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FRANCO BAGNASCO: maggio 2014

sabato 31 maggio 2014

E' USCITO «B», IL MAGAZINE DI BARBARA D'URSO (E ORA VE LO RACCONTO)

Sapendo che in America il prestigioso Time è appena uscito con un trans in copertina, e che in Italia da questa settimana Barbara D'Urso ha un suo magazine, che guarda caso si chiama B, il candidato ha trenta secondi per spiegare dove stia andando l'editoria.
Facili ironie a parte, lo vedi qui accanto, il primo numero del settimanale della signora della tv pomeridiana (per le amiche «Carmelita»), spara in copertina una chicca dietro l'altra. Vediamole insieme. Il servizio d'apertura, «Fate come me per essere più belle», immagino suggerisca alle casalinghe l'acquisto di morbide luci flou da studio applicate alla telecamera destinata a inquadrarle rigorosamente dallo stesso profilo, con l'aggiunta di esperte truccatrici e di un banco di regia. Un pacchetto forse non economicissimo per chi spende «Solo 1 euro» per comprare il giornale, ma con l'aiuto di una buona finanziaria il prestito agevolato è dietro l'angolo.
E se riesci a resistere al pezzo sui «Cibi cattura sole» (attenzione, non sòle, non siamo mica in onda) e a quello sulle «Creme di bellezza fai da te», non potrai lasciare il giornale sul bancone pensando a «Make up a ritmo di samba». Seguito immagino, sul prossimo numero, da «Truccati con il Parkinson».
E se pensi che l'intervista alla (da lustri) poco esposta Manuela Villa sul tema: «La verità su mio padre che non posso dire in tv» sia qualcosa di già visto, letto o sentito, verrai senz'altro smentita/o. La sapida Barbarella saprà cucinare una deliziosa minestra anche con questa zuppa riscaldata già nel mesozoico.
Arriva l'estate, e chi non ha bisogno di «Ricette light» o piccanti «Costumi a prova di curve»? Soprattutto se fai in auto la Costiera Amalfitana. Nel dubbio, prendi una taglia in più. A prima vista qualcuno potrebbe trovare meno attraente l'articolo «Crea una lampada con i cucchiai di plastica», ma d'altra parte, non la senti forse come un'esigenza primaria? Non ti sei appena dato una manata in fronte esclamando: «Perdìo, come ho fatto a non pensarci prima?». E giù a recuperare cucchiai di plastica da parenti restii che giustamente vogliono tenerseli tutti per sé. 
Ma «B» non è solo frivolezze. Ecco il pezzo che ti avvicina alla tv del dolore tanto cara a Barbara: «Storie di donne. La mia bambina partorita sul divano». All'interno, immagino, particolari inquietanti sulle televendite che la partoriente stava guardando al momento di sgravare, e un box che consiglia l'acquisto di un copri-divano floreale impermeabile Bassetti. Che se ti si aprono le acque sul comò, di problemi in linea di massima non ce ne sono. Ma sul divano, santo cielo, almeno salviamo le apparenze e l'acquisto. Sul prossimo numero: «Venire al mondo facendo spinning».
Lady D'Urso saluta tutti i lettori, rassicurandoli. La sua nuova rivista è fatta di «100 pagine senza pubblicità». La nota furbizia orientale della soubrette non ci consente di capire meglio, ma potrebbe essere colpa o merito della crisi, non una scelta volontaria. Sarebbe stato molto più carino scrivere: «Noi la pubblicità non vogliamo, né ora né mai». Forse sul prossimo numero. In ogni caso, cercherò di fare luce. Ovviamente utilizzando quell'indispensabile lampada fatta con i cucchiai di plastica che ho già tra le mani.

ALBERT ONE COPIATO DA ZUCCHERO (FORSE), ORA SOGNA I BEAGLES

Zucchero «Sugar» Fornaciari con la sua ultima canzone, «Quale senso abbiamo noi», ha copiato «Sunshine», un brano del 2003 scritto da Albert One? Una causa è in corso e lo stabiliranno gli avvocati. Io intanto, in questa video-intervista, ho chiesto un commento al cantante dance pavese, che ha festeggiato il suo compleanno l'altra sera allo Swiss Corner di Milano. Scoprendo che fra i suoi sogni più piccanti e inconfessabili c'è anche quello di cantare con i miei adorati Beagles, freschi di uscita con «Sèngur». Plagio o no, intanto non mettiamo limite alla provvidenza. Qui sotto, un link che consente di ascoltare e raffrontare le due canzoni.

