I sistemi scolastici
europei verso
l’integrazione dei disabili
Michela Ott,
Serenella Besio,
CNR - Istituto per le
Tecnologie Didattiche
Genova
Ripercorrendo il difficile cammino dell’idea di
integrazione scolastica del disabile e
analizzando la sua diversa attuazione in Europa
INTRODUZIONE
1 Un così grande fermento ideale ha avuto
senz’altro molteplici
radici, di varia ispirazione: sociale, scientifica, politica e di disparata provenienza: basti
dire che l’idea di “vita
autonoma e indipendente”, considerata ancor oggi obiettivo verso
cui tendere le azioni comuni, è nata all’Università di Berkeley (California) nel corso degli
anni ’60. Si trattò, per
la precisione, di un movimento studentesco
che in seguito assunse
anche connotazioni politiche, portando
all’emanazione di una
legge anti-discriminazione, nella quale erano già comprese norme
riguardanti l’accessibilità, i trasporti pubblici,
l’assistenza individuale, ecc.
4
Nel campo delle azioni internazionali a favore
dell’handicap, è stata rapidissima, in questi
ultimi trent’anni, l’evoluzione delle idee che
hanno dato vita al cammino normativo ed altrettanto veloce è risultata la loro applicazione
pragmatica. Il panorama legislativo che ci si
presenta è denso quindi di continue svolte ed
innovazioni, formali e sostanziali, che vorremmo brevemente ripercorrere.
A partire dagli anni Settanta, la Commissione delle Comunità Europee comincia a varare
azioni specifiche a favore dei disabili, sia tramite il Fondo Sociale Europeo, sia attraverso
gruppi di lavoro mirati. Nel 1981 viene istituita la Divisione “Azioni a favore degli Handicappati”, segno di un crescente interesse e dibattito su tale tematica. Sempre nello stesso
anno, le Nazioni Unite proclamano l’Anno Internazionale delle Persone Handicappate e
impostano le iniziative del decennio dal 1981
al 1991 in favore delle persone con disabilità.
Nel biennio ’82-’84 il Parlamento Europeo
nomina un comitato di esperti per la revisione
e l’aggiornamento della legislazione in materia: in quegli anni si fa sempre più pressante
la necessità di conoscere ed unificare gli interventi a favore dei disabili attuati in seno ai
Paesi membri della Comunità Europea.
È così che il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa adotta nel 1984 una risoluzio-
TD n.5 Inverno 1994
ne per un programma completo di politica
coerente in materia di riabilitazione e di riadattamento. Le elaborazioni successive di
questo primo testo portano nel 1992 alla formulazione di un’altra raccomandazione del
Comitato dei Ministri, in cui si traccia un programma-tipo di politica di riadattamento e di
integrazione rivolto alle autorità nazionali.
Le idee base qui sono quella dell’autonomia
e della totale partecipazione del disabile alla
1
vita sociale. Questi due obiettivi passano attraverso una strada clinico-riabilitativa, ma
anche, soprattutto, attraverso una strada di impegno sociale e di scelte politiche e comportamentali.
Nel documento si sottolinea infatti come «il
principio dell’autonomia di vita dei disabili
presupponga la loro piena partecipazione alla
vita sociale e il riconoscimento del loro diritto
all’indipendenza» che prevede «il pieno riconoscimento del diritto ad essere diverso».
Se soltanto dieci anni prima la disabilità veniva definita in base a parametri di normalità
e tenendo in considerazione la sola “incapacità”, ora essa è valorizzata nella sua differenza, riconoscendone le specificità come apportatrici di un contributo positivo ed arricchente
per gli altri. Non si sottolinea più soltanto il
diritto del disabile ad una vita che sia paritaria
agli altri membri della comunità, ma viene
anche affermato il suo diritto ad essere diverso.
L’handicap, inoltre, viene visto come uno
svantaggio che emerge dal confronto con la
comunità degli individui e non più come una
caratteristica appartenente al disabile. I problemi che bisogna affrontare non riguardano
dunque il singolo o una categoria specifica,
ma la società nel suo insieme. Questo nuovo
modo di porsi nei confronti del tema della disabilità si fa strada grazie anche ad una diversa immagine della società e dei suoi membri,
visti in continuo cambiamento e reciproca interazione.
Nell’ultimo decennio sono anche sorti alcuni progetti europei volti all’integrazione e
all’autonomia delle persone disabili, tra i qua2
3
li i più rilevanti sono HELIOS, HORIZON e
4
TIDE. Molti di questi programmi puntano
all’utilizzo di nuove tecnologie, universalmente accolte come potenti mediatori di autonomia, come elemento nuovo che può dare
una svolta qualitativa alla vita dell’individuo
disabile.
BREVE STORIA DI UN’IDEA IN GRAN
PARTE ITALIANA: L’INTEGRAZIONE
NELLA SCUOLA DI TUTTI
Il settore della scuola, di rilevanza cruciale, ha
contribuito validamente alla diffusione delle
idee di autonomia, autosufficienza, parità di
diritti del disabile, fornendo grande impulso
non solo alle idee ma anche alle soluzioni
operative.
