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(PDF) I sistemi scolastici europei verso l'integrazione dei disabili | Michela Ott - Academia.edu
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I sistemi scolastici europei verso l'integrazione dei disabili

1994, TD-Tecnologie Didattiche

Ripercorrendo il difficile cammino dell'integrazione scolastica del disabile e analizzando la sua diversa attuazione in Europa

I sistemi scolastici europei verso l’integrazione dei disabili Michela Ott, Serenella Besio, CNR - Istituto per le Tecnologie Didattiche Genova Ripercorrendo il difficile cammino dell’idea di integrazione scolastica del disabile e analizzando la sua diversa attuazione in Europa INTRODUZIONE 1 Un così grande fermento ideale ha avuto senz’altro molteplici radici, di varia ispirazione: sociale, scientifica, politica e di disparata provenienza: basti dire che l’idea di “vita autonoma e indipendente”, considerata ancor oggi obiettivo verso cui tendere le azioni comuni, è nata all’Università di Berkeley (California) nel corso degli anni ’60. Si trattò, per la precisione, di un movimento studentesco che in seguito assunse anche connotazioni politiche, portando all’emanazione di una legge anti-discriminazione, nella quale erano già comprese norme riguardanti l’accessibilità, i trasporti pubblici, l’assistenza individuale, ecc. 4 Nel campo delle azioni internazionali a favore dell’handicap, è stata rapidissima, in questi ultimi trent’anni, l’evoluzione delle idee che hanno dato vita al cammino normativo ed altrettanto veloce è risultata la loro applicazione pragmatica. Il panorama legislativo che ci si presenta è denso quindi di continue svolte ed innovazioni, formali e sostanziali, che vorremmo brevemente ripercorrere. A partire dagli anni Settanta, la Commissione delle Comunità Europee comincia a varare azioni specifiche a favore dei disabili, sia tramite il Fondo Sociale Europeo, sia attraverso gruppi di lavoro mirati. Nel 1981 viene istituita la Divisione “Azioni a favore degli Handicappati”, segno di un crescente interesse e dibattito su tale tematica. Sempre nello stesso anno, le Nazioni Unite proclamano l’Anno Internazionale delle Persone Handicappate e impostano le iniziative del decennio dal 1981 al 1991 in favore delle persone con disabilità. Nel biennio ’82-’84 il Parlamento Europeo nomina un comitato di esperti per la revisione e l’aggiornamento della legislazione in materia: in quegli anni si fa sempre più pressante la necessità di conoscere ed unificare gli interventi a favore dei disabili attuati in seno ai Paesi membri della Comunità Europea. È così che il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa adotta nel 1984 una risoluzio- TD n.5 Inverno 1994 ne per un programma completo di politica coerente in materia di riabilitazione e di riadattamento. Le elaborazioni successive di questo primo testo portano nel 1992 alla formulazione di un’altra raccomandazione del Comitato dei Ministri, in cui si traccia un programma-tipo di politica di riadattamento e di integrazione rivolto alle autorità nazionali. Le idee base qui sono quella dell’autonomia e della totale partecipazione del disabile alla 1 vita sociale. Questi due obiettivi passano attraverso una strada clinico-riabilitativa, ma anche, soprattutto, attraverso una strada di impegno sociale e di scelte politiche e comportamentali. Nel documento si sottolinea infatti come «il principio dell’autonomia di vita dei disabili presupponga la loro piena partecipazione alla vita sociale e il riconoscimento del loro diritto all’indipendenza» che prevede «il pieno riconoscimento del diritto ad essere diverso». Se soltanto dieci anni prima la disabilità veniva definita in base a parametri di normalità e tenendo in considerazione la sola “incapacità”, ora essa è valorizzata nella sua differenza, riconoscendone le specificità come apportatrici di un contributo positivo ed arricchente per gli altri. Non si sottolinea più soltanto il diritto del disabile ad una vita che sia paritaria agli altri membri della comunità, ma viene anche affermato il suo diritto ad essere diverso. L’handicap, inoltre, viene visto come uno svantaggio che emerge dal confronto con la comunità degli individui e non più come una caratteristica appartenente al disabile. I problemi che bisogna affrontare non riguardano dunque il singolo o una categoria specifica, ma la società nel suo insieme. Questo nuovo modo di porsi nei confronti del tema della disabilità si fa strada grazie anche ad una diversa immagine della società e dei suoi membri, visti in continuo cambiamento