nella sua basilare identificazione con la diversità e l’accettazione di sé, ambientando la vicenda in quella Seconda Guerra Mondiale che vedeva il Reich alla ricerca di un lebensraum – lo spazio vitale dell’espansione tedesca – che non fosse solo fisico ma linguistico, anatomico, razziale: Israel e i componenti del suo circo sono dei freak (e nel cinema contemporaneo il freak non è quello di Tod Browning ma la Suicide Squad di James Gunn), ma è la loro intimità fatta di povertà e romanesco che li rende realmente irricevibili per i piani assoluti dei nazisti.
C’è poi il peso specifico che Freaks Out (di cui vediamo il making of degli effetti visivi realizzati da EDI) detiene nel cinema italiano, dove al suo straordinario lavoro produttivo e realizzativo corrisponde una solitudine forse non così estrema. È vero, il sistema è fragile e sbilanciato, tra ingolfamento del calendario sotto le feste e terra incognita in estate, appiattimento su uno o due generi e la conseguente assenza di una vera e propria industria, ma la strada maestra di Mainetti è quella che stanno cercando di ritrovare e battere altri nomi e altri titoli: Matteo Rovere e la Groenlandia tutta, Sydney Sibilia (filiazione diretta dei primi e sintomo di un processo che sta funzionando), i Manetti Bros. con Diabolik, La befana vien di notte (guarda la video recensione), Francesco Lettieri, la filmografia di Volfango De Biasi e via elencando.
Infine c’è la vera natura di questo film, che viene da lontano e appartiene totalmente a Mainetti e Guaglianone: i corti (Basette, Tiger Boy, Ningyo) e i lunghi (Indivisibili, il già citato La befana vien di notte (guarda la video recensione), naturalmente Lo chiamavano Jeeg Robot), realizzati sia da soli che insieme, mostrano da anni e in modo sfacciato le visioni e i tentativi di un cinema diverso ma riconoscibile, che ci accomuna in quanto immaginario collettivo e vicende riconoscibili. Freaks Out è tutto qua, è tanto da altro, è già da rivedere.
Roma, 1943. Israel (Giorgio Tirabassi) impresario circense di origini ebraiche, gestisce il freak show dove si esibiscono i suoi protetti: Fulvio (Claudio Santamaria, irriconoscibile tranne per gli occhi) è un forzuto ricoperto di pelliccia come Chewbacca; Cencio (Pietro Castellitto) un albino con un feeling speciale per gli insetti; Mario (Giancarlo Martini) affetto da nanismo, una specie di Magneto [...] Vai alla recensione »
Il campo di battaglia è lo stesso, a cambiare sono gli obiettivi: se le ambizioni de Lo chiamavano Jeeg Robot erano quelle di seminare per provare ad indicare, con una passione e una convinzione rare, un'altra possibile via per il cinema pop-autoriale italiano, con Freaks Out Gabriele Mainetti raccoglie e, a distanza di sei anni, rilancia coraggiosamente la sfida con la medesima, contagiosa, sfacciataggine. [...] Vai alla recensione »
Freaks Out si apre con un numero di magia: «Signore e signori, l'immaginazione diventa realtà e niente è come sembra» ci viene detto all'ingresso di un circo popolato da personaggi incredibili, che a turno presentano le proprie peculiarità. È un microcosmo curioso ma familiare che, tutto d'un tratto, svanisce nel nulla. A fine esibizione arriva infatti un'inaspettata esplosione che spazza via ogni [...] Vai alla recensione »
Non c'è dubbio: Freaks Out è un film che non si può non ammirare. E sinceramente. Per l'ambizione, il dispiego di budget, la coerenza dell'impianto visuale, la matura padronanza dei riferimenti intertestuali e molto altro. D'altro canto, è bene non farsi accecare dal carattere insolito della scommessa (che di per sé ispira legittima simpatia), e provare a individuarne i limiti con lucidità.