L’origine di questo fermento può essere rintracciata nei movimenti, non solo studenteschi, del ’68-’69 in Europa. A questo periodo
va fatta risalire anche la critica alle «prassi
tradizionalmente svolte nell’assistenza agli
handicappati, al ruolo selettivo che assume la
scuola emarginando ampie fasce di bambini
in difficoltà e alle funzioni e agli strumenti
operativi delle équipes medico-psico-pedago5
giche» (Ammanniti et al., 1974).
In Italia hanno avuto un ruolo fondamentale
nella denuncia del modello selettivo di scuola,
la pubblicazione, nel 1967, di Lettera a una
professoressa di don Lorenzo Milani e la conoscenza della sua azione pedagogica contrapposta a quella tradizionale. Queste idee si
sono poi sviluppate nel dibattito comune di
forze sociali, politiche e sindacali, fino a
giungere alla consapevolezza della necessità
di procedere ad una profonda riforma dei servizi scolastici, sociali e sanitari.
Sono sorte così in varie parti del territorio
nazionale, le prime iniziative pilota di inseri-
mento scolastico, vivificate da un clima generale favorevole alla partecipazione, alla condivisione di esperienze, ed anche all’approfondimento teorico. Tali esperienze si sono sviluppate lungo quattro direttrici: a) interventi
all’interno dei centri di riabilitazione, i quali
si sono aperti a collaborazioni con le direzioni
didattiche locali; b) interventi realizzati da
servizi gestiti da Enti Locali sensibilizzati; c)
sperimentazioni strutturate realizzate dagli
operatori scolastici; d) inserimento di disabili
in una classe per iniziativa di singoli docenti,
indipendentemente da progetti globali (Ammanniti et al., ivi). Il punto di partenza di queste iniziative è da ricercarsi nel rifiuto di situazioni considerate segreganti, in quanto esse
«oltre a determinare una grave deprivazione
sia di ordine socializzativo che in relazione
allo scambio di informazioni e di esperienze,
si ripercuotono negativamente sulla strutturazione dell’identità personale del bambino
handicappato. […] Il processo di esclusione,
d’altronde, coinvolge anche il nucleo famigliare […] spesso con un estraniamento dello
stesso nucleo dal contesto sociale» (Ammanniti et al., ivi). È già presente, nella sostanza,
il concetto di reale integrazione del soggetto
disabile, ben diverso da una sua formale accettazione in chiave assistenzialistica.
La legge n. 118 del 1971, e con maggiore
chiarezza la legge n. 517 del 1977, connotano
positivamente tali prime esperienze e sanciscono l’ingresso ufficiale degli alunni portatori di handicap nelle scuole normali, elementari e medie.
A questa situazione, che vede, nel quadro
europeo, l’Italia seconda soltanto alla Svezia
(la quale tuttavia non apparteneva allora alla
6
Comunità), non corrisponde sempre (ancora
tutt’oggi) analoga consapevolezza negli altri
Paesi membri della CEE.
Risale al 1978 una relazione ufficiale, stilata da I.S. Jørgensen, sull’istruzione speciale
nella Comunità Europea, nella quale vengono
dettagliatamente presi in esame i differenti sistemi di educazione speciale nei Paesi membri: vi si affermano, in sostanza, la necessità e
l’utilità di sistemi, metodi, strategie “speciali”
7
per l’istruzione ai disabili.
È durante una Conferenza organizzata nello
stesso anno a Roma dalla Comunità Europea,
in collaborazione con il Ministero della Pubblica Istruzione italiano, che questa relazione
viene sottoposta a seria, approfondita e vivace
discussione da parte di gruppi di rappresentanti nazionali. L’Italia, fresca delle proprie
TD n.5 Inverno 1994
2 Handicapped people
in the European Community Living Independent in an Open Society.
Vedi scheda specifica in
questo volume
3 Si occupa dell’integrazione economica,
professionale e sociale
delle persone con handicap e dei gruppi svantaggiati.
4 Technology Initiative for Disabled and Elderly people, progetto finalizzato specificatamente a stimolare la
creazione di un mercato
unico europeo nella tecnologia riabilitativa.
Nasce dal riconoscimento delle crescenti difficoltà per i disabili e le
persone anziane che vivono in una realtà, quella attuale, in cui si fa
sempre maggiormente
ricorso a strumenti tecnologici avanzati e sofisticati nelle attività quotidiane e negli ambiti di
pubblica utilità.
5 Vale la pena ricordare, come fa Giordano
(1974), che il pioniere
della neuropsichiatria
italiana Sante De Sanctis già nel 1968 affermava: «la selezione è sempre un compito delicato
e gravido di conseguenze, perché difficilmente i
soggetti selezionati, anche se hanno raggiunto
notevolissimi miglioramenti, ritrovano la via
del ritorno alla classe
normale»; ed ancora,
anticipando il concetto
di integrazione: «l’educazione speciale è pur
sempre educazione e, in
un certo senso, ogni attività educativa è speciale, perché deve tendere
alla individualizzazione.
Quanto più prudenti saremo nell’allontanare
gli allievi dal gruppo dei
coetanei, tanto maggiori
saranno le probabilità di
farne dei membri efficienti della comunità in
cui vivono, nei limiti delle loro possibilità».
5
6 In un rapporto svedese del 1978 indirizzato all’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo
Economico) si afferma:
«La società e le misure
che essa adotta devono
essere strutturate in
modo tale da evitare la
distinzione tra persone
‘devianti’ e ‘normali’.