e reciproca interazione. Nell’ultimo decennio sono anche sorti alcuni progetti europei volti all’integrazione e all’autonomia delle persone disabili, tra i qua2 3 li i più rilevanti sono HELIOS, HORIZON e 4 TIDE. Molti di questi programmi puntano all’utilizzo di nuove tecnologie, universalmente accolte come potenti mediatori di autonomia, come elemento nuovo che può dare una svolta qualitativa alla vita dell’individuo disabile. BREVE STORIA DI UN’IDEA IN GRAN PARTE ITALIANA: L’INTEGRAZIONE NELLA SCUOLA DI TUTTI Il settore della scuola, di rilevanza cruciale, ha contribuito validamente alla diffusione delle idee di autonomia, autosufficienza, parità di diritti del disabile, fornendo grande impulso non solo alle idee ma anche alle soluzioni operative. L’origine di questo fermento può essere rintracciata nei movimenti, non solo studenteschi, del ’68-’69 in Europa. A questo periodo va fatta risalire anche la critica alle «prassi tradizionalmente svolte nell’assistenza agli handicappati, al ruolo selettivo che assume la scuola emarginando ampie fasce di bambini in difficoltà e alle funzioni e agli strumenti operativi delle équipes medico-psico-pedago5 giche» (Ammanniti et al., 1974). In Italia hanno avuto un ruolo fondamentale nella denuncia del modello selettivo di scuola, la pubblicazione, nel 1967, di Lettera a una professoressa di don Lorenzo Milani e la conoscenza della sua azione pedagogica contrapposta a quella tradizionale. Queste idee si sono poi sviluppate nel dibattito comune di forze sociali, politiche e sindacali, fino a giungere alla consapevolezza della necessità di procedere ad una profonda riforma dei servizi scolastici, sociali e sanitari. Sono sorte così in varie parti del territorio nazionale, le prime iniziative pilota di inseri- mento scolastico, vivificate da un clima generale favorevole alla partecipazione, alla condivisione di esperienze, ed anche all’approfondimento teorico. Tali esperienze si sono sviluppate lungo quattro direttrici: a) interventi all’interno dei centri di riabilitazione, i quali si sono aperti a collaborazioni con le direzioni didattiche locali; b) interventi realizzati da servizi gestiti da Enti Locali sensibilizzati; c) sperimentazioni strutturate realizzate dagli operatori scolastici; d) inserimento di disabili in una classe per iniziativa di singoli docenti, indipendentemente da progetti globali (Ammanniti et al., ivi). Il punto di partenza di queste iniziative è da ricercarsi nel rifiuto di situazioni considerate segreganti, in quanto esse «oltre a determinare una grave deprivazione sia di ordine socializzativo che in relazione allo scambio di informazioni e di esperienze, si ripercuotono negativamente sulla strutturazione dell’identità personale del bambino handicappato. […] Il processo di esclusione, d’altronde, coinvolge anche il nucleo famigliare […] spesso con un estraniamento dello stesso nucleo dal contesto sociale» (Ammanniti et al., ivi). È già presente, nella sostanza, il concetto di reale integrazione del soggetto disabile, ben diverso da una sua formale accettazione in chiave assistenzialistica. La legge n. 118 del 1971, e con maggiore chiarezza la legge n. 517 del 1977, connotano positivamente tali prime esperienze e sanciscono l’ingresso ufficiale degli alunni portatori di handicap nelle scuole normali, elementari e medie. A questa situazione, che vede, nel quadro europeo, l’Italia seconda soltanto alla Svezia (la quale tuttavia non apparteneva allora alla 6 Comunità), non corrisponde sempre (ancora tutt’oggi) analoga consapevolezza negli altri Paesi membri della CEE. Risale al 1978 una relazione ufficiale, stilata da I.S. Jørgensen, sull’istruzione speciale nella Comunità Europea, nella quale vengono dettagliatamente presi in esame i differenti sistemi di educazione speciale nei Paesi membri: vi si affermano, in sostanza, la necessità e l’utilità di sistemi, metodi, strategie “speciali” 7 per l’istruzione ai disabili. È durante una Conferenza organizzata nello stesso anno a Roma dalla Comunità Europea, in collaborazione con il Ministero della Pubblica Istruzione italiano, che questa relazione viene sottoposta a seria, approfondita e vivace discussione da parte di gruppi di rappresentanti nazionali. L’Italia, fresca delle proprie TD n.5 Inverno 1994 2 Handicapped people in the European Community Living Independent in an Open Society. Vedi scheda specifica in questo volume 3 Si occupa dell’integrazione economica, professionale e sociale delle persone con handicap e dei gruppi svantaggiati. 