parsifal
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mercoledì 6 marzo 2019
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il re è solo
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Sorrentino, regista ed autore di grande spessore, premio Oscar per " LA GRANDE BELLEZZA" , dopo il capolavoro YOUTH, torna sul patrio suolo e cura la regia e la sceneggiatura del suddetto film, descrivendo minuziosamente e, a tratti in maniera impietosa, la grande corte che circonda il Re, che sia avvia a percorrere il viale del tramonto, pur restando fermo sulle sue posizioni di monocrate assoluto, afflitto da incurabile narcisismo e delirante megalomania. Si parte dalla descrizione della vita di provincia che vede come protagonista Sergio Morra ( R.Scamarcio) , un piccolo imprenditore scaltro ( ma non troppo) disposto a tutto pur di arrivare in cima alla scala sociale ed al potere che ne consegue.
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Sorrentino, regista ed autore di grande spessore, premio Oscar per " LA GRANDE BELLEZZA" , dopo il capolavoro YOUTH, torna sul patrio suolo e cura la regia e la sceneggiatura del suddetto film, descrivendo minuziosamente e, a tratti in maniera impietosa, la grande corte che circonda il Re, che sia avvia a percorrere il viale del tramonto, pur restando fermo sulle sue posizioni di monocrate assoluto, afflitto da incurabile narcisismo e delirante megalomania. Si parte dalla descrizione della vita di provincia che vede come protagonista Sergio Morra ( R.Scamarcio) , un piccolo imprenditore scaltro ( ma non troppo) disposto a tutto pur di arrivare in cima alla scala sociale ed al potere che ne consegue. Ha un progetto ambizioso; trasferirsi a Roma ed entrare nel grande giro, nel rutilante mondo del jet-set, e diventare un sodale del Cavaliere. Detto, fatto. In compagnia della sua metà Tamara, arrampicatrice quanto e più di lui, arriva nella capitale e inizia a procurarsi i contatti giusti per giungere alla meta. Spende più di quanto ha, ma non importa perchè il fine giustifica i mezzi. LA sua compagna entra in intimità con una personalità vicina al Re , S.Recchia ( F.Bentivoglio) misero lacchè senza dignita ed arrogante come tutti i lacchè. Lo ricatta per ottenere ciò che desidera, ma non sarà quella la strada. Le vie percorse giungeranno al fatidico incontro; IL Cavaliere accoglierà i due giovani nella sua corte, senza troppa considerazione, saranno delle comparse come tante altre. IL sovrano, magistralmente interpretato da T.Servillo, senza più il governo della della Nazione e privo della guida delle proprie aziende , vive in un dorato (?) isolamento, circondato da individui deferenti e genuflessi e dandosi ai festini ai quali sembra che non sappia rinunciare. C'è però qualcuno che lo avversa, che ha il coraggio di dire la Verità, senza mezzi termini e con tutte le aggravanti del caso. Si tratta di Veronica, sua moglie ( interpretata dalla splendida e sensuale Elena Sofia Ricci) che torna da lui solo per chiudere , definitivamente e per sempre il loro matrimonio. Stanca delle sue pantomime , delle battute grossolane che tanto piacciono ai suoi sottoposti, delinea un quadro fatto di spietata verità , senza risparmiare i dettagli più crudi, al quale il Re, ormai solo, risponde con una delle sue solite arringhe, in cui esalta sè stesso e le sue presunte qualità. Ormai c'è ben poco da fare, Veronica è lontana tanto nel corpo quanto nello spirito, l'età avanza e le lusinghe dei lacchè non servono più a lenire le ferite nè tantomeno a nascondere la Verità , celata da lustrini e cene luculliane. Sergio e Tamara perderanno tutto, ma saranno ancora in grado di salvare loro stessi. IL Re resterà solo ad esaltare sè stesso, ma forse incapace di continuare a mentire di fronte allo specchio . Ritratto grottesco di un monarca , rimasto vittima della proprie maschere.
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kronos
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mercoledì 17 aprile 2019
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fiacco
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Dopo "il divo" Sorrentino realizza un altro biopic sul potere, mettendo al centro stavolta sua emittenza.
Ma l'approccio riflessivo e compassato non giova al racconto, specialmente nella seconda parte più chiacchierata e didascalica.
La fotografia di Bigazzi è magnifica, l'interpretazione di Servillo interessante (peraltro sottovalutata) e si apprezza la tenerezza con cui il regista svela le fragilità di Silvio, rappresentato da uomo e non come feticcio di tutti i mali.
Ma il racconto risulta sbilanciato tra una prima parte, più movimentata, dominata da pupe e faccendieri cresciuti all'ombra dell'uomo più potente d'Italia, e una seconda in cui al centro della scenda resta soltanto LUI, sempre più stancamente.
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Dopo "il divo" Sorrentino realizza un altro biopic sul potere, mettendo al centro stavolta sua emittenza.
Ma l'approccio riflessivo e compassato non giova al racconto, specialmente nella seconda parte più chiacchierata e didascalica.
La fotografia di Bigazzi è magnifica, l'interpretazione di Servillo interessante (peraltro sottovalutata) e si apprezza la tenerezza con cui il regista svela le fragilità di Silvio, rappresentato da uomo e non come feticcio di tutti i mali.