È nelle sale "Freaks Out", il nuovo film di Gabriele Mainetti, già noto al grande pubblico per l'acclamato "Lo chiamavano Jeeg Robot". Ancora una volta il regista gioca con i superpoteri e con i rispettivi (anti)eroi che li possiedono, e, ancora una volta, sono tantissime le influenze, gli stili, gli elementi presenti nella storia, che si presta ad essere un'opera totalmente fuori dall'ordinario, nonché [...] Vai alla recensione »
Se siete fra quelli che al cinema cercano soltanto la riconferma di ciò che già pensavano o sapevano o la riproposizione di ciò che già avevano visto o apprezzato, state lontani da Freaks Out. Vi spiazzerebbe. Ma anche se siete alla ricerca dell'Autore maître à penser, che pensosamente distilli per voi le sue verità assolute sui destini ultimi dell'Universo Mondo, è bene che fuggiate a gambe levate: [...] Vai alla recensione »
Due sono i film da vedere nella settimana. Questo, e "Madres paralelas" di Pedro Almodóvar. "Freaks Out" è per gli spettatori audaci, vedranno un film unico in Italia. Per brillantezza d' invenzione, sforzo produttivo, capacità visionaria, e pure grandiosi effetti speciali - non tutti digitali: siamo abituati, ormai sanno di finto. Attori bravi e ben diretti, con trucco, parrucco e costumi all' altezza. [...] Vai alla recensione »
Bene, fatevi sotto. Se scegliendo d' andare al cinema vi augurate sbalordimenti, scompigli, sarabande e non gradite l' erogazione di pillole indorate di contrizione e impegno, Freaks Out è uno dei rari titoli italiani da non perdere, uno di quelli su cui si formeranno gruppi di lodatori e odiatori e all' uscita si litigherà come ai bei tempi. Non è previsto, insomma, alcun limite prudenziale nel brandire [...] Vai alla recensione »
Creature speciali ma non straordinarie, dotate di talenti particolari che non sanno bene come usare nel mondo, una volta abbandonato il "ventre materno" di tendone da circo nella Roma del 1943, bombardata dai nazisti. Sono questi i protagonisti di Freaks out, diretto da Gabriele Manetti da un soggetto originale di Nicola Guaglianone, in concorso all' ultima Mostra del Cinema di Venezia e interpretato [...] Vai alla recensione »
Dream big. Se c'è una cosa di cui bisogna dare atto a Gabriele Mainetti è di essere uno che non ha paura di provarci, a fare le cose in grande. D'altra parte, un regista italiano capace di scegliere come pellicola d'esordio non la solita commedia romantica semi-indipendente, ma addirittura un film di supereroi di borgata come il dirompente Lo chiamavano Jeeg Robot, coraggio ne ha evidentemente da vendere. [...] Vai alla recensione »
Si comincia in chiave (anche musicalmente) felliniana con uno spettacolino circense elaborato con una grazia e un senso del magico che Federico avrebbe apprezzati: un godibilissimo film nel film che ci introduce ai Freaks del titolo, la fanciulla elettrica Matilde (Aurora Giovinazzo, deliziosa), l' albino Cencio (Pietro Castellitto) domatore di insetti, il clownesco magnete vivente Mario (Giancarlo [...] Vai alla recensione »
Un gruppo di mostriciattoli - i Freaks del titolo - sono allo sbando dopo l'arresto del padrone ebreo del loro circo. Ben presto si rendono conto però che i mostri sono altri e devono usare forza, elettricità, magnetismo e insetti, con cui lavorano, per salvare l'amato impresario dalle mani dei nazisti nella Roma anni Quaranta. Un Bastardi senza gloria de Trastevere, assai ben costruito, che fa sorridere [...] Vai alla recensione »