4 Technology Initiative for Disabled and Elderly people, progetto finalizzato specificatamente a stimolare la creazione di un mercato unico europeo nella tecnologia riabilitativa. Nasce dal riconoscimento delle crescenti difficoltà per i disabili e le persone anziane che vivono in una realtà, quella attuale, in cui si fa sempre maggiormente ricorso a strumenti tecnologici avanzati e sofisticati nelle attività quotidiane e negli ambiti di pubblica utilità. 5 Vale la pena ricordare, come fa Giordano (1974), che il pioniere della neuropsichiatria italiana Sante De Sanctis già nel 1968 affermava: «la selezione è sempre un compito delicato e gravido di conseguenze, perché difficilmente i soggetti selezionati, anche se hanno raggiunto notevolissimi miglioramenti, ritrovano la via del ritorno alla classe normale»; ed ancora, anticipando il concetto di integrazione: «l’educazione speciale è pur sempre educazione e, in un certo senso, ogni attività educativa è speciale, perché deve tendere alla individualizzazione. Quanto più prudenti saremo nell’allontanare gli allievi dal gruppo dei coetanei, tanto maggiori saranno le probabilità di farne dei membri efficienti della comunità in cui vivono, nei limiti delle loro possibilità». 5 6 In un rapporto svedese del 1978 indirizzato all’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) si afferma: «La società e le misure che essa adotta devono essere strutturate in modo tale da evitare la distinzione tra persone ‘devianti’ e ‘normali’. Per quanto buone siano le intenzioni verso coloro che si considerano devianti e per quanto avanzate siano le soluzioni speciali ad essi destinate, la conoscenza in tale campo ha ben scarsa utilità se priva l’individuo del diritto di vivere con la gente comune» (Giordano, 1978). 7 Un’idea della ‘tonalità’ della relazione può aversi anche soltanto dalla rilevazione della terminologia scelta dal suo autore, il quale aderisce a linguaggi burocratici e amministrativi e riferisce di ‘minorati, ritardati, mentalmente deficienti’: in un’epoca in cui già il termine ‘handicap’ affiancato da ulteriori specificazioni, aveva sostituito, nella direzione di un progressivo alleggerimento della forza dell’etichetta, quelli citati. recenti promulgazioni legislative, ha così un’occasione formale per affermare l’adesione ad un principio differente, quello dell’integrazione. Dirà infatti A. Giordano: «Se il nostro incontro a livello comunitario si dovesse limitare a studiare il miglior modo di organizzare un insegnamento ‘speciale’ degli handicappati, non varrebbe veramente la pena di discuterne, perché nulla di nuovo ne potrebbe risultare rispetto agli schemi elaborati nella prima metà del nostro secolo ed ormai dimostrati come ampiamente falliti. Conviene piuttosto spostare il fuoco della discussione sull’integrazione sociale dell’handicappato, a partire dall’agenzia di socializzazione primaria costituita dalla scuola […]». Sarà poi A. Milani Comparetti nella sua relazione di sintesi conclusiva, a sottolineare la divaricazione delle posizioni: «[…] appare con notevole chiarezza che si sono rese esplicite due tesi, apparentemente inconciliabili e sulle quali i delegati dei paesi della Comunità hanno preso posizione unanime per ogni nazione rappresentata, tanto che da un lato è schierata l’Italia e dall’altro tutti gli altri Paesi. […] Penso che questo sia dovuto anche al fatto che il concetto di integrazione è recente e innovatore rispetto a quello tradizionale basato su decenni di esperienza. […] Ma desidero invitare i delegati degli altri paesi della Comunità ad apprezzare l’entusiasmo con cui in questo paese si affronta l’impegno alla integrazione». Un entusiasmo, ed un impegno, che oggi con soddisfazione si vedono ampiamente accolti e riconosciuti nella normativa e nelle affermazioni della CEE. LE LEGISLAZIONI SCOLASTICHE DEI PAESI MEMBRI Dal 1981 il Consiglio ed i Ministri dell’Istruzione della Comunità raccomandano, infatti, agli Stati membri di assumere l’onere degli allievi handicappati nei sistemi normali di istruzione, pur riconoscendo il ruolo importante dell’insegnamento specializzato. In generale, l’esame dei sistemi specializza- scuola dell'obbligo possibilità di prosecuzione pre-scuola 6 formazione professionale scuola primaria scuola secondaria 1° livello scuola secondaria scuola secondaria 2° livello TD n.5 Inverno 1994 ti di istruzione permette di rilevare una grande diversità di concezione dell’integrazione scolastica, ed anche grandi divari nell’applicazione operativa del principio comunitario. Tre sono i gruppi individuabili, aldilà delle differenze nazionali relative anche alla storia