Per quanto buone siano le intenzioni verso
coloro che si considerano devianti e per
quanto avanzate siano
le soluzioni speciali ad
essi destinate, la conoscenza in tale campo
ha ben scarsa utilità se
priva l’individuo del
diritto di vivere con la
gente comune» (Giordano, 1978).
7 Un’idea della ‘tonalità’ della relazione
può aversi anche soltanto dalla rilevazione
della terminologia
scelta dal suo autore, il
quale aderisce a linguaggi burocratici e
amministrativi e riferisce di ‘minorati, ritardati, mentalmente deficienti’: in un’epoca in
cui già il termine ‘handicap’ affiancato da
ulteriori specificazioni,
aveva sostituito, nella
direzione di un progressivo alleggerimento della forza dell’etichetta, quelli citati.
recenti promulgazioni legislative, ha così
un’occasione formale per affermare l’adesione ad un principio differente, quello dell’integrazione. Dirà infatti A. Giordano: «Se il nostro incontro a livello comunitario si dovesse
limitare a studiare il miglior modo di organizzare un insegnamento ‘speciale’ degli handicappati, non varrebbe veramente la pena di discuterne, perché nulla di nuovo ne potrebbe
risultare rispetto agli schemi elaborati nella
prima metà del nostro secolo ed ormai dimostrati come ampiamente falliti. Conviene piuttosto spostare il fuoco della discussione
sull’integrazione sociale dell’handicappato, a
partire dall’agenzia di socializzazione primaria costituita dalla scuola […]». Sarà poi A.
Milani Comparetti nella sua relazione di sintesi conclusiva, a sottolineare la divaricazione
delle posizioni: «[…] appare con notevole
chiarezza che si sono rese esplicite due tesi,
apparentemente inconciliabili e sulle quali i
delegati dei paesi della Comunità hanno preso
posizione unanime per ogni nazione rappresentata, tanto che da un lato è schierata l’Italia
e dall’altro tutti gli altri Paesi. […] Penso che
questo sia dovuto anche al fatto che il concetto di integrazione è recente e innovatore rispetto a quello tradizionale basato su decenni
di esperienza. […] Ma desidero invitare i delegati degli altri paesi della Comunità ad apprezzare l’entusiasmo con cui in questo paese
si affronta l’impegno alla integrazione».
Un entusiasmo, ed un impegno, che oggi
con soddisfazione si vedono ampiamente accolti e riconosciuti nella normativa e nelle affermazioni della CEE.
LE LEGISLAZIONI SCOLASTICHE
DEI PAESI MEMBRI
Dal 1981 il Consiglio ed i Ministri
dell’Istruzione della Comunità raccomandano,
infatti, agli Stati membri di assumere l’onere
degli allievi handicappati nei sistemi normali
di istruzione, pur riconoscendo il ruolo importante dell’insegnamento specializzato.
In generale, l’esame dei sistemi specializza-
scuola dell'obbligo
possibilità di prosecuzione
pre-scuola
6
formazione
professionale
scuola primaria
scuola secondaria
1° livello
scuola secondaria
scuola secondaria
2° livello
TD n.5 Inverno 1994
ti di istruzione permette di rilevare una grande
diversità di concezione dell’integrazione scolastica, ed anche grandi divari nell’applicazione operativa del principio comunitario.
Tre sono i gruppi individuabili, aldilà delle
differenze nazionali relative anche alla storia
socio-culturale di ciascuno stato:
a) sistemi di istruzione speciale, basati su un
tipo di insegnamento collegato ad un particolare tipo di handicap, con contatti scarsi
o nulli con l’ambiente normale;
b) sistemi di istruzione normale, in cui sono
integrati gli alunni disabili, per i quali in
genere vengono previsti particolari forme
di agevolazione all’apprendimento;
c) sistemi di istruzione mista, nei quali l’istruzione normale coesiste con l’istruzione
speciale (cfr. Soriano, 1992). Il grado di integrazione degli studenti disabili può variare da luogo a luogo in proporzioni notevoli,
e variano anche grandemente il tipo e la
qualità delle interazioni tra i due sistemi.
Abbiamo voluto, nel seguito, prendere breve8
mente in esame questi sistemi e queste differenze tenendo presente come le definizioni
stesse di “allievo disabile” (talvolta risolte curiosamente in chiave tautologica) siano spesso
conformi ai differenti gradi di integrazione attuati, alle modalità con cui l’insegnamento
speciale viene dispensato ed al più o meno
stretto rapporto con le strutture sanitarie e psico-pedagogiche.
Di ciascun Paese, oltre a una breve descrizione, forniremo anche un grafico illustrativo
del sistema scolastico “speciale” in relazione a
quello ordinario. Diamo a lato una piccola legenda di aiuto alla comprensione delle tabelle.
Belgio
L’handicap è definito in rapporto all’insegnamento normale. Qualunque sia il tipo di handicap, il ricorso all’insegnamento speciale
viene determinato dalle esigenze nel campo
dell’istruzione manifestate dall’allievo: va
stabilito, caso per caso, ciò che è possibile e
ciò che è impossibile fare nell’ambito della
“scuola ordinaria”. La legge sull’insegnamento speciale emanata nel 1970 stabilisce che
«sono considerati allievi handicappati i bambini e gli adolescenti i quali, pur essendo
adatti a ricevere un insegnamento, sono comunque inadatti a seguirlo in un istituto scolastico normale».
