Historia del Arte

Anche in Storia della civiltà europea. Vol. 16 - il Novecento. Arti visive, pp. 104-108.

Dal mondo antico allʼinizio del terzo millennio: migliaia di saggi e oltre 10.000 immagini, un imponente corpus testuale e iconografico organizzato in periodi cronologici e in aree tematiche: storia, filosofia, arti visive, scienza e tecnologia, musica, letteratura e teatro, comunicazione. Unʼopera curata da Umberto Eco, che propone nuove modalità di esplorazione della storia e del sapere e che offre potenti strumenti capaci di intrecciare e collegare, grazie a percorsi dinamici, i personaggi, le idee e gli eventi che hanno formato la nostra cultura. Lʼidea di partenza di Umberto Eco è quella di realizzare unʼopera a carattere enciclopedico che aiuti ad avere il senso delle distanze storiche, a stabilire rapporti di contemporaneità tra eventi di natura diversa e che consenta di ricostruire fenomeni di lunga durata, dinamiche sociali e culturali, comportamenti della vita quotidiana. Il progetto della Storia della Civiltà Europea, nato nel 1993, antesignano di unʼeditoria multimediale di qualità, raggiunge solo il suo compimento editoriale e la sua maturità tecnologica, organizzando i propri contenuti in ogni formato disponibile per ogni tipo di pubblico.

Nel Novecento gli intrecci fra arte, politica, società hanno prodotto ribaltamenti, cancellazioni e rinascite di modelli artistici oscillanti fra la ricerca di un ordine nuovo e la fascinazione per l’irrazionale, fra l’assunzione dell’arte come strumento politico e il rigetto di ogni ideologia, fra la tensione a un’arte individuale e aristocratica o al contrario anonima e collettiva. Nella collisione di fine Ottocento fra tradizione e novità dirompenti cola a picco l’idea di continuità nella storia: il secolo si apre all’insegna della rottura e delle sperimentazioni più ardite in termini di linguaggio e di contenuti. Le avanguardie, tra cui si contano cubismo, espressionismo, futurismo, neoplasticismo e costruttivismo, alleate in un percorso di astrazione, tagliano traguardi che paiono senza ritorno: la cancellazione del soggetto, la forma come forma assoluta, la nuova preminenza del linguaggio, la negazione del racconto, l’esilio dei sentimenti, tutte conquiste che sanciscono il primato culturale dell’Europa. Finché nell’arco di alcuni decenni si verifica un capovolgimento di prospettiva col ritorno al figurativo e con lo spostamento del cuore culturale dall’Europa verso New York e Los Angeles, rimesso più tardi in discussione dall’emergere della nuova polarità dell’Asia. In questo ebook si possono trovare tutte le maggiori espressioni artistiche del Novecento, in cui l’ideale dell’arte subisce un progressivo spostamento verso il futuro, arrivando, nelle sue forme più estreme, a produrre un’arte internazionalista, senza radici e senza memoria, dotata di una lingua aniconica universale, che cancella i confini delle identità nazionali e si proietta nella realtà globalizzata.

La puesta en vigor de las catacumbas romanas a lo largo del siglo XVIII, supuso un nuevo auge en el culto a las reliquias, que eran ampliamente solicitadas y vendidas a diferentes personas llegadas a Roma. Aunque generalmente eran vendidas en sencillas tecas ovales, también se creó un tipo de relicario de gran vistosidad y muy decorativo, pero de escaso valor económico, ya que estaban labrados en una fina chapa de plata que se aplicaba sobre una estructura de madera. Numerosos son los ejemplares de este tipo que se conservan en iglesias de la Península, siendo tal su éxito que se imitaron en talleres hispanos, como Zaragoza o Córdoba.

The impulse that experience the Roman catacombs throughout the eighteen century, supposed a new height in the cult to the relics, that widely were asked for and sold to different people who arrived to Roma. Although usually they were sold in simple oval thecas, also was created a type of reliquary very showy and ornamental, but of little economic value, because they were wrought with a fine plate of silver, that was applied on a wood structure. There are many reliquaries of this type in Spanish churches, being so its success which they were imitated in Hispanic workshops, as Saragossa or Cordova.

A la hora de abordar el estudio del tesoro catedralicio, es fundamental acudir a los inventarios. Esta documentación eclesiástica aporta al investigador datos específicos sobre las obras artísticas atesoradas en un templo, como su origen, material o procedencia, permitiendo conocer cómo éstas se hallaban en el momento en el que se elaboró el inventario, lo que ayuda a comprender como ha evolucionado la pieza y el tesoro en todo su conjunto, ya que en muchas ocasiones éste ha variado con el paso de los siglos, y solo mediante estos listados se puede conocer el verdadero esplendor de los ajuares religiosos que se fueron formando en gran medida, gracias a las élites civiles y eclesiásticas, verdaderas mecenas de las preseas.