socio-culturale di ciascuno stato: a) sistemi di istruzione speciale, basati su un tipo di insegnamento collegato ad un particolare tipo di handicap, con contatti scarsi o nulli con l’ambiente normale; b) sistemi di istruzione normale, in cui sono integrati gli alunni disabili, per i quali in genere vengono previsti particolari forme di agevolazione all’apprendimento; c) sistemi di istruzione mista, nei quali l’istruzione normale coesiste con l’istruzione speciale (cfr. Soriano, 1992). Il grado di integrazione degli studenti disabili può variare da luogo a luogo in proporzioni notevoli, e variano anche grandemente il tipo e la qualità delle interazioni tra i due sistemi. Abbiamo voluto, nel seguito, prendere breve8 mente in esame questi sistemi e queste differenze tenendo presente come le definizioni stesse di “allievo disabile” (talvolta risolte curiosamente in chiave tautologica) siano spesso conformi ai differenti gradi di integrazione attuati, alle modalità con cui l’insegnamento speciale viene dispensato ed al più o meno stretto rapporto con le strutture sanitarie e psico-pedagogiche. Di ciascun Paese, oltre a una breve descrizione, forniremo anche un grafico illustrativo del sistema scolastico “speciale” in relazione a quello ordinario. Diamo a lato una piccola legenda di aiuto alla comprensione delle tabelle. Belgio L’handicap è definito in rapporto all’insegnamento normale. Qualunque sia il tipo di handicap, il ricorso all’insegnamento speciale viene determinato dalle esigenze nel campo dell’istruzione manifestate dall’allievo: va stabilito, caso per caso, ciò che è possibile e ciò che è impossibile fare nell’ambito della “scuola ordinaria”. La legge sull’insegnamento speciale emanata nel 1970 stabilisce che «sono considerati allievi handicappati i bambini e gli adolescenti i quali, pur essendo adatti a ricevere un insegnamento, sono comunque inadatti a seguirlo in un istituto scolastico normale». Il sistema di istruzione specializzata si basa su otto tipi di insegnamento diverso, che ri- guardano una classificazione tipologica della disabilità (handicap mentale, comportamentale, fisico, sensoriale, disturbi dell’apprendimento). Alla divisione in tipi corrisponde una suddivisione in quattro forme di insegnamento, che mirano al raggiungimento di obiettivi via via più complessi, dal semplice adattamento sociale al recupero di competenze cognitive. La legge sull’insegnamento speciale prevede anche la possibilità dell’insegnamento a domicilio. Dal 1986 è in corso di attuazione progressiva un programma di insegnamento speciale integrato, il quale viene impartito nell’ambito dell’insegnamento normale, e si indirizza soprattutto ai disabili sensoriali o motori. Esso non riguarda invece i disturbi lievi, per i quali tradizionalmente è l’insegnamento ordinario a trovare risorse di recupero. Belgio 8 15 21 speciale 13 ordinario 2 6 12 6 18 15 16 età 18 Paesi Bassi 20 speciale 18 4 6 16 11 6 ordinario età 16 Germania 24 speciale Paesi Bassi L’insegnamento speciale è destinato agli allievi per i quali è stata constatata la necessità di un orientamento ortopedagogico e ortodidattico che non possa essere organizzato nell’insegnamento normale. Il termine “istruzione speciale” riguarda un sistema di istruzione completamente separato, ed è destinato a quei soggetti che richiedono l’applicazione di particolari metodologie pedagogiche e didattiche destinate a rimediare le loro carenze. I vari tipi di istruzione speciale sono suddivisibili in tre gruppi, riferibili alle seguenti tipologie di handicap: a) disturbi di apprendimento, ritardi mentali recuperabili e difficoltà di sviluppo; b) disturbi sensoriali e deficit fisici; c) grave ritardo mentale. Le quindici forme complessive di istruzione speciale attive nei Paesi Bassi sono costituite da scuole tra loro separate e in linea di massima specializzate per una solo tipologia.. 21 ordinario 3 6 6 10 16 15 16 sa diviene un orientamento metodologico che permette di conferire un appoggio pedagogico particolare al soggetto disabile, pur senza separazione istituzionale, e vuole, anzi, tener conto della necessità di favorire al massimo la vita in comune di allievi disabili e non disabili; in una terza accezione, infine, il termine integrazione può comprendere tutti i provvedimenti atti a migliorare le possibilità offerte ai disabili ai fini del loro inserimento sociale. L’istruzione speciale tedesca si suddivide sulla base di una categorizzazione delle tipologie di deficit, i quali vengono identificati in nove differenti tipi. Tutti gli allievi che manifestino difficoltà