Il sistema di istruzione specializzata si basa
su otto tipi di insegnamento diverso, che ri-
guardano una classificazione tipologica della
disabilità (handicap mentale, comportamentale, fisico, sensoriale, disturbi dell’apprendimento). Alla divisione in tipi corrisponde una
suddivisione in quattro forme di insegnamento, che mirano al raggiungimento di obiettivi
via via più complessi, dal semplice adattamento sociale al recupero di competenze cognitive. La legge sull’insegnamento speciale prevede anche la possibilità dell’insegnamento a
domicilio. Dal 1986 è in corso di attuazione
progressiva un programma di insegnamento
speciale integrato, il quale viene impartito
nell’ambito dell’insegnamento normale, e si
indirizza soprattutto ai disabili sensoriali o
motori. Esso non riguarda invece i disturbi lievi, per i quali tradizionalmente è l’insegnamento ordinario a trovare risorse di recupero.
Belgio
8
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speciale
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ordinario
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età
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Paesi Bassi
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speciale
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età
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Germania
24
speciale
Paesi Bassi
L’insegnamento speciale è destinato agli allievi per i quali è stata constatata la necessità di
un orientamento ortopedagogico e ortodidattico che non possa essere organizzato nell’insegnamento normale.
Il termine “istruzione speciale” riguarda un
sistema di istruzione completamente separato,
ed è destinato a quei soggetti che richiedono
l’applicazione di particolari metodologie pedagogiche e didattiche destinate a rimediare
le loro carenze. I vari tipi di istruzione speciale sono suddivisibili in tre gruppi, riferibili alle seguenti tipologie di handicap: a) disturbi
di apprendimento, ritardi mentali recuperabili
e difficoltà di sviluppo; b) disturbi sensoriali e
deficit fisici; c) grave ritardo mentale. Le
quindici forme complessive di istruzione speciale attive nei Paesi Bassi sono costituite da
scuole tra loro separate e in linea di massima
specializzate per una solo tipologia..
21
ordinario
3
6
6
10
16
15
16
sa diviene un orientamento metodologico che
permette di conferire un appoggio pedagogico
particolare al soggetto disabile, pur senza separazione istituzionale, e vuole, anzi, tener
conto della necessità di favorire al massimo la
vita in comune di allievi disabili e non disabili; in una terza accezione, infine, il termine integrazione può comprendere tutti i provvedimenti atti a migliorare le possibilità offerte ai
disabili ai fini del loro inserimento sociale.
L’istruzione speciale tedesca si suddivide
sulla base di una categorizzazione delle tipologie di deficit, i quali vengono identificati in nove differenti tipi. Tutti gli allievi che manifestino difficoltà permanenti o temporanee, possono fruire di un sostegno pedagogico particolare, attraverso provvedimenti differenziati.
Germania
Si sostiene che ciascun allievo handicappato
debba ricevere una formazione tale da rispondere alle sue particolarità individuali, in modo
da poter essere integrato da un punto di vista
sociale e professionale (i dati riferiti escludono ancora la riunione con l’ex DDR). Il termine “integrazione” è usato in accezioni molteplici e attuato in forme scolastiche differenti.
Concepita soltanto come obiettivo, essa comprende tutti gli sforzi compiuti per aiutare i
disabili a sviluppare la loro personalità e le
loro potenzialità; in quanto mezzo, invece, es-
Irlanda
Soltanto dal 1981 è stato accettato il principio
che l’insegnamento al disabile non debba necessariamente avvenire in istituzioni specializzate, poiché per tutti gli anni ’70 si riteneva
che la presenza di un’anomalia fisica richiedesse in ogni caso la disponibilità di un sistema di istruzione speciale. Il Department of
Education stabilisce ora che è sua politica ufficiale «fornire un’istruzione al numero più
alto possibile di minorati fisici nelle scuole
normali, sia elementari che secondarie, e vi
TD n.5 Inverno 1994
19
età
19
8 I dati riportati provengono prevalentemente dal raccordo di
documentazioni ufficiali della CEE disponibili per ora fino al
1992, che riguardano
perciò dati raccolti
precedentemente e sono relativi alle Nazioni
afferenti alla CEE fino
a quel periodo. Poiché
a loro volta queste documentazioni sono state costruite sulle indicazioni fornite dai diversi Stati membri (in
genere sulla base di
questionari), risentono
inevitabilmente della
variabilità con cui i
dati stessi sono stati
raccolti e compilati:
precisione, ricchezza
(e talvolta anche pertinenza) delle informazioni senza dubbio risultano così disomogenee.
7
sono prove che questa politica sta ottenendo
alcuni successi».
Si sono dunque ora espansi in modo significativo i servizi di istruzione speciale all’interno delle scuole normali e soltanto lo 0,9%
dell’insieme dei bambini in età scolare frequentano scuole speciali a loro destinate.