Several series of Sibyls, of variable number and quality, that have been
previously attributed to different painters within Peter Paul Rubens’ circle, in foreign and Spanish collections, as well as in the art market, are here claimed to be by the hand of the Flemish master Jan van den Hoecke. The persistent confusion both in terms of attribution and identification of the subject matter is clarified in this paper, following on from Hans Vlieghe’s 1990 evidence. Tracing the now dispersed series as far as possible, the present article pays special attention to the eleven canvasses at Tessé Museum, Le Mans, as they appear part of a unique ensemble that still remains undispersed. For these series Jan van den Hoecke created an original iconography, with no formal precedents. Comparison of the different versions allows for a deciphering of the Latin texts accompanying each depiction, and for an identification of their literal sources. Judging by the numerous versions, the series of Sibyls must have rewarded the artist with great success, a demand that he
satisfied with a changeable effort.

La autoría del pintor flamenco Jan van den Hoecke se reivindica en varias series de Sibilas, de variable número y calidad, atribuidas a otros pintores de la estela de Peter Paul Rubens en colecciones españolas y extranjeras, así como en el comercio del arte. Tanto las atribuciones como la identificación de los asuntos son objeto de una gran confusión que persiste y se esclarece en este artículo, en base a lo avanzado por Hans Vlieghe en 1990. Se sigue la pista de los diversos ejemplares hoy dispersos en la medida de lo posible, prestando especial atención a los lienzos del museo de Tessé de Le Mans, por ser el único ejemplo existente de una serie que se conserva unida. Jan van den Hoecke fue el creador de una iconografía original que se distancia de los precedentes formales. La comparación entre los diferentes ejemplares permite descifrar los textos en latín que acompañan cada representación, precisando sus fuentes literarias. A juzgar por la elevada cantidad de versiones localizadas, es tema que le proporcionó éxito y demanda que satisfizo con esfuerzo cambiante.

Il Corpus Del Fondo Edifici Di Culto è una prestigiosa enciclopedia costituita da 4 volumi, di assoluto valore scientifico in cui saranno illustrati, attraverso delle schede e per mezzo di foto a colori di alta qualità, tutti gli edifici di culto facenti parte del patrimonio del Fondo Edifici di Culto del Ministero dell' Interno e tutto il patrimonio artistico-culturale in essi contenuti; il patrimonio del F.E.C., è costituito da oltre 730 edifici di culto di grandissimo pregio storico, architettonico, artistico e culturale, dislocati su tutto il territorio nazionale aperti al pubblico e concessi in uso gratuito all'Autorità Ecclesiastica ma gestiti dal Fondo Edifici di Culto, amministrato dalla Direzione Centrale per l' amministrazione del Fondo Edifici di Culto del Ministero dell' Interno. L' importanza dell' opera sarà messa in risalto dalla elegante veste editoriale dei 4 lussuosi volumi imperdibili per gli studiosi del settore ed i collezionisti.