venerdì 30 maggio 2014

CON «SÈNGUR» I BEAGLES VUOTANO IL SACCO: ECCO PERCHE' SIAMO TORNATI

Abbiamo fatto uscire «Sèngur» (che sta vendendo benissimo, grazie a tutti voi e ai poco internettiani che non hanno la fortuna di radunarsi sulla nostra Fan Page di Facebook ma che pian piano lo scoprono ascoltandolo in giro), però non vi abbiamo mai raccontato com'è nato questo cd e perché. Non vi abbiamo mai detto i motivi che ci hanno portato, dopo 16 anni, a tornare a farci sentire con un nuovo lavoro.
L'anima bigolesca in noi tre, ovviamente, non era mai morta, e ogni tanto, in occasione di qualche ritrovo con «le gambe sotto il tavolo», ci ripetevamo: «Certo che però sarebbe bello uscire con un nuovo disco...». Un mantra che è proseguito per qualche anno (parecchi, troppi) fino all'estate scorsa, quando - durante una grigliata da French a Soriasco - ci siamo chiesti, per la prima volta seriamente, se avessimo qualche pezzo nel cassetto. French aveva appena comprato un nuovo software e stava lavorando a «Lé»; Ando aveva ben più di un abbozzo di «Ta sciàp al mus!» e il Man non citava espressamente titoli ma diceva di avere materiale ed era convinto del ritorno dei Beagles.
Tutto a posto, direte voi. Ennò. Perché se si torna (ora che è andata lo possiamo dire) bisogna farlo bene. Deve essere un lavoro che spacca, come diremmo noi giova. Deve essere l'album dei Beagles più bello, roba da collezione. Non si può uscire con una fetecchia. Non avrebbe senso e non sarebbe giusto né nei nostri confronti né nei confronti di chi ama (a volte tanto, lo abbiamo verificato personalmente con accorati appelli di molta gente incontrata in questi anni di silenzio) le nostre giocose scemate.
L'onesto materiale c'era, avevamo seminato bene con «Irrorando», «Il podere logora» e «Ruspanti», ma per fare un album da collezione e tornare a muovere le acque dopo così tanto tempo, in un periodo in cui il mercato è più morto che agonizzante, promuovendosi efficacemente, è difficilissimo. Servivano almeno un paio di collaborazioni indimenticabili. French, che da qualche anno, come Martin Luther King (o Cesare Ragazzi) aveva in testa segretamente un sogno, un'idea meravigliosa, insomma un miracolo (ovvero riuscire a far cantare in dialetto pavese ad Al Bano la sua «Mai bei (la tersa gamba»), ha provato a chiederglielo. E dopo qualche comprensibile resistenza, ha portato a casa un sì. Al quale è seguito, altrettanto gradito, quello di Drupi per «Pàdar g'ho sògn». Roba da leggenda oltrepadana. A questo punto uscire con un nuovo album non era più un'eventualità, ma diventava un obbligo morale. Il titolo, «Sèngur», era altrettanto dovuto: la fotografia delle nostre zone (e dell'Italia, certo, ma ci piaceva dirlo dialettalmente e scherzosamente, alla nostra maniera) negli ultimi anni. Un misto di colore e psicosi. Troppo ghiotto per non farne una bandiera liberatoria, e una bellissima copertina, realizzata da Lorenzo Telaro.
La tradizionale pignoleria Beagles sul prodotto (oggi più accentuata, perché poi in sala ci lasciamo prendere la mano) ha fatto il resto.
È tutto, o quasi. Il quasi è rappresentato da un retro-pensiero serio che - scemate a parte - abbiamo sempre avuto. Volevamo che questo disco fosse una piccola, sorridente scossa ma soprattutto una ri-scossa per l'Oltrepò Pavese. Sempre un po' negletto, sottovalutato e depresso, è finito su tutti i giornali per qualche canzoncina che ha dimostrato che siamo ancora vivi. Noi Beagles, e non è poca cosa, ma soprattutto questa Terra. Non è molto, per carità, ma in questi tempi grami a noi è sembrato quasi di sentire arrivare il Settimo Cavalleggeri.
Con l'affetto di sempre