permanenti o temporanee, possono fruire di un sostegno pedagogico particolare, attraverso provvedimenti differenziati. Germania Si sostiene che ciascun allievo handicappato debba ricevere una formazione tale da rispondere alle sue particolarità individuali, in modo da poter essere integrato da un punto di vista sociale e professionale (i dati riferiti escludono ancora la riunione con l’ex DDR). Il termine “integrazione” è usato in accezioni molteplici e attuato in forme scolastiche differenti. Concepita soltanto come obiettivo, essa comprende tutti gli sforzi compiuti per aiutare i disabili a sviluppare la loro personalità e le loro potenzialità; in quanto mezzo, invece, es- Irlanda Soltanto dal 1981 è stato accettato il principio che l’insegnamento al disabile non debba necessariamente avvenire in istituzioni specializzate, poiché per tutti gli anni ’70 si riteneva che la presenza di un’anomalia fisica richiedesse in ogni caso la disponibilità di un sistema di istruzione speciale. Il Department of Education stabilisce ora che è sua politica ufficiale «fornire un’istruzione al numero più alto possibile di minorati fisici nelle scuole normali, sia elementari che secondarie, e vi TD n.5 Inverno 1994 19 età 19 8 I dati riportati provengono prevalentemente dal raccordo di documentazioni ufficiali della CEE disponibili per ora fino al 1992, che riguardano perciò dati raccolti precedentemente e sono relativi alle Nazioni afferenti alla CEE fino a quel periodo. Poiché a loro volta queste documentazioni sono state costruite sulle indicazioni fornite dai diversi Stati membri (in genere sulla base di questionari), risentono inevitabilmente della variabilità con cui i dati stessi sono stati raccolti e compilati: precisione, ricchezza (e talvolta anche pertinenza) delle informazioni senza dubbio risultano così disomogenee. 7 sono prove che questa politica sta ottenendo alcuni successi». Si sono dunque ora espansi in modo significativo i servizi di istruzione speciale all’interno delle scuole normali e soltanto lo 0,9% dell’insieme dei bambini in età scolare frequentano scuole speciali a loro destinate. L’insegnamento speciale è condotto da insegnanti di sostegno, che ricevono l’appoggio di colleghi itineranti, i quali si occupano in particolare di soggetti con difficoltà specifiche (p. es., disturbi sensoriali). Con l’applicazione della nuova normativa, inoltre, questi insegnanti, che prima impartivano solo lezioni di inglese e matematica, hanno ora il compito di valutare e diagnosticare la situazione dei servizi scolastici, oltre ad elaborare programmi individualizzati in collaborazione con i colleghi dell’insegnamento normale; essi inoltre partecipano all’insegnamento alla classe. Nell’insegnamento post-primario, invece, gli allievi disabili spesso vengono riuniti in una sola classe speciale nella quale possono seguire le materie principali. Francia Nel 1989 è stata pubblicata una nuova nomenclatura delle deficienze, che differisce lievemente da quella proposta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. La legge n. 534 del 1975 ha trasformato in obbligo nazionale l’istruzione dei disabili e la situa «di preferenza» nelle classi normali per tutti i bambini «che vi possono essere ammessi malgrado il loro handicap». L’importanza dell’integrazione scolastica viene riconosciuta come capitale da tutti i pronunciamenti legislativi successivi al 1975. L’istruzione dei disabili si situa di preferenza nelle classi ordinarie per tutti i bambini che vi possono essere ammessi malgrado il loro handicap. L’insegnamento speciale è ripartito tra il Ministero dell’Educazione nazionale e gli istituti medici, medico-pedagogici e socio-pedagogici sotto la tutela del Ministero degli Affari Sociali. I sistemi di scolarizzazione previsti sono due: la via prioritaria è quella dell’integrazione individuale, completa o parziale, in una classe normale, con sostegno pedagogico, psicologico, medico e/o paramedico; la scolarizzazione in classe speciale avviene comunque in ambiente scolastico normale, e prevede un numero di allievi non superiore a dodici ed un insegnamento impartito da docenti specializzati. Gli allievi che provengono dalle classi speciali possono poi proseguire la loro formazione in direzione professionale in appositi istituti specializzati che possono ancora una volta dipendere giuridicamente sia dal Ministero dell’Istruzione Nazionale sia dal Ministero degli Affari Sociali. Irlanda Grecia speciale 15 ordinario 4 6 12 17 6 età 16 Francia 15 21 speciale ordinario 3 6 11 16 6 19 età 16 Grecia La legge n. 1566 del 1988 