Dall' introduzione di Claudio Strinati al tomo centro-sud

Questo volume ha un' importanza rilevante sia in sé sia nell' ambito del progetto generale del Fondo Edifici di Culto sulle chiese di proprietà sparse in tutta l' Italia.
Ecco una ennesima occasione prestigiosa per ribadire nel modo più semplice quel principio sempre ricordato da ogni amministratore e ogni studioso della materia ma non sempre chiarissimo alla conoscenza di ognuno di noi: l' immensità e la pregnanza del patrimonio artistico della Nazione.
Siamo tutti convinti di come tale patrimonio sia un esempio preclaro di quel concetto del bene comune che tanto giovamento ha arrecato e arreca ai progressi del vivere civile, della giurisprudenza, della gestione economico-finanziaria e della vita quotidiana. Ma quando andiamo a verificare la concreta proprietà di tale patrimonio pubblico restiamo sempre incerti sulle competenze specifiche e sulle responsabilità.
A chi appartengono le chiese? Mi è capitato spesso di rispondere a un tale quesito, sovente posto da persone di cultura e di esperienza, e ho ripetutamente notato lo stupore di chi viene correttamente informato.
È ancora vigente, infatti, nella mente di molti il luogo comune per cui le chiese apparterrebbero sostanzialmente al Vaticano, cioè alla Chiesa, e per i più esperti perlomeno dovrebbero essere proprietà dei Vicariati, che nessuno sa bene cosa siano ma se ne sente molto parlare o delle Diocesi. Non è così, ancorché non manchino certamente le proprietà facenti capo alle diverse Diocesi, ma la confusione in questo campo regna sovrana e ancora oggi molti stentano a credere che la maggior parte delle chiese monumentali di questo Paese o sono proprietà dello Stato o sono comunque sottoposte alla tutela imprescindibile delle amministrazioni pubbliche.
Sembra incredibile ma per molti nostri concittadini le guerre di indipendenza, le vicende della individuazione della capitale dell' Italia unita, la Breccia di Porta Pia, il concetto stesso di Demanio, sono cose sconosciute e incomprensibili.
Cosa sia veramente successo quando l' Italia è stata unificata, quando la dinastia Savoia ha assunto il potere regale sul nostro Paese, come è stata organizzata la tutela del patrimonio artistico nazionale, sono fatti altamente ignorati ancora oggi. Ora in questo volume la verifica della consistenza e della rilevanza del patrimonio artistico di proprietà del F.E.C. assume un significato ancora maggiore. Anche in ambito culturale, infatti, esiste una sorta di questione meridionale che fa sempre pensare a differenze abissali e incolmabili tra Nord e Sud. Ebbene studiando il volume ci si accorge che la consistenza patrimoniale del F.E.C. nel meridione d' Italia è formidabile e esaltante e si conferma allora un punto che è bene mettere in luce quando si parla del patrimonio artistico e architettonico del F.E.C.. E tale punto è l' eccellenza di tale patrimonio nell' ambito di un gigantesco patrimonio nazionale in cui le leggi vigenti e la cultura più radicata non consentono scelte qualitative, estendendosi sempre più, e giustamente, il criterio della tutela sul bene culturale in sé a prescindere dalla rilevanza, persino dalla bellezza (dato inevitabilmente ad alto tasso di soggettività), dall' influsso generato nel corso della storia.
Si nota, allora, come le chiese di proprietà del F.E.C. costituiscano sovente degli apici assoluti, delle elette emergenze nella moltitudine del nostro patrimonio artistico, costituendo tutte insieme e in tutti i luoghi d' Italia una sorta di tesoro incomparabile e prezioso nell' ambito di un insieme che di fatto rappresenta un aspetto fondamentale della ricchezza del nostro Paese.
Il presente volume, in tal senso, è molto istruttivo.
Comprende infatti tutta l' area meridionale escludendo Sicilia e Sardegna che saranno oggetto di un volume apposito, ma comprende anche l' area laziale al di fuori di Roma, che è stata argomento di un volume precedente
Anno di Edizione: 2018
Edizione: L'ERMA di BRETSCHNEIDER
Collane:
Tesori di arte e di fede, 3
ISBN: 978-88-913-1018-7
Rilegatura: Rilegato
Pagine: 450, 60 ill. B/N, 767 ill. Col.
Formato: 23 x 32 cm

As relações entre comunicação e artes vêm se aproximando a cada dia, estabelecendo-se novos padrões e estudos acerca da convergência arte/comunicação permitindo, dessa forma, uma ampliação nos horizontes analíticos da cibercultura. A pesquisadora Margaret Morse destaca que: the "new" abilities of cyberculture (especially their "interactive" and "telematic" capacities), have radically altered our understanding of the function of images. Only a decade ago, under the scrutiny of a "politics of representation," an image was recognized as a discursive construction which conveys situated knowledges and powers. Today, images ferry not only a politics of meaning or place, but an ever-more-tangible "aspect of agency," in which the remote control of images (via telematics or telepresence) can be used to inflict immediate and potentially deadly change on the real world. An obvious case in point is the Gulf War, widely noted for the ways in which its mediation resembled a video game. What are the ethical costs of a war in which it is images, rather than flesh and blood people, which are the primary agents of destruction? What happens to a sense of social accountability or even humanness when telematic images allow one to be removed from the consequences of one's actions? (apud SEATON, 1999, p.2). Nesse sentido, a história da arte eletrônica no Brasil tem ramificações com o desenvolvimento de ciberculturas, originadas da convivência na rede de artistas, pesquisadores e internautas. Ma ainda é bastante difícil definir os limiares da arte eletrônica; A arte há muito deixou de ser uma atividade voltada apenas para o desenvolvimento da sensibilidade, o enleite, a provocação, a discussão de pontos de vistas, passando a integral o rol das atividades que podem significativamente atuar na cosnstrução de ciberculturas e, como se pretende discutir aqui, de inclusão digital, através de sua história e do manuseio de uma série de ferramentas que podem aproximar o indivíduo (adulto ou criança) dos mecanismos específicos da computação: É difícil definirmos o que é um computador, na medida em que ele pode tomar várias aparências. Temos vários equipamentos que permitem, entrada, cálculos, armazenamento e saída de informações. Mas nosso interesse é nessa possibilidade de montarmos sistemas com essa estrutura, criando as mais diferenciadas interfaces e programas