I Beagles


giovedì 29 maggio 2014

MILANO EXPO 2015 * HO INCONTRATO UN CESSO E MI SONO INNAMORATO

Vénghino, siòri, vénghino... Non c'è trucco, non c'è inganno...
Camminando per Milano lungo il Naviglio grande, a due passi dalla movida fatta di cocktails e locali sbarazzini, ieri ho incontrato questa perla, e non posso non condividerla con voi.
All'interno di uno dei tanti cantieri della città, probabilmente uno del famigerato EXPO 2015, faceva bella mostra di sé un cesso chimico, tipo quelli ben noti della Sebach. Ma che dico cesso? Questa non era una toilette qualsiasi, un wc d'emergenza come un altro. Questo (lo vedete in foto) era nientemeno che «Miss Cup». Ovvero Miss tazza, volendo tradurre letteralmente. Ma ai più sottili amanti degli ammiccamenti linguistici (come senz'altro sono i muratori, extracomunitari e non, del cantiere) non sfuggirà il richiamo all'italiano «Mi scappa», che identifica il bisogno, anzi, il bisognino indifferibile di fare quantomeno la pipì. Per tacere del resto.
Pipì santa, come si immaginerà, perché nata sotto il segno dell'indispensabile ironia. Già perché entrare in un bagno chimico qualsiasi? Perché non ammiccare minzionando? Sarebbe tutta roba sprecata. Se si può, meglio farla col sorriso. Con un logo che richiama nell'ordine: la tavoletta del water, un concorso di bellezza (ma le cesse non erano bruttarelle?) e una tazza nella quale forse è sconsigliabile bere.
Amici, l'inevitabile conclusione è che in Italia sulle cose serie, va detto, non siamo ferratissimi. Ma sulle cagate, non ci batte nessuno.

mercoledì 28 maggio 2014

«THE VOICE OF ITALY» * DIETRO LE QUINTE ASPETTANDO LA FINALE (FOTO DI BACKSTAGE)

«The Voice of Italy» 2014 è quasi in dirittura d'arrivo. Mancano ancora la semifinale, in programma stasera, e la finale, prevista per la prossima settimana. 
È stata un'edizione segnata soprattutto dalla presenza di Suor Cristina Scuccia, la perla del team di J-Ax, che ha monopolizzato l'attenzione dei media oscurando un po' il percorso degli altri concorrenti. Tutti terrorizzati dal confronto con lei. Vincerà, come probabile, o il Televoto non la premierà. Staremo a vedere. Insieme con la veterana, materna Raffaella Carrà, le trasgressioni di Piero Pelù, imborghesito dalla prima serata, e le risate di Noemi, impegnata a contrastare gli axforismi del rapper milanese. 
Ho fatto un giro dietro le quinte del talent-show di Raidue, ed eccovi alcune immagini di backstage, che fanno capire che aria si respira dietro le quinte della trasmissione. Fra ansie, confusione, scherzi, regie mobili, elementi di scenografia, bottiglie d'acqua che si consumano a litri, e i concorrenti che attendono di esibirsi, oppure guardano sui monitor le performance degli altri. Fra un selfie e l'altro, che non passa mai di moda. Almeno per ora.













domenica 25 maggio 2014

«X-FACTOR» A MIKA, MORGAN, CABELLO E FEDEZ (PECCATO AVER PERSO FERRO E MENGONI)

Dunque, per il nuovo «X-Factor», è fatta. Nonostante la produzione avesse trattato per avere Tiziano Ferro e Marco Mengoni come rimpiazzi illustri di Elio e Simona Ventura (Ferro è non pervenuto, e il talentoso Mengoni sarebbe saltato, a quanto sembra, a causa di un'incompatibilità con Morgan per passate divergenze fra i due), il cast definitivo ha visto la luce confermando le indiscrezioni delle ultime settimane.
Saranno Victoria Cabello e il rapper Fedez ad affiancare Marco Castoldi detto Morgan e il riconfermato Mika nel ruolo di giudici della nuova edizione del talent-show musicale firmato Sky.
Morgan è ormai un classico: nonostante ogni anno rilasci interviste per spalare secchiate di guano sulla trasmissione alla quale partecipa, alla fine si ritrova sempre lì. Del resto lui è indispensabile al programma almeno quanto il programma lo è per lui. Che senza sparirebbe dalla scena mediatica come neve al sole. Con il suo eloquio, la sua intelligenza e la voglia di provocare, è un ingrediente piccante che funziona sempre. Peccato che in genere scelga i brani per la sua squadra solo con la voglia di dimostrare la propria cultura musicale, e non in modo funzionale ai concorrenti. Ma queste sono quisquilie per l'egocentrico ed egoriferito Marcolino.
Mika si è guadagnato la riconferma essendo la rivelazione dello scorsa edizione. Con brio e sensibilità ha oscurato molto la stella di Morgan, che infatti non sapeva più che cosa inventarsi per farsi notare. 
Veniamo alle due novità. Fedez è una figura molto solida, cresciuta negli ultimi anni, e potrebbe essere la vera sorpresa dietro a quel bancone. Attendiamo al varco Vicky Cabello, che ha una simpatia a corrente alternata e una competenza musicale che a occhio e croce è pari a quella della Ventura. Ma in un mix come questo potrebbe funzionare. 
Sulla plancia di comando, ovviamente, l'ottimo Alessandro Cattelan. Che per firmare di nuovo pare abbia chiesto e ottenuto la conduzione del recente talk-show su SkyUno.

giovedì 22 maggio 2014

MARCO LIGABUE SAREBBE ANCHE PIU' BRAVO DI LUCIANO, CERTO CHE...