Pochi film italiani, negli ultimi anni, hanno generato un hype pari a quello di Freaks Out. I motivi sono facilmente intuibili: si tratta innanzitutto del secondo lungometraggio di Gabriele Mainetti, dopo un esordio (Lo chiamavano Jeeg Robot, del 2015) che aveva messo d'accordo pubblico e critica, ponendosi come apripista di una supposta, laboriosa - e ancora tutta in itinere - "rinascita" del nostrano [...] Vai alla recensione »
In qualche modo, la storia si ripete. C'è voluto tempo prima che si comprendesse che Sergio Leone non era solo quello che "copiava" Kurosawa o uccideva il western (come sostiene Wenders in Emotion Pictures). Chissà quanto tempo ci vorrà affinché si comprenda che Mainetti è l'ultimo discendente - in ordine cronologico - di un cinema italiano trasversale, d'autore, personale e schiettamente popolare, [...] Vai alla recensione »
Per coloro che non avessero visto Freaks Out all'anteprima mondiale lo scorso 8 settembre alla 78esima Mostra Internazionale D'Arte Cinematografica di Venezia, laddove è stato presentato in concorso, l'attesa è finita. Dopo tre anni dall'annuncio dell'inizio delle riprese, al quale sono seguiti una lunga fase di post-produzione e un rinvio dell'uscita (inizialmente fissata al 16 dicembre 2020) causata [...] Vai alla recensione »
Alla sua opera seconda Gabriele Mainetti parte dagli orrori del nazismo per realizzare un film inaspettatamente intenso e molto divertente. La storia ruota intorno a quattro artisti circensi con abilità speciali (un uomo lupo molto forzuto, un nano con il corpo magnetico, un albino che controlla il movimento degli insetti e una ragazzina con straordinari poteri elettrici), nel 1943.
Ve lo ricordate Bastardi senza gloria (2009, https://www.closeup-archivio.it/bastardi-senza-gloria)? Ovvio che ve lo ricordate. Ora, rimescolate le carte del mazzo e appoggiate il mazzo sul diroccato tavolo da gioco dell'Italia fascista. Dividete il mazzo e pescate la terza carta a partire da destra: prendete l'eterea Shoshanna Dreyfus tarantiniana, datele i superpoteri e gettatela nel mucchio.
Dopo avere drammaticamente fatto il suo ingresso sulla scena del cinema italiano con Lo chiamavano Jeeg Robot, Gabriele Mainetti compie un altro scarto in una direzione inattesa: l'affresco epico e picaresco in chiave mutante. In fondo Freaks Out è una origin story Marvel. Una sintesi di X-Men e Fantastici 4 ambientata in una Roma città da rendere aperta sul cui sfondo danza la caduta degli dèi.
L'attenzione ai disallineati Gabriele Mainetti l'ha sempre avuta: personaggi borderline, ai limiti della società stessa e in cerca di un posto non sempre trovato. Per un Jeeg/Enzo Ceccotti che ce la fa, c'è un Antonio/Lupin che in Basette ha un destino più amaro. E proprio nel rapporto fra queste vite al limite e i modelli che potrebbero fornire altre soluzioni, altre destinazioni e persino altri riscatti, [...] Vai alla recensione »
Quarto titolo italiano in Concorso, probabilmente il più divisivo: non c'è dubbio che a Gabriele Mainetti, diventato celebre con "Lo chiamavano Jeeg Robot", il coraggio non manchi; a difettare semmai è il risultato finale, indicatore di una bulimia narrativa che rischia, in diversi punti, di ingolfare il motore del racconto. Siamo a Roma nel 1943, subito dopo l'Armistizio, con i tedeschi in casa già [...] Vai alla recensione »
Il Lido comincia a svuotarsi, cielo blu terso e rumore di trolley, persino Boxol il tanto vituperato sistema di prenotazione è diventato più facilmente accessibile. Ci sarà poi la folla dell' ultimo giorno, i veneziani che arrivano cercando di sbirciare il tappeto rosso dei Leoni d' oro dietro al muro a cui la Mostra è obbligata per le misure sanitarie ma tra gli accreditati ce ne è più di uno che [...] Vai alla recensione »