This thesis studies a specific relationship between matter and form which can no longer be related to stability, solidity and objectuality, as it has been traditionally interpreted. To this aim, it firstly explores the plurivocity in the concepts of 'matter' and 'artistic material'; and secondly it examines a case study about water as a material presence in contemporary art. Over the course of the study, certain issues arise, such as the problematic use of notions like form, information and memory in the specific context of the artwork .

The  methodological lines of this thesis are an alternative approach to the artwork technical and material system, this understood as a synergistic and complex structure of symbolic, technological and imaginative relations. This methodology focuses on the evolution of the technical and technological thinking in the 20th century, establishing the connection between past and current uses of media and materials. Based on the principle of transversality, this study contributes to the expansion of the Third Culture by visualizing the dialogical relationship between art, science, technology and aesthetics. Thus, its starting point is the states of water (solid, liquid, and gas) as well as the technical and conceptual operations associated with this specific material. A selection of 258 artists or working groups and more than 500 works have been gathered along diverse actional and conceptual tendencies of water in its three states.

Archeology, technological thinking, anthropology, and material imagination are the key epistemological elements used to reflect on the encounter between the so-called traditional art mediums and new media in the 20th century —or from a broader perspective, between both the deterministic-mechanistic and the systemic-cybernetic currents of thought. In this context, water provides a paradoxical and exemplary temporal connectivity.

Resumen
La presente investigación tiene por objeto definir una zona muy poco tratada dentro de la historia del arte, en la que la relación entre materia y forma deja de poder aprehenderse como un fenómeno vinculado a los sentidos de estabilidad, solidez y objetualidad tal como se ha interpretado tradicionalmente. Para ello explora la plurivocidad de los sentidos de `materia´ y `material artístico´, confrontando esta perspectiva con el estudio del agua como presencia material en el arte contemporáneo, de lo que se derivan una serie de problemáticas respecto a los conceptos de forma, información, y por extensión memoria de la obra de arte.

Paralelamente se dibujan las líneas metodológicas de la semántica material como alternativa de aproximación al sistema técnico-material de la obra de arte, entendiendo éste como una estructura sinérgica y compleja de relaciones simbólicas, tecnológicas e imaginativas. La metodología propuesta pretende incidir en la evolución del pensamiento técnico y tecnológico del siglo XX, estableciendo puntos de conexión entre el uso actual de los medios y materiales artísticos, y sus antecedentes. Partiendo de la transversalidad, esta investigación se propone en última instancia contribuir a la expansión de la tercera cultura visibilizando las relaciones dialógicas entre creación artística, ciencia, tecnología y estética. Su puesta en práctica toma como punto de partida el agua en todos sus estados y las operaciones técnico-conceptuales asociadas a este material concreto. Una selección constituida por 258 artistas o grupos de trabajo y más de quinientas obras han sido recogidas en torno a las tendencias accionales y conceptuales del agua en sus estados sólido, líquido y gaseoso.

En definitiva, arqueología y antropología del pensamiento tecnológico e imaginación material son los elementos epistemológicos clave utilizados para reflexionar acerca de las cuestiones que definen el encuentro en el siglo XX entre los medios artísticos llamados tradicionales y los new media −o en un plano más amplio entre el pensamiento determinista-mecanicista y el sistémico-cibernético−, vehiculizadas por la paradójica conectividad temporal que ofrece el agua.

Cette communication a eu lieu le 31 mars 2017, dans le cadre du séminaire doctoral d'Alexandre Gady. Elle fut l'occasion de révéler une documentation inédite permettant de porter un nouveau regard sur le projet de place Louis XVI destiné à la cité du Ponant en 1786.

Resumen:
Una forma de obtener el perdón de los pecados o de cumplir una penitencia impuesta tras cometer un pecado grave fue la peregrinación a lugares considerados “santos”. Las peregrinaciones se realizaban tanto a nivel local como a nivel regional e incluso internacional. Los creyentes se desplazaban hacia lugares cercanos como iglesias y monasterios o bien hacia lugares que habían sido visitados por algún santo.