Chissà se a volte, nel segreto della sua stanzetta, sogna un ribaltamento dei ruoli. Chissà se Marco Ligabue, fratello cantautore e quasi copia fotostatica del più noto Luciano, immagina di fare propri lambrusco, coltelli, rose e popcorn. Per diventare lui il primo e l'unico.
Chi può dirlo? Probabilmente sì, il pensiero impuro a volte si materializza. Ma sono quelle cose che in pubblico non confesseresti mai. Di certo si nota che Ligabue junior sul palco si diverte, gioca, scherza. Molto più del fratello, legato ormai (anche come immagine) alla sua grendeur da rocker milionario, con naturalezza e un certo talento che indulge meno al predicatorio.
Lo si è visto anche ieri sera al Just Cavalli di Milano, location modaiola insolita per uno showcase di presentazione che è riuscito ad accendere sia i fans che il popolo discotecaro. Tra una cover e l'altra, si lanciava il nuovo singolo di Marco, «Ti porterò lontano». Un pop-rock onesto, da servire alla spina, proposto col valido supporto chitarristico di Jonathan Gasparini.
Marco, che non suona certo da poco, va tenuto d'occhio. E anche se la somiglianza col fratello e quel cognome lo condannano irrimediabilmente a essere figlio di un Dio minore, chi ha detto che per divertirsi su un palco si debba per forza primeggiare, in famiglia?
Correggio è abbastanza grande per due rocker di talento.

lunedì 19 maggio 2014

DEDICATO A CHI IRONIZZAVA SUL VOTO A GRILLO E AL MOVIMENTO 5 STELLE

Questo post non è propaganda elettorale. Cosa che mi interessa meno delle vicende para-sentimentali di Valeria Marini o delle partite di calcio.
Questo post è per dire che, con tutti i loro strabilianti difetti, Beppe Grillo e il Movimento 5 stelle sono serviti e stanno ancora servendo al Paese. Se la politica si sta dando una scossa, seppur minima, scrollandosi di dosso un po' di marciume, Pd compreso, che è sempre stato una palude di geniali inconcludenze, lo dobbiamo a chi all'ultima tornata elettorale ha votato in massa i brutti, sporchi e cattivi grillini. Che sono serviti, eccome, e ancora stanno servendo, a spaventare la casta. Se poi vogliamo dire che l'Armata Brancaleone difetta sul piano della democrazia interna (che nei partiti è una chimera) e a volte della capacità di concludere, se ne può parlare. Quel che non si può negare, invece, è che siano stati molto utili. Senza di loro, senza questi pesci pulitori, la sveglia per tanta gente non sarebbe suonata. Li votai per garantire un corposo ricambio di facce su una scena incancrenita e piena di cialtroni. Potrei rifarlo, o anche no. Intanto mi tolgo la piccola soddisfazione di sollevare non tanto un "vaffanculo", giusto per citare le demagogie grilline, ma almeno un piccolo dito medio, a coloro che amavano tanto ironizzare su quel voto. 

E poco o niente avevano capito.

venerdì 16 maggio 2014

«CHIAMBRETTI SUPERMARKET» * IL DRAMMA DI PIERO, TROPPO INTELLIGENTE PER QUESTA TV

Il «Chiambretti Supermarket» di Italia 1 è un onesto programma classicamente chiambrettiano, con qualche caduta di ritmo (una vecchia, giusta ossessione di Piero, che vive di quello: è l'essenza del suo stile) e momenti più alti e veloci.
È soprattutto un mix di programmi. Lo spunto di partenza viene dalla trovatina della vendita degli umani, un'attualizzazione delle cabine di «Portobello», piene di quei mostri (anche di bravura) dei quali il nostro ama circondarsi. Il garbo di Tortora non c'è più, altri tempi, ma spunta l'ironia pierinesca a compensare.
L'autocitazione di riferimento invece è «Markette», oasi felice nella quale Chiambretti stava come il classico pisello nel baccello. E nella La7 ora a marchio Cairo penso che presto tornerà, visto che hanno obiettivi d'ascolto più bassi e che in quel di Mediaset non è andata come previsto. Nonostante il «capitale umano» sia stato abbastanza protetto, sia come investimenti sui progetti che come orari di messa in onda e collocazioni in palinsesto. D'altra parte, se costi più di quel che rendi (o giù di lì) diventi un lusso, e Mediaset per un po' ha deciso di concederselo. Per il gusto di avere in scuderia un indiscusso campione, forse. Per l'ambizione iniziale di Piero di guadagnare una posizione in vista sulla rete ammiraglia, chissà.
Il problema è che se sei troppo intelligente e fai programmi alti, con una cifra non per tutti (mescolando trash e nobiltà, alto e basso), sei tagliato fuori dal mainstream e devi per forza costruirti una nicchia. Che può anche diventare una mezza prigione.
Per compensare sul fronte popolaresco, Chiambretti fa un comprensibile errore: tira in ballo e piazza su un trono la macchietta Cristiano Malgioglio. Qualcuno lo trova divertente, e di certo il personaggio si presta alla battuta grassa, che chiude bene molte situazioni. Io invece lo trovo soltanto - e sempre - stucchevole e stuccato. Una presenza fastidiosa. Il gay in servizio permanente effettivo della tv. Basta, toglietelo di torno. Per fortuna ci sono le interviste con Fedez ed Enrico Mentana, un altro gigante. Sentirlo chiacchierare con Piero è sempre un piacere.
La lettera di Fabrizio Corona dal carcere serve a far parlare un po' i giornali, a incuriosire, ma non basta, anche se è spalmata strategicamente in due tempi. E far leggere due righe di un classico a Belen Rodriguez per poi farla ballare in costume sul letto non serve a molto, se poi la si inquadra sempre in campo lungo. Sebbene in uno studio bellissimo. Infine, è proprio il caso di elencare, grazie a un tizio che simula un collegamento, tutti i veri e presunti amanti e compagni di Grace Kelly per farla passare come «nave scuola»?
Piero è clamorosamente sveglio, sicuramente molto più di alcune cose che fa o fa fare. Ma non ama finire in quella stessa nicchia che lui stesso fa di tutto per costruirsi attorno. Invece dovrebbe godersela di più.

lunedì 12 maggio 2014

QUELLI CHE AMANO TANTO DEFINIRSI «GIORNALISTA E BLOGGER»

Una volta Dogs & Pigs si compiacevano all'idea di definirsi solo giornalisti. Non si capisce neanche bene il perché, visto che fra l'altro è una tra le professioni più svilite degli ultimi cinque lustri, per colpa degli editori e in subordine anche nostra. 
Ora scrivono con orgoglio "giornalista e blogger", dove la seconda categoria è o è diventata il refugium peccatorum di tutte le ambizioni e le velleità scribacchine 2.0.
Il risultato è che spesso non sanno fare i giornalisti e (non di rado) come blogger non se li fila nessuno. Ma proprio nessuno. A meno che non abbiano una visibilità televisiva, ritrovare il loro intelligente o modesto scritto sul web è come cercare il bambino che si è perso sulla spiaggia in Romagna, a Ferragosto. Solide incapacità corroborate dal narcisismo. Che è in quasi tutti noi, chiaro, ma che è bene non diventi dominante. E guadagni oggi pressoché inesistenti, grazie anche a schiere di pazzi disposti a lavorare gratis per tutta la vita. O quasi. Così, appena rivendichi mezzo diritto, ti dicono: sai che c'è? Avanti un altro. Tanto della qualità in genere al committente importa veramente poco.
Ci si può lavorare ancora su, ma sì, dai, in fondo siamo messi bene...

mercoledì 7 maggio 2014

ORMAI GLI AUGURI DI BUON COMPLEANNO TE LI FANNO GLI OGGETTI

I bigliettini non usano più. Certo, ci sono Facebook, Twitter, la pattuglia vociante dei social, che in genere non brilla per originalità. Eppure, a proposito di auguri di compleanno, la vera moda degli ultimi anni sono quelli che ti fanno gli oggetti. O le aziende, via e-mail. Quest'anno, inattesi, perché la trascuravo da un po', me li ha fatti la Playstation 3. Un pensiero affettuoso, forse il più gradito, per affinità, non posso nasconderlo, l'ha avuto la mia Nikon D7100. Ma anche il conto corrente si è ricordato. Lì però la faccenda mi puzzava d'interesse (modesto, peraltro). Negli altri casi no, mi piace pensare l'abbiano fatto senza secondi fini. Ma la vera sopresa, la new entry di quest'anno, è stata l'assistenza della caldaia. Oggetto non di grande prestigio, bisogna riconoscerlo, ma auguri sicuramente bollenti.

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