definisce gli allievi che manifestano esigenze speciali nel campo dell’istruzione come «persone con esigenze speciali che hanno in generale deficienze specifiche o disfunzioni causate da fattori fisici, mentali o sociali in grado tale da far sì che sia loro assai difficile partecipare alla formazione generale o professionale, trovar un lavoro o partecipare pienamente alla vita della società». Il sistema di istruzione speciale non è distinto dal sistema generale, bensì ne fa parte. L’istruzione speciale è impartita a tutti i livelli del sistema scolastico. Le classi specializzate sono integrate nelle scuole ordinarie. speciale Gran Bretagna 12 ordinario 3.5 5.5 5.5 8 11.5 14.5 17.5 età 14.5 TD n.5 Inverno 1994 La legge sull’istruzione del 1981 definisce l’allievo che manifesta esigenze speciali in termini di «persona che evidenzia difficoltà di apprendimento significativamente più elevate di quelle che si osservano nella maggioranza degli individui della stessa età, oppure che reca un handicap che gli impedisce di impiegare le strutture didattiche fornite in generale nelle scuole dalle autorità competenti». La legge prescrive che i bambini i quali manifestano esigenze speciali nel campo dell’istruzione siano educati in scuole normali, tenendo conto dei desideri dei genitori e di altri fattori. Vengono anche offerti provvedimenti speciali nel campo della formazione, compatibilmente con le esigenze degli altri allievi. Sono state abolite le categorie statutarie di handicap come base per l’identificazione dei bambini che hanno bisogno di un’istruzione speciale. Pur tendendo generalmente all’integrazione dei disabili nelle classi normali, esistono una serie di norme destinate a far fronte ai vari aspetti delle esigenze dell’istruzione speciale, che variano - lungo otto diversi gradi - dall’integrazione in una classe normale di una scuola pubblica, fino all’accoglimento dell’allievo come interno di un collegio speciale. È prevista inoltre una importante rete di collegamento tra le scuole speciali e le scuole normali, che permette di passare rapidamente da una delle modalità di frequenza impostate per un soggetto, ad altre differenti. Lussemburgo Le classi speciali sono state istituite con una legge del 1963; la successiva legge del 1973 precisa che lo Stato si occupa di far sì che ogni bambino che non sia in grado di seguire l’insegnamento ordinario o speciale per le sue particolarità mentali, caratteriali o sensoriali, possa ricevere, nell’ambito del sistema di istruzione differenziato, l’istruzione richiesta dalle sue condizioni o dalla sua situazione. È soltanto allo stadio di progetto preliminare una legge a favore della partecipazione dei bambini disabili all’insegnamento normale e della loro integrazione scolastica. L’istruzione speciale prevede due tipi differenti di insegnamento: l’insegnamento speciale, che ha «l’obiettivo di conferire agli allievi, mediante metodi e mezzi adeguati, l’educazione, la rieducazione e l’istruzione di cui hanno bisogno» e che viene attuata in classi speciali situate nell’ambito delle scuole normali; e l’istruzione differenziata, destinata a soggetti con patologie più severe, che è collocata invece in centri e servizi appositamente approntati, tuttavia soggiacenti alla giurisdi- zione del Ministero dell’Istruzione Nazionale. La scelta di proporre ad un soggetto ed alla sua famiglia l’istruzione differenziata avviene dopo attente valutazioni del caso, evitando di suggerirla ogni qualvolta sembri possibile una evoluzione positiva nell’ambito dell’insegnamento prescolastico e primario. Spagna L’istruzione speciale è destinata, in via temporanea o permanente, alle persone per le quali risulta impossibile l’integrazione in ambiente ordinario. In ogni altro caso, i disabili possono essere integrati nel sistema di istruzione ordinaria, e, se necessario, debbono essere loro offerti programmi di sostegno e mezzi adeguati a tal fine. Si nota, a fronte di una legislazione che raccomanda l’integrazione in ambiente normale, una coabitazione tra unità di istruzione speciale e classi normali nelle scuole, con un programma basato sui programmi ordinari, sia pure adattati alle diverse necessità. Esistono anche scuole speciali, che accolgono soggetti con patologie particolarmente severe. Danimarca Gli allievi che presentano un handicap nel campo dell’istruzione vengono definiti «allieGran Bretagna speciale ordinario 2 5 11 16 5 18 età 16 Lussemburgo speciale 17 19 4 6 12 18 6 ordinario età 15 Spagna 21 speciale ordinario 4 6 6 TD n.5 Inverno 1994 14 18 età 14 9 vi il cui sviluppo richiede una