En este aspecto, en la Edad Media hay tres rutas principales de peregrinación: Roma, Jerusalén y Santiago de Compostela. La importancia de cada una de ellas viene dada por los siguientes factores: en Roma residía el máximo representante de la Cristiandad, Jerusalén era considerada ciudad sagrada por tres de las mayores religiones monoteístas (Judaísmo, Cristianismo e Islam) y finalmente, Santiago de Compostela por tener las reliquias de dicho apóstol. No obstante, la mayor peregrinación que podía realizar un cristiano en la Edad Media era la segunda mencionada. Peregrinar a Jerusalén, la tierra donde vivió Jesús, otorgaba al peregrino el perdón de todos sus pecados.

Estas tres rutas de peregrinación van a repercutir en varios aspectos: en primer lugar, en la vida religiosa de diversos cristianos y en segundo lugar, fueron una forma de transmitir cultura y de impulsar la economía. En el aspecto cultural, hay que destacar, el arte románico el cual se extendió por Europa mediante las diferentes vías de peregrinación. El Camino de Santiago es un claro ejemplo de esto, extendiéndose desde los Pirineos franceses por el norte de la Península Ibérica hasta Santiago de Compostela, muchas pequeñas ciudades crecieron gracias a los peregrinos.


PALABRAS CLAVE: Peregrinación, Camino de Santiago, Ruta Francesa, Roncesvalles, Santiago, Catedral de Santiago, Apóstol de Santiago.

Convocarte — Revista de Ciências da Arte n.º 5
Revista Internacional Digital com Comissão Científica Editorial e Revisão de Pares
Tema do Dossier Temático ARTE E ACTIVISMO POLÍTICO: PERSPETIVAS DA HISTÓRIA DA ARTE E ESTUDOS DE CASO
Ideia e Coordenação Geral Fernando Rosa Dias
Coordenação Científica do Dossier Temático Cristina Pratas Cruzeiro

El artículo analiza las representaciones visuales
de afroporteños producidas entre las décadas
de 1830 y 1860, periodo durante el cual gran
parte de este sector de la población se vio inmerso
dentro de una promesa de libertad. Formulaciones
legales como la ley de «Libertad de
Vientres» de 1813 (y el reglamento consecuente)
o las reiteradas pero escasamente cumplidas
prohibiciones del tráfico negrero (1812, 1825,
1839) no implicaron una ruptura radical con la
institución esclavista sino que testimoniaron su
abolición gradual, hecha efectiva en todo el territorio
en 1860 con la unificación de la Confederación
Argentina y el Estado de Buenos Aires. En
este contexto abordaremos un corpus de imágenes
atendiendo a los modos en que los afroporteños
fueron figurados en ellas, examinando en
qué medida estas representaciones permiten vislumbrar
el estatus jurídico de los representados.

Jose Orlando Melo Naranjo

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Jose Orlando Melo Naranjo


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"Los estudios críticos sobre diversidad corporal (Teoría Freak) se proponen volver visible el cuerpo en tanto mutación de órganos, procesos de estructuración que son alterados vía natural o quirúrgica para hacer surgir monstruos, devenires de posibilidad en las acepciones a una idealización normalizadora. El monstruo como aquel que se aparta de la naturaleza, signo de desgracia venidera (Ambroise Paré), deformidad que debe ser oculta o eliminada apenas ha nacido y su “desfiguración” es notoria. El monstruo humano también como aquel que “combina lo imposible y lo prohibido” (Michel Foucault), que nos hace voltear la mirada como intentando negar su existencia mientras su exotismo paradójicamente hace volver con unos ojos lacerantes que le juzgan"