L’insegnamento speciale è condotto da insegnanti di sostegno, che ricevono l’appoggio di
colleghi itineranti, i quali si occupano in particolare di soggetti con difficoltà specifiche
(p. es., disturbi sensoriali). Con l’applicazione
della nuova normativa, inoltre, questi insegnanti, che prima impartivano solo lezioni di
inglese e matematica, hanno ora il compito di
valutare e diagnosticare la situazione dei servizi scolastici, oltre ad elaborare programmi
individualizzati in collaborazione con i colleghi dell’insegnamento normale; essi inoltre
partecipano all’insegnamento alla classe.
Nell’insegnamento post-primario, invece, gli
allievi disabili spesso vengono riuniti in una
sola classe speciale nella quale possono seguire le materie principali.
Francia
Nel 1989 è stata pubblicata una nuova nomenclatura delle deficienze, che differisce lievemente da quella proposta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. La legge n. 534
del 1975 ha trasformato in obbligo nazionale
l’istruzione dei disabili e la situa «di preferenza» nelle classi normali per tutti i bambini
«che vi possono essere ammessi malgrado il
loro handicap». L’importanza dell’integrazione scolastica viene riconosciuta come capitale
da tutti i pronunciamenti legislativi successivi
al 1975. L’istruzione dei disabili si situa di
preferenza nelle classi ordinarie per tutti i
bambini che vi possono essere ammessi malgrado il loro handicap. L’insegnamento speciale è ripartito tra il Ministero dell’Educazione nazionale e gli istituti medici, medico-pedagogici e socio-pedagogici sotto la tutela del
Ministero degli Affari Sociali.
I sistemi di scolarizzazione previsti sono
due: la via prioritaria è quella dell’integrazione individuale, completa o parziale, in una
classe normale, con sostegno pedagogico, psicologico, medico e/o paramedico; la scolarizzazione in classe speciale avviene comunque
in ambiente scolastico normale, e prevede un
numero di allievi non superiore a dodici ed un
insegnamento impartito da docenti specializzati.
Gli allievi che provengono dalle classi speciali possono poi proseguire la loro formazione in direzione professionale in appositi istituti specializzati che possono ancora una volta dipendere giuridicamente sia dal Ministero
dell’Istruzione Nazionale sia dal Ministero
degli Affari Sociali.
Irlanda
Grecia
speciale
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ordinario
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età
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Francia
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speciale
ordinario
3
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6
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età
16
Grecia
La legge n. 1566 del 1988 definisce gli allievi
che manifestano esigenze speciali nel campo
dell’istruzione come «persone con esigenze
speciali che hanno in generale deficienze specifiche o disfunzioni causate da fattori fisici,
mentali o sociali in grado tale da far sì che sia
loro assai difficile partecipare alla formazione
generale o professionale, trovar un lavoro o
partecipare pienamente alla vita della società».
Il sistema di istruzione speciale non è distinto dal sistema generale, bensì ne fa parte.
L’istruzione speciale è impartita a tutti i livelli del sistema scolastico. Le classi specializzate sono integrate nelle scuole ordinarie.
speciale
Gran Bretagna
12
ordinario
3.5
5.5
5.5
8
11.5
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17.5
età
14.5
TD n.5 Inverno 1994
La legge sull’istruzione del 1981 definisce
l’allievo che manifesta esigenze speciali in
termini di «persona che evidenzia difficoltà di
apprendimento significativamente più elevate
di quelle che si osservano nella maggioranza
degli individui della stessa età, oppure che reca un handicap che gli impedisce di impiegare
le strutture didattiche fornite in generale nelle
scuole dalle autorità competenti». La legge
prescrive che i bambini i quali manifestano
esigenze speciali nel campo dell’istruzione
siano educati in scuole normali, tenendo conto dei desideri dei genitori e di altri fattori.
Vengono anche offerti provvedimenti speciali
nel campo della formazione, compatibilmente
con le esigenze degli altri allievi.
Sono state abolite le categorie statutarie di
handicap come base per l’identificazione dei
bambini che hanno bisogno di un’istruzione
speciale. Pur tendendo generalmente all’integrazione dei disabili nelle classi normali, esistono una serie di norme destinate a far fronte
ai vari aspetti delle esigenze dell’istruzione
speciale, che variano - lungo otto diversi gradi
- dall’integrazione in una classe normale di
una scuola pubblica, fino all’accoglimento
dell’allievo come interno di un collegio speciale. È prevista inoltre una importante rete di
collegamento tra le scuole speciali e le scuole
normali, che permette di passare rapidamente
da una delle modalità di frequenza impostate
per un soggetto, ad altre differenti.
Lussemburgo
Le classi speciali sono state istituite con una
legge del 1963; la successiva legge del 1973
precisa che lo Stato si occupa di far sì che
ogni bambino che non sia in grado di seguire
l’insegnamento ordinario o speciale per le sue
particolarità mentali, caratteriali o sensoriali,
possa ricevere, nell’ambito del sistema di
istruzione differenziato, l’istruzione richiesta
dalle sue condizioni o dalla sua situazione. È
soltanto allo stadio di progetto preliminare
una legge a favore della partecipazione dei
bambini disabili all’insegnamento normale e
della loro integrazione scolastica.