attenzione o un sostegno specifico». Tale necessità non viene identificata sulla base di una categoria tradizionale di handicap, o su metodi di misurazione obiettiva, bensì sulla particolare situazione di ciascun allievo, e sulle esigenze del sistema scolastico. L’istruzione specializzata prevede le seguenti modalità: integrazione dell’allievo in classe normale, con un particolare sostegno per alcuni insegnamenti, o con l’esenzione alla frequenza di alcune discipline; iscrizione ad una classe speciale, situata o in scuola normale o in istituto specializzato; iscrizione ad una classe speciale o a una scuola normale, con la possibilità di partecipare variamente ad insegnamenti effettuati all’interno di una o dell’altra. Portogallo L’integrazione nell’insegnamento normale è definita dalla legge n. 319 del 1991, la quale stabilisce che per “istruzione speciale” debba intendersi un insieme di risposte alle esigenze speciali dei bambini e dei giovani che frequentano una scuola dell’insegnamento normale. Il regime speciale di istruzione prevede l’adattamento delle condizioni in cui si svolgono l’insegnamento e l’apprendimento degli Danimarca speciale ordinario 3 7 16 7 19 età 16 Portogallo 18 speciale I 3 II 6 10 III 12 ordinario 15 6 18 età 15 allievi con particolari necessità, richiedendo che l’integrazione avvenga in un ambiente non ristretto e con una pianificazione individualizzata dell’insegnamento, ivi comprese particolari tecnologie e materiali specifici. Italia La legge n. 517 del 1977 ha soppresso le classi di transizione e le classi speciali, e precisa che il termine “handicappato” o “portatore di handicap” viene impiegato per designare «un soggetto che manifesta deficienze psichiche, fisiche o sensoriali le quali causano incapacità, più o meno accentuate, tali da influire negativamente sui suoi rapporti con gli ambienti scolastici e di altro genere». Essa indica inoltre le forme particolari di sostegno tecnico necessarie alla realizzazione di questa iniziativa. «Sembra però giusto ricordare che fin dal 1971 la legge n. 118 sulla provvidenze in favore degli invalidi civili, che comprendevano per la prima volta anche gli handicappati psichici, stabiliva per essi che l’istruzione dell’obbligo dovesse avvenire nelle classi normali della scuola pubblica» (Giordano, 1978). Al termine “inserimento”, spesso utilizzato - soprattutto negli anni passati - per definire la frequenza scolastica dei disabili, si preferisce ora quello di “integrazione”, che corrisponde non solo ad uno spostamento semantico, ma anche ideologico e operativo, effettivamente vivo nel sistema scolastico italiano. In Italia l’insegnamento speciale è compreso nell’insegnamento normale. Le classi speciali sono state abolite, ma è necessario segnalare che alcune di esse sopravvivono in istituti destinati all’assistenza di soggetti gravi. Il soggetto portatore di handicap è liberamente ammesso nella scuola normale, ha diritto a fruire di un insegnante di sostegno, il quale gode della co-titolarità della classe in cui egli viene iscritto. Il rapporto tra insegnanti di sostegno e studenti disabili è stato stabilito per legge in 1:4, anche se è possibile talvolta ottenere, in particolari casi, una deroga fino a raggiungere un rapporto 1:1, che ovviamente copre l’intero orario scolastico. Italia 18 speciale ordinario 3 6 6 10 11 14 età 14 TD n.5 Inverno 1994 ORGANIZZAZIONE DELL’INSEGNAMENTO E DELLA VITA SCOLASTICA Ammissione a scuola Le modalità di ammissione a scuola di un allievo disabile variano notevolmente a seconda del Paese. In alcuni Paesi, essa è decisa da una commissione che convoglia competenze medico-psicologiche e amministrative, la quale delibera dopo una valutazione dell’allievo stesso. Tale valutazione, a seconda della nazione, può essere effettuata soltanto in vista dell’orientamento del bambino verso la struttura più adatta al suo tipo di handicap, oppure può essere rivolta ad una valutazione delle esigenze specifiche nel campo della sua istruzione. Le decisioni assunte in tali sedi in genere sono anche accompagnate dalla messa a disposizione di insegnanti di sostegno, di aiuti e di mezzi atti anche a meglio orientare il soggetto. In generale, i genitori sono garantiti nella possibilità di fare ricorso in caso di disaccordo con l’autorità amministrativa; talvolta il parere dei genitori è vincolante, altre volte può esserlo quello dell’amministrazione o del potere giudiziario. In altri Paesi l’ammissione di un allievo che manifesta esigenze educative speciali è più semplificata e può ridursi alla semplice richiesta da parte dei genitori o dell’insegnante inviata al sistema specializzato, il quale può intervenire per aiutare l’insegnante a svolgere la sua attività nel ciclo normale. L’interpolazione di commissioni che decidono o propongono l’ammissione in un istituto scolastico normale sembra porre alcuni problemi: per esempio, si osserva in tali casi una considerevole tendenza di orientamento dei bambini verso il ciclo speciale. Ciò farebbe pensare che gli insegnanti del ciclo normale hanno la tendenza ad indirizzare gli allievi che manifestano difficoltà scolastiche verso la commissione, da cui essi sono poi avviati verso l’insegnamento speciale. In alcuni Stati (per esempio i Paesi Bassi) si constata un aumento progressivo o una stabilizzazione del numero di allievi nel ciclo speciale, mentre la popolazione scolastica è in diminuzione; questo fenomeno sembra suggerire che si tenda ora a trovare risposte in chiave peggiorativa e specialistica per difficoltà scolastiche precedentemente “assorbite” dal ciclo normale. Si tratta, per esempio, di allievi con difficoltà di apprendimento, compresi talvolta i bambini stranieri che incontrano ostacoli con la lingua nazionale, i figli degli zingari, i bambini che hanno problemi di origine sociale. Progetto educativo individualizzato Oltre ad una valutazione iniziale e varie revi- sioni periodiche della situazione clinica, la maggior parte dei Paesi prevede che per ciascun allievo disabile sia stilato e posto in atto un progetto educativo individualizzato. Generalmente, inoltre, esso prevede di essere diffuso o discusso in sedi coordinative, che di solito comprendono anche la partecipazione della famiglia e dei servizi di orientamento medico-psico-sociali esterni alla scuola. Sembra esserci unanimità sulla concezione che l’attuazione di tale piano permetta di seguire meglio e di occuparsi in modo più efficiente delle esigenze educative del bambino. Tuttavia, poiché i documenti a nostra disposizione sono stati redatti soltanto in chiave amministrativa e burocratica, risulta difficile risalire sia agli aspetti contenutistici di questi progetti sia agli approcci pedagogici cui essi fanno riferimento. Ambiente pedagogico Unanimità di intenti si rintraccia anche nelle dichiarazioni emanate intorno alle scelte più prettamente pedagogiche. Da ogni parte si sostiene che l’insegnamento normale debba adattarsi alle esigenze degli allievi e non il contrario: integrare un bambino disabile, dunque, significa «accettarne la differenza nell’ambito del gruppo classe e di conseguenza porre in atto una pedagogia differenziata, pur mantenendo un insegnamento di alta qualità». Tuttavia, l’insegnante della scuola normale deve poter fruire dell’aiuto di insegnanti specializzati per fare correttamente fronte a situazioni di integrazione. Tutti i Paesi auspicano una cooperazione tra gli insegnanti dell’ambiente normale e quelli della scuola speciale, e sottolineano inoltre la necessità di un coordinamento di tutti i mezzi locali per ragioni di costo, efficacia, complementarità. È anche necessario garantire all’allievo disabile un sostegno specifico durante l’insegnamento e al di fuori del gruppo classe, cosa che può verificarsi sia con l’insegnante di sostegno sia con insegnanti itineranti. Si può prevedere, in alcuni casi, l’esonero da alcune attività che risultano impossibili a causa di un handicap; inoltre devono essere tenuti in conto i tempi di esecuzione dell’allievo, le sue peculiari capacità di memorizzazione, le sue difficoltà specifiche. L’alleggerimento del piano di studi induce a riprendere in considerazione la valutazione dei progressi dell’allievo disabile, che non deve avvenire sulla base di norme prestabilite, bensì in relazione agli TD n.5 Inverno 1994 11 obiettivi stabiliti dagli insegnanti nell’ambito del progetto educativo individualizzato. Grande consonanza di posizioni si può ritrovare dunque nelle dichiarazioni e negli statuti legislativi dei Paesi membri, sul fatto che il vero cambiamento ideale e operativo nel campo dell’integrazione si giochi in grande misura sul cambiamento dell’insegnante, che deve apprendere a considerare questa particolare differenza come una delle tante “differenze” presenti nella sua classe, e a mettere in atto i comportamenti pedagogici adeguati. 9 Fonte: Commissione delle Comunità Europee (1990b) ‘La formation des enseignants - tableaux comparatifs. L’apport du Réseau Activités Modèles Locales I: Intégration Scolaire’, Bruxelles, pubbl. Helios. 10 Fonte: vedi n.11. Formazione degli insegnanti Così individuata la centralità dell’insegnante, restano da indagare i