Museo de Arte de Querétaro
Viernes 11 de agosto de 2017

El asentamiento de nuevas instituciones en Málaga como la Sociedad Económica de Amigos del País (1789) y la llegada de numerosos extranjeros atraídos por las posibilidades comerciales del puerto, evidencian que las últimas décadas del setecientos supusieron un llamativo crecimiento de la vitalidad mercantil de la ciudad. Esta nueva situación económica supuso un auge de la actividad constructiva, y con ella, de los hierros forjados para los nuevos inmuebles proyectados. Sin embargo, la historiografía relativa a la rejería malagueña de este periodo ha sufrido un profundo letargo durante los últimos años. La falta de documentación sobre las construcciones locales del siglo XVIII puesta de manifiesto por autores como Rosario Camacho, que han llevado a cabo atribuciones a arquitectos como Martín de Aldehuela mediante referencias formales de los edificios analizados, afecta también al gremio de los herreros. A pesar de esto contamos con un censo de 1771 que divide a  la población según un criterio socioprofesional, a partir del que podemos establecer quiénes fueron los herreros activos en este momento y dónde se encontraban sus fraguas. Además, algunos datos publicados por Lorenzo Pérez del Campo sobre las rejas de la Catedral, permiten establecer relaciones a partir de los artífices y arquitectos que participaron en esta empresa. Luis Gómez, en cuyo taller se forjó la reja del atrio bajo la dirección de Martín de Aldehuela, siguió cobrando del cabildo una vez que se paralizaron las obras del principal templo de la diócesis ¿quiere esto decir que participó en otras iglesias levantadas en estos años dirigidas también por Aldehuela? Las evidencias formales nos permiten establecer algunas atribuciones que, si bien no están basadas en contratos de obra conservados, pueden ser viables desde la repetición de los modelos forjados. El aumento de población registrado a lo largo del setecientos -que comienza con una población estimada de 29.634 habitantes y que asciende a 50.000 a finales del mismo- supone una multiplicación de las herrerías locales, que pasan de ser 15 a principios de siglo a 47 en las últimas décadas de la centuria. Este incremento de profesionales dedicados al hierro supuso una auténtica lucha entre castellanos viejos y nuevos dentro del gremio de herreros y cerrajeros. Tanto es así que, en palabras de Siro Villas, “parece que la autoestimación -de los castellanos nuevos- era superior a las consideraciones que la asociación merecía al resto de la sociedad malagueña. En las Ordenanzas que lograron ver confirmadas en 1783, se declaran pomposamente arte en el contexto de ellas, aunque no obtengan la titulación correspondiente de las autoridades de Madrid”. Entonces, al margen de las rencillas internas del gremio, ¿quiere esto decir que podemos hablar de una verdadera voluntad artística en la producción de reja de la Málaga del XVIII? La complejidad de responder esta cuestión nos lleva en primer lugar a analizar el producto resultado de estos años que ha llegado hasta nuestros días. Al margen de que las demoliciones municipales de inmuebles de esta centuria continúen en la actualidad, encontramos varias construcciones que pueden servirnos de modelos que ejemplifiquen qué tipo de rejas se llevaron a cabo para las edificaciones del setecientos. Además de las piezas que encontramos en la Catedral, hemos centrado nuestra atención en la rejería civil que presentan algunos de los inmuebles levantados en este periodo como la Casa del Montepío (sede la Sociedad Económica de Amigos del País), el palacio de los condes de Villalcázar, la casa nº11 de calle Atarazanas o el palacio del marqués de Sonora, buenos ejemplos de arquitectura civil de este momento.
Trataremos por tanto en este estudio de establecer un punto de partida para la historiografía del hierro en la Málaga del siglo XVIII, a través de análisis formales y de una revisión de las publicaciones relativas a este periodo, con la intención de recopilar datos y registrar unos hierros e inmuebles poco valorados y protegidos a nivel local.

Il castello della Manta, nei pressi di Saluzzo, è un eccezionale scrigno della pittura cortese, autentico «tesoro piemontese». Reso unico dagli splendidi affreschi tardogotici che ne decorano le sale, considerati fra i più importanti d’Europa, è un’affascinante fortezza medievale trasformata nei secoli in palazzo signorile dalla nobile famiglia dei Saluzzo della Manta, che ne mantenne la proprietà per oltre quattrocento anni.
L’attuale fisionomia del complesso è infatti il risultato dei tanti ampliamenti e rimaneggiamenti operati nel corso dei secoli dai diversi discendenti della dinastia. Di particolare pregio è l’adiacente Chiesa di Santa Maria al Castello, di origine quattrocentesca. È di proprietà del Fai (Fondo Ambiente Italiano).

In this comprehensive collection of essays, three generations of international scholars examine Mexican muralism in its broad artistic and historical contexts, from its iconic figures—Diego Rivera, José Clemente Orozco, and David Alfaro Siquieros—to their successors in Mexico, the United States, and across Latin America. These muralists conceived of their art as a political weapon in popular struggles over revolution and resistance, state modernization and civic participation, artistic freedom and cultural imperialism. The contributors to this volume show how these artists’ murals transcended borders to engage major issues raised by the many different forms of modernity that emerged throughout the Americas during the twentieth century.