L' attesa opera seconda del regista di Lo chiamavano Jeeg Robot è, dal punto di vista produttivo, un' operazione ammirevole. Un tentativo di action ironico e visionario con una trama azzardata: un gruppo di freak da circo, dotati di superpoteri, inseguiti dai nazisti nella Roma occupata. Quelli che gli anglosassoni chiamano "production values" si vedono sullo schermo, con scene di massa e d' azione, [...] Vai alla recensione »
In principio fu Tarantino. Con Tarantino l'arte di mettere nel frullatore memorie private e collettive di cinema, per riciclarle in un genere nuovo, è diventata una scuola e uno stile. Il Made in Italy tenta l'assalto al cielo (tarantiniano) con "Freaks Out" di Gabriele Mainetti, fantasy 'da esportazione' in concorso a Venezia. Fuori standard per spettacolarità, effetti speciali, ambizioni e budget [...] Vai alla recensione »
Roma, 1943: nella città occupata dai nazisti, quattro ragazzi speciali (Matilde, Cencio, Fulvio, e Mario) si esibiscono nel circo di Israel. Dopo la sua misteriosa scomparsa, i freaks saranno costretti a trovare la loro strada: cercano quindi rifugio al circo gestito dai nazisti , sperando di trovare una nuova famiglia per sfuggire a un mondo che li ha sempre trattati da fenomeni da baraccone.
Fantasy in costume con venature ucroniche. Tra i film italiani più attesi degli ultimi anni, previsto inizialmente nelle sale ad ottobre 2020 poi slittato causa Covid e figlio di una postproduzione lunghissima e tribolata, Freaks Out di Gabriele Mainetti arriva in concorso alla 78. Mostra di Venezia e uscirà al cinema il prossimo 28 ottobre. Da un soggetto originale di Nicola Guaglianone (anche autore [...] Vai alla recensione »
Se Gabriele Mainetti ha deciso di aprire il suo film con una scena in cui la brutale violenza della guerra irrompe e distrugge la magia del circo, e quindi del racconto, è chiaramente perché in tutto il resto di Freaks Out la tensione è esattamente l'opposta. È quella della magia del racconto, della sospensione dell'incredulità, del cinema, che deve avere la meglio sulla guerra, sulla violenza e sulla [...] Vai alla recensione »
Mettiamo subito le mani avanti: ci auguriamo che Freaks Out, nuovo film di Gabriele Mainetti, in concorso a Venezia 78, possa avere il maggior successo possibile, visto l'imponente investimento produttivo che ha alle spalle e vista l'ambizione di voler mescolare fantasy, avventura e storia del nostro paese, per un esperimento così coraggioso che non ha precedenti nel nostro cinema recente, apparentabile [...] Vai alla recensione »
Circonfuso da un'aura al tempo stesso di capolavoro e disastro, "Freaks Out" è approdato in concorso alla Mostra di Venezia. Il film, assai costoso, dalle riprese prolungate, colpito da continui rinvii causa pandemia, uscirà nelle sale il 28 ottobre, e vedremo se il pubblico giovanile risponderà alla curiosa offerta che arriva da Gabriele Mainetti, che fu regista del fortunato "Lo chiamavano Jeeg Robot". [...] Vai alla recensione »
In concorso ufficiale alla Mostra del Cinema di Venezia arriva Freaks Out di Gabriele Mainetti, a sei anni di distanza da "Lo chiamavano Jeeg Robot", il suo folgorante e acclamato esordio. Una seconda regia attesissima che rappresenta anche una scommessa produttiva di inusitata grandezza per un titolo italiano e che conquista, sulle prime, per qualità e per respiro internazionale.
È sotto la luce che c'è la magia, la tragedia, la trasformazione. La stessa che illumina lo schermo. Freaks Out potrebbe essere il mascherato 'film nel film',che scorre per circa 140 minuti come un tendone ambulante del cinema lunghissimo e infinito. Dentro c'è il circo, la guerra, l'occupazione tedesca, i cinecomics, i mostri degli horror di inizio anni '30.