Ma il racconto risulta sbilanciato tra una prima parte, più movimentata, dominata da pupe e faccendieri cresciuti all'ombra dell'uomo più potente d'Italia, e una seconda in cui al centro della scenda resta soltanto LUI, sempre più stancamente.
Particolarmente fastidiosi risultano i dialoghi di Ricci/Lario a cui viene didascalicamente affidato il compito di ricordare allo spettatore tutte le ombre sull'ascesa al potere di Berlusconi.
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lizzy
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sabato 27 luglio 2019
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loro. e... noi?
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Partiamo da un presupposto: Sorrentino il suo lavoro lo sa fare discretamente ed il film, intendo quello intero, non i due episodi singoli, benchè qua e la risenta di una certa lentezza (anche troppa lentezza, malgrado, credo, sia voluta), è un bel film da vedere.
Però a fine visione io mi chiedo: perchè, visto tutto il materiale a disposizione per la costruzione della storia, si indulge a creare situazioni e personaggi inverosimili?
Va bene "romanzare", ma chi sente il bisogno del collaboratore onnipresente, vero "deus ex machina" di "Lui"? Sembrerebbe che il regista ci voglia suggerire che dietro "Lui" c'è.
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Partiamo da un presupposto: Sorrentino il suo lavoro lo sa fare discretamente ed il film, intendo quello intero, non i due episodi singoli, benchè qua e la risenta di una certa lentezza (anche troppa lentezza, malgrado, credo, sia voluta), è un bel film da vedere.
Però a fine visione io mi chiedo: perchè, visto tutto il materiale a disposizione per la costruzione della storia, si indulge a creare situazioni e personaggi inverosimili?
Va bene "romanzare", ma chi sente il bisogno del collaboratore onnipresente, vero "deus ex machina" di "Lui"? Sembrerebbe che il regista ci voglia suggerire che dietro "Lui" c'è...appunto, con un gioco di parole...una "regia", manco tanto occulta.
Che "Lui" possa essere stato un prestanome e che abbia dovuto, nel tempo, sottostare a determinati diktat di altri ben più potenti personaggi ce lo possiamo ben immaginare, ma risolvere tutto col personaggio/burletta "Paolo Spagnolo" mi sembra ridicolo.
Va bene anche mischiare le carte per motivi di privacy, permessi, eventuali beghe legali e quant'altro, ma così resta ben poco della realtà e finisce tutto in una poco credibile ricostruzione fantastica.
Se si voleva fare un lavoro "liberamente ispirato a" si doveva stare molto alla larga dal personaggio e dai fatti reali, mentre se si voleva invece giocare sul "Lui" e tutto il suo mondo si doveva essere più ficcantemente fedeli ai fatti di cronaca e di costume che man mano sono orbitati intorno al protagonista.
Insomma: questo lavoro non è nè carne nè pesce.
Si può vedere, è abbastanza godibile, specie per chi, come me, riesce quasi nella totalità del film, a riconoscere personaggi e situazioni, ma per le persone che non si appassionano alla cronaca e certe cose non le leggono nemmeno nel giornaletto scandalistico dalla parrucchiera?
Resta tutto un polpettone onirico e allucinato magari anche un po' difficile da digerire.
Azzeccati come sempre i commenti musicali e molte delle situazioni/location. Veramente un po' troppo esagerate le caricature (specie quella di "Lui" che ne esce troppo cartone animato per esser veramente credibile...).
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felicity
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lunedì 7 ottobre 2019
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una grande storia di solitudine e caduta
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Un racconto di caduta e perdizione che che mettendo a confronto l’amarezza dei sentimenti con una vertiginosa spirale di edonismo re-immagina e trasforma alcune delle più incredibili pagine della recente storia italiana in un racconto perfettamente e squisitamente sorrentiniano, certamente corrosivo ed emozionante, ma che difficilmente potremmo reputare verosimile se non avessimo letto i giornali negli ultimi dieci anni.
Il film tuttavia è troppo schiacciato tra una descrizione piuttosto compiaciuta del sottobosco di nani e ballerine che vive ai margini del potere e la voglia di raccontare Silvio Berlusconi in una maniera non convenzionale, tra la farsa e tenerezza.
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Un racconto di caduta e perdizione che che mettendo a confronto l’amarezza dei sentimenti con una vertiginosa spirale di edonismo re-immagina e trasforma alcune delle più incredibili pagine della recente storia italiana in un racconto perfettamente e squisitamente sorrentiniano, certamente corrosivo ed emozionante, ma che difficilmente potremmo reputare verosimile se non avessimo letto i giornali negli ultimi dieci anni.
Il film tuttavia è troppo schiacciato tra una descrizione piuttosto compiaciuta del sottobosco di nani e ballerine che vive ai margini del potere e la voglia di raccontare Silvio Berlusconi in una maniera non convenzionale, tra la farsa e tenerezza.
Se Berlusconi è già la migliore parodia di se stesso – è già in un certo senso la maschera di se stesso, ed è per questo letteralmente inimitabile – il registro del film rimane sempre instabile e fino alla fine incerto. Dalla commedia, alla parodia un po’ pecoreccia, al mélo romantico, al tono vagamente esistenzialista dell’uomo solo, Loro non riesce mai veramente a trovare la quadra del proprio sguardo.
E tuttavia non è il limite del film, questo è forse proprio l’aspetto che lo conduce in modo più prossimo al suo oggetto.
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