L’istruzione speciale prevede due tipi differenti di insegnamento: l’insegnamento speciale, che ha «l’obiettivo di conferire agli allievi,
mediante metodi e mezzi adeguati, l’educazione, la rieducazione e l’istruzione di cui
hanno bisogno» e che viene attuata in classi
speciali situate nell’ambito delle scuole normali; e l’istruzione differenziata, destinata a
soggetti con patologie più severe, che è collocata invece in centri e servizi appositamente
approntati, tuttavia soggiacenti alla giurisdi-
zione del Ministero dell’Istruzione Nazionale.
La scelta di proporre ad un soggetto ed alla
sua famiglia l’istruzione differenziata avviene
dopo attente valutazioni del caso, evitando di
suggerirla ogni qualvolta sembri possibile una
evoluzione positiva nell’ambito dell’insegnamento prescolastico e primario.
Spagna
L’istruzione speciale è destinata, in via temporanea o permanente, alle persone per le
quali risulta impossibile l’integrazione in ambiente ordinario. In ogni altro caso, i disabili
possono essere integrati nel sistema di istruzione ordinaria, e, se necessario, debbono essere loro offerti programmi di sostegno e
mezzi adeguati a tal fine.
Si nota, a fronte di una legislazione che raccomanda l’integrazione in ambiente normale,
una coabitazione tra unità di istruzione speciale e classi normali nelle scuole, con un programma basato sui programmi ordinari, sia
pure adattati alle diverse necessità. Esistono
anche scuole speciali, che accolgono soggetti
con patologie particolarmente severe.
Danimarca
Gli allievi che presentano un handicap nel
campo dell’istruzione vengono definiti «allieGran Bretagna
speciale
ordinario
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5
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età
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Lussemburgo
speciale
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ordinario
età
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Spagna
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speciale
ordinario
4
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vi il cui sviluppo richiede una attenzione o un
sostegno specifico». Tale necessità non viene
identificata sulla base di una categoria tradizionale di handicap, o su metodi di misurazione obiettiva, bensì sulla particolare situazione
di ciascun allievo, e sulle esigenze del sistema
scolastico.
L’istruzione specializzata prevede le seguenti modalità: integrazione dell’allievo in
classe normale, con un particolare sostegno
per alcuni insegnamenti, o con l’esenzione alla frequenza di alcune discipline; iscrizione
ad una classe speciale, situata o in scuola normale o in istituto specializzato; iscrizione ad
una classe speciale o a una scuola normale,
con la possibilità di partecipare variamente ad
insegnamenti effettuati all’interno di una o
dell’altra.
Portogallo
L’integrazione nell’insegnamento normale è
definita dalla legge n. 319 del 1991, la quale
stabilisce che per “istruzione speciale” debba
intendersi un insieme di risposte alle esigenze
speciali dei bambini e dei giovani che frequentano una scuola dell’insegnamento normale. Il regime speciale di istruzione prevede
l’adattamento delle condizioni in cui si svolgono l’insegnamento e l’apprendimento degli
Danimarca
speciale
ordinario
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7
19
età
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Portogallo
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speciale
I
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II
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10
III
12
ordinario
15
6
18
età
15
allievi con particolari necessità, richiedendo
che l’integrazione avvenga in un ambiente
non ristretto e con una pianificazione individualizzata dell’insegnamento, ivi comprese
particolari tecnologie e materiali specifici.
Italia
La legge n. 517 del 1977 ha soppresso le classi di transizione e le classi speciali, e precisa
che il termine “handicappato” o “portatore di
handicap” viene impiegato per designare «un
soggetto che manifesta deficienze psichiche,
fisiche o sensoriali le quali causano incapacità, più o meno accentuate, tali da influire
negativamente sui suoi rapporti con gli ambienti scolastici e di altro genere». Essa indica
inoltre le forme particolari di sostegno tecnico
necessarie alla realizzazione di questa iniziativa. «Sembra però giusto ricordare che fin dal
1971 la legge n. 118 sulla provvidenze in favore degli invalidi civili, che comprendevano
per la prima volta anche gli handicappati psichici, stabiliva per essi che l’istruzione
dell’obbligo dovesse avvenire nelle classi normali della scuola pubblica» (Giordano, 1978).
Al termine “inserimento”, spesso utilizzato
- soprattutto negli anni passati - per definire la
frequenza scolastica dei disabili, si preferisce
ora quello di “integrazione”, che corrisponde
non solo ad uno spostamento semantico, ma
anche ideologico e operativo, effettivamente
vivo nel sistema scolastico italiano.
In Italia l’insegnamento speciale è compreso nell’insegnamento normale. Le classi speciali sono state abolite, ma è necessario segnalare che alcune di esse sopravvivono in
istituti destinati all’assistenza di soggetti gravi. Il soggetto portatore di handicap è liberamente ammesso nella scuola normale, ha diritto a fruire di un insegnante di sostegno, il
quale gode della co-titolarità della classe in
cui egli viene iscritto. Il rapporto tra insegnanti di sostegno e studenti disabili è stato
stabilito per legge in 1:4, anche se è possibile
talvolta ottenere, in particolari casi, una deroga fino a raggiungere un rapporto 1:1, che ovviamente copre l’intero orario scolastico.
Italia
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speciale
ordinario
3
6
6
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11
14
età
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TD n.5 Inverno 1994
ORGANIZZAZIONE
DELL’INSEGNAMENTO E DELLA
VITA SCOLASTICA
Ammissione a scuola
Le modalità di ammissione a scuola di un allievo disabile variano notevolmente a seconda
del Paese. In alcuni Paesi, essa è decisa da
una commissione che convoglia competenze
medico-psicologiche e amministrative, la quale delibera dopo una valutazione dell’allievo
stesso. Tale valutazione, a seconda della nazione, può essere effettuata soltanto in vista
dell’orientamento del bambino verso la struttura più adatta al suo tipo di handicap, oppure
può essere rivolta ad una valutazione delle
esigenze specifiche nel campo della sua istruzione.
Le decisioni assunte in tali sedi in genere
sono anche accompagnate dalla messa a disposizione di insegnanti di sostegno, di aiuti e
di mezzi atti anche a meglio orientare il soggetto.
In generale, i genitori sono garantiti nella
possibilità di fare ricorso in caso di disaccordo con l’autorità amministrativa; talvolta il
parere dei genitori è vincolante, altre volte
può esserlo quello dell’amministrazione o del
potere giudiziario.
In altri Paesi l’ammissione di un allievo che
manifesta esigenze educative speciali è più
semplificata e può ridursi alla semplice richiesta da parte dei genitori o dell’insegnante
inviata al sistema specializzato, il quale può
intervenire per aiutare l’insegnante a svolgere
la sua attività nel ciclo normale.
L’interpolazione di commissioni che decidono o propongono l’ammissione in un istituto scolastico normale sembra porre alcuni
problemi: per esempio, si osserva in tali casi
una considerevole tendenza di orientamento
dei bambini verso il ciclo speciale. Ciò farebbe pensare che gli insegnanti del ciclo normale hanno la tendenza ad indirizzare gli allievi
che manifestano difficoltà scolastiche verso la
commissione, da cui essi sono poi avviati verso l’insegnamento speciale.
In alcuni Stati (per esempio i Paesi Bassi) si
constata un aumento progressivo o una stabilizzazione del numero di allievi nel ciclo speciale, mentre la popolazione scolastica è in diminuzione; questo fenomeno sembra suggerire
che si tenda ora a trovare risposte in chiave
peggiorativa e specialistica per difficoltà scolastiche precedentemente “assorbite” dal ciclo
normale. Si tratta, per esempio, di allievi con
difficoltà di apprendimento, compresi talvolta
i bambini stranieri che incontrano ostacoli con
la lingua nazionale, i figli degli zingari, i bambini che hanno problemi di origine sociale.
Progetto educativo individualizzato
Oltre ad una valutazione iniziale e varie revi-
sioni periodiche della situazione clinica, la
maggior parte dei Paesi prevede che per ciascun allievo disabile sia stilato e posto in atto
un progetto educativo individualizzato.
Generalmente, inoltre, esso prevede di essere diffuso o discusso in sedi coordinative, che
di solito comprendono anche la partecipazione della famiglia e dei servizi di orientamento
medico-psico-sociali esterni alla scuola.
Sembra esserci unanimità sulla concezione
che l’attuazione di tale piano permetta di seguire meglio e di occuparsi in modo più efficiente delle esigenze educative del bambino.
Tuttavia, poiché i documenti a nostra disposizione sono stati redatti soltanto in chiave amministrativa e burocratica, risulta difficile risalire sia agli aspetti contenutistici di questi
progetti sia agli approcci pedagogici cui essi
fanno riferimento.
Ambiente pedagogico
Unanimità di intenti si rintraccia anche nelle
dichiarazioni emanate intorno alle scelte più
prettamente pedagogiche. Da ogni parte si sostiene che l’insegnamento normale debba
adattarsi alle esigenze degli allievi e non il
contrario: integrare un bambino disabile, dunque, significa «accettarne la differenza
nell’ambito del gruppo classe e di conseguenza porre in atto una pedagogia differenziata,
pur mantenendo un insegnamento di alta qualità». Tuttavia, l’insegnante della scuola normale deve poter fruire dell’aiuto di insegnanti
specializzati per fare correttamente fronte a
situazioni di integrazione.
Tutti i Paesi auspicano una cooperazione tra
gli insegnanti dell’ambiente normale e quelli
della scuola speciale, e sottolineano inoltre la
necessità di un coordinamento di tutti i mezzi
locali per ragioni di costo, efficacia, complementarità.
È anche necessario garantire all’allievo disabile un sostegno specifico durante l’insegnamento e al di fuori del gruppo classe, cosa
che può verificarsi sia con l’insegnante di sostegno sia con insegnanti itineranti. Si può
prevedere, in alcuni casi, l’esonero da alcune
attività che risultano impossibili a causa di un
handicap; inoltre devono essere tenuti in conto i tempi di esecuzione dell’allievo, le sue
peculiari capacità di memorizzazione, le sue
difficoltà specifiche. L’alleggerimento del piano di studi induce a riprendere in considerazione la valutazione dei progressi dell’allievo
disabile, che non deve avvenire sulla base di
norme prestabilite, bensì in relazione agli
TD n.5 Inverno 1994
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obiettivi stabiliti dagli insegnanti nell’ambito
del progetto educativo individualizzato.
Grande consonanza di posizioni si può ritrovare dunque nelle dichiarazioni e negli statuti legislativi dei Paesi membri, sul fatto che
il vero cambiamento ideale e operativo nel
campo dell’integrazione si giochi in grande
misura sul cambiamento dell’insegnante, che
deve apprendere a considerare questa particolare differenza come una delle tante “differenze” presenti nella sua classe, e a mettere in atto i comportamenti pedagogici adeguati.
9 Fonte: Commissione delle Comunità Europee (1990b) ‘La formation des enseignants
- tableaux comparatifs.
L’apport du Réseau
Activités Modèles Locales I: Intégration
Scolaire’, Bruxelles,
pubbl. Helios.
10 Fonte: vedi n.11.
Formazione degli insegnanti
Così individuata la centralità dell’insegnante,
restano da indagare i sistemi di formazione
dai quali gli insegnanti stessi provengono.
Una sintesi della durata della formazione iniziale e specializzata per insegnanti si trova nei
grafici 1 e 2.
Per quanto riguarda il grafico 1, relativo al9
la formazione iniziale, a sua ulteriore specificazione va detto che: in Germania la durata
della formazione varia a seconda delle regio-
Grafico 1: Formazione iniziale degli insegnanti nei diversi Paesi
5
4
3
2
1
B
DK
D
E
GR
F
IRL
I
L
NL
P
Grafico 2: Formazione degli insegnanti specializzati nei diversi Paesi
2
ni, tra quattro anni e mezzo e cinque anni e
mezzo; in Francia l’accesso all’insegnamento
nelle scuole normali segue una formazione
generale universitaria di non meno di due anni; in Spagna la formazione iniziale è suddivisa in opzioni della stessa durata, una delle
quali è l’istruzione speciale. Inoltre, sia in
Gran Bretagna che in Francia nella formazione iniziale sono previsti moduli inerenti
l’educazione specializzata.
Per quanto concerne invece la formazione
10
specializzata (grafico 2), essa è regolata da
corsi obbligatori di lunga durata per i seguenti
Paesi: Germania, Francia, Italia, Lussemburgo, Portogallo, Gran Bretagna; da corsi volontari di lunga durata in: Grecia, Paesi Bassi,
Danimarca, Irlanda; e può essere accompagnata da una formazione volontaria di breve
durata, come per esempio tirocini, seminari
in: Belgio, Spagna, Irlanda, Paesi Bassi, Gran
Bretagna.
Esiste dunque una grande variabilità nelle
formazioni previste, dalla situazione del Belgio in cui essa è soltanto volontaria e si fonda
sulla partecipazione a seminari, tirocini, visite
sul campo, a quella della Francia, dove è stato
istituito un diploma specifico che prevede sette opzioni suddivise per tipologia di handicap, cui si accede non soltanto attraverso la
frequenza di un regolare corso di studi, ma
anche dopo un certo periodo di tirocinio.
Sul versante dei contenuti, non è possibile
rintracciare (fatta eccezione per il caso del
Lussemburgo, che riporta con esattezza i piani di studio affrontati dagli insegnanti specializzati) indicazioni più precise sulle materie
apprese, e sulla loro articolazione reciproca.
Ogni rapporto nazionale fa però riferimento
alla necessità di una formazione iniziale che
comporti un modulo di sensibilizzazione ai
problemi dei soggetti disabili: ciò al fine di
permettere che qualunque insegnante possa
affrontare con i propri strumenti teorici
l’eventualità e i bisogni dell’integrazione. C’è
infine accordo generale sull’importanza di
una formazione continua, per assicurare l’aggiornamento e la preparazione degli insegnanti nel campo della disabilità, per esempio
in quello così promettente delle nuove tecnologie.
1
CONCLUSIONI
B
12
DK
D
E
GR
F
IRL
I
L
NL
P
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Come abbiamo visto, un dibattito ampio e
pluridisciplinare ha portato ad una grande
modificazione delle idee nel campo della fre-
quenza scolastica dei disabili, e conseguentemente ad una legislazione europea ricca di intuizioni e dichiarazioni all’avanguardia. Oggi
siamo di fronte da un lato ad un indebolimento del dialogo, e dall’altro ad un notevole divario tra i Paesi membri nel grado di adesione
ai principi comunitari.
Tale difficoltà nella realizzazione di un intento che si vorrebbe sforzo comune, viene
del resto riconosciuta dall’équipe di esperti di
HELIOS, se V. Soriano (1992), si riferisce
all’integrazione come ad una vera e propria
«sfida». Evidentemente sono ancora presenti
ostacoli ad un progresso nella direzione di
un’effettiva integrazione, anche se spesso si
celano dietro il desiderio di fornire il massimo
di assistenza e di risorse specialistiche al giovane disabile, del quale peraltro si ritiene procrastinabile l’ingresso nella comunità sociale.
Ciò significa che l’approccio consapevole
all’integrazione non può sussistere se non si
mantiene concettualmente vivo e forte il legame con le sue radici scientifiche ed epistemologiche, che devono anche dare un’impronta
incisiva ai contenuti pedagogici: ogniqualvolta la socializzazione è stata intesa soltanto come sterile accostamento di persone nello stesso ambiente, ciò ha contribuito a frapporre ulteriori ostacoli e a destituire di autorità e significato l’intero processo integrativo.
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