La investigación en el campo de las técnicas y materiales en el arte contemporáneo requiere la aplicación de nuevas metodologías transdisciplinares que permitan obtener una perspectiva renovada sobre los contenidos que entraña la amplia experimentación artística desarrollada en esta dirección durante el siglo  XX. El cambio de paradigma de la física y el progreso tecnológico han dado lugar a un caudal de nuevas narrativas posibles en las que se ha visto alterado profundamente el sentido tradicional de nociones como las de
materia
o
memoria
en el arte. La presencia material del agua en el arte de la segunda mitad del siglo  XX como objeto de estudio, nos permite proponer una metodología que revisa dichos conceptos a través del análisis de los planos imaginativo y técnico-operativo, así como afrontar los problemas que plantea a nivel teórico una estética de lo fluido.

Referencia completa:
MOÑIVAS, Esther. “Narrativas fluidas. El agua como presencia material en las artes plásticas contemporáneas” en: Dept. Història de l'Art i CEHA-Comité Español de Historiadores del Arte (coords.). CEHA, XVII Congrés Nacional d´História de l´art. Art i Memóri. [Actas]. Granada: Editorial Atrio, 2012, pp. 249-263.

A MOST HAVE FOR ART HISTORIANS!

Proviamo a tornare indietro nel tempo, al fatale 1866. Quell' anno si completava una fase legislativa cominciata sedici anni prima nel Regno di Sardegna con le leggi Siccardi, veniva infatti emanata la legge post-unitaria che soppresse le Corporazioni religiose. Nel 1867 il governo Rattazzi diede avvio alla liquidazione dell' asse ecclesiastico, la parte cattolica si affrettò a definire eversive entrambe le leggi. Da un giorno all' altro, con un semplice tratto di penna, un ordine clericale e feudale sedimentato stratificato e rimasto immutato nei secoli, collassava e si scioglieva rovinosamente.
Passavano alla proprietà e all' uso dello Stato gli edifici di Congregazioni, di monasteri, di conventi subito trasformati in tribunali e in scuole, in ospedali e in ospizi, in galere e in caserme. Una quantità incommensurabile di oggetti d' arte mobili affluiva in massa sul mercato facendo la fortuna di miriadi di antiquari fra i quali primeggiava il mercante internazionale Stefano Bardini. Ciò che non finiva disperso o distrutto, (ed era la parte di gran lunga più grande) alimentò per decenni sia il collezionismo privato che quello pubblico; l' uno e l' altro, nelle miserrime condizioni economiche dell' Italia di allora, a destinazione quasi esclusivamente straniera.
Colossali devastazioni, perdite immense ha provocato la demanializzazione del patrimonio ecclesiastico. Evento forse necessario nella fase di passaggio del nostro Paese dall' Antico Regime alla Modernità e tuttavia brutale, doloroso, destinato a lasciare nella coscienza civile degli italiani ferite rimaste a lungo aperte.
Nel vasto naufragio si salvarono dall' uso improprio gli edifici di culto insieme a limitate porzioni dei complessi monumentali più legate o più contigue al culto. Si salvarono perché protette dalla devozione popolare, dalla letteratura, dalla fama degli artisti che vi erano rappresentati, dal loro essere, in maniera più o meno significativa, documenti della storia e della identità nazionali.
I luoghi sacri conservati al culto pubblico rimasero alla proprietà e quindi alla gestione dello Stato mentre l' autorità religiosa ne assumeva la regolare officiatura. Al F.E.C. (Fondo Edifici di Culto), sono oggi affidate oltre 750 chiese, meno dell' uno per cento del totale (calcolato in circa centomila unità) degli antichi edifici destinati alla pratica religiosa cattolica; dalla Martorana di Palermo a Santa Maria della Misericordia di Taggia, affascinante pinacoteca di pittura ligure-piemontese-fiamminga; da Santa Maria Novella di Firenze a San Bernardino di Aquila, che il terremoto del 2009 ha fatto sentire a tutti noi dolorosamente vicino; dal San Domenico di Napoli, dove dormono i re angioini e aragonesi e Tommaso scrisse la sua Summa Teologia, al Santuario di Fontanellato a Parma, prodigio di eleganza barocca e rococò.
Chi abita da cittadino o attraversa da turista l' Italia storica è difficile che conosca lo status giuridico delle tante chiese dislocate sul territorio nazionale. Del resto che la croce dipinta da Giotto in Santa Maria Novella a Firenze, che i Caravaggio conservati nella Cappella Cerasi di Santa Maria del Popolo a Roma, appartengano allo Stato o all' ente parrocchia o all' ordinario diocesano o alla congregazione religiosa che custodisce quel luogo, apparirà al visitatore irrilevante. Altro è ciò che interessa. Interessano la buona fruibilità di quei capolavori, la loro corretta conservazione e manutenzione, la aggiornata ed efficace presentazione didattica e scientifica. E' consolante accorgerci che questi sono gli obiettivi guida della attuale dirigenza F.E.C..
La storia ha costruito l' Italia dissestando distruggendo e poi riassemblando come per un immane rivolgimento tellurico, i suoi strati profondi. Lo strato identitario unificante degli antichi edifici di culto distribuiti su tutto il territorio nazionale dal Piemonte alla Sicilia, è oggi affidato, per una sua piccola ma prestigiosissima porzione, al Fondo Edifici di Culto.
Chi come me ha servito per tanti anni nella amministrazione italiana dei beni culturali e che ora dall' osservatorio privilegiato dei Musei Vaticani è in grado di apprezzare, con attenzione e sensibilità speciali, l' iridescente mirabile mantello di chiese che copre l' Italia, non può che esprimere vivo compiacimento per tale iniziativa editoriale introdotta dalle mie righe.
Una rete di perfetta affidabilità affidata agli architetti e agli storici dell' arte delle Soprintendenze garantisce la qualità dei testi. L' ERMA di BRETSCHNEIDER ci assicura del livello del risultato editoriale, improntato ad eleganza e a rigore come da sua mai disattesa tradizione.

Antonio Paolucci
Direttore dei Musei Vaticani
dalla Presentazione del I volume

Bien que représentant un cas particulier, le Livre d'Echantillons Fol Est 489 constitue un bon exemple de la manière dont un recueil à destination d'un homme de l'art était composé au milieu du XVIIIe siècle. Éléments pratiques et didactiques y forment un vaste ensemble dans lequel le propriétaire pouvait puiser des idées et des formes, adaptables et combinables au gré de son imagination et des exigences de ses commanditaires. Il témoigne aussi du coût qu'un tel objet pouvait constituer, investissement assez onéreux pour un simple artisan. Il reflète, enfin, comment le goût de la période rocaille se diffusa dans les ateliers qui portèrent cette « mode » que Blondel fustige dans ses Cours d’Architecture.

Apresento uma análise de rede social composta por artistas, antropólogas e historiadores que se envolveram de diferentes maneiras na realização da exposição Arte Plumária do Brasil, que, após inaugurada em 1980 no Museu de Arte Moderna de São Paulo, foi montada em outras instituições de arte e etnologia em cidades do país e do exterior até 1989. A partir do emaranhado de trajetórias de coisas, pessoas e ideias traçado, busquei puxar alguns fios que permitem uma reflexão acerca do processo de «artificação» dos adornos plumários de determinados grupos étnicos nativos do Brasil.

in «Notizie di pittura raccolte dal Padre Resta». Il carteggio con Giuseppe Ghezzi e altri corrispondenti, a cura di Maria Rosa Pizzoni, Roma, UniversItalia, 2018, pp. 107-128.
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Su padre Sebastiano Resta e Leonardo da Vinci si veda anche: https://www.academia.edu/49350830/_Vero_lume_il_Leonardo_e_i_Leonardo_di_padre_Resta

Aborda el tema de la mujer en el grabado ukiyo-e, cómo evoluciona su imagen y la tipificación del ideal de belleza.
It addresses the theme of women in ukiyo-e printmaking, how their image evolves and the typification of the ideal of beauty.

A finals dels 60, en una Tossa que tot just despertava del somni de Pandora, l’art de Bonaventura Anson va fer el tret de sortida. Dins de la seva llarga trajectòria com a artista, l’any 1968, marca el punt d’inflexió d’una carrera creativa insaciable de més de cinc decennis com a pintor, gravador i escultor. Una obra fructífera i multidisciplinar amb una capacitat creativa desbordant, que li va valdre el reconeixement nacional i internacional. La recerca dels orígens primigenis del paisatge i de l’art el van portar, amb el pas dels temps, cap a una abstracció trencadora on expressar no només les presons de l’ànima, sinó que també la llibertat. Tossenc de soca-rel, gran part de la seva obra reivindica el passat i el mediterranisme primigeni de la vila que el va veure néixer, uns valors i
paisatges transformats i ja desapareguts.

Servicio de Publicaciones de la Universidad de Oviedo, 2019
Este libro que he podido coordinar recoge las colaboraciones de los compañeros y compañeras del Departamento de Historia del Arte y Musicología de la Universidad de Oviedo, en el encuentro de 2018 de Grupos de innovación docente, para compartir proyectos y experiencias innovadoras en diferentes materias de las áreas o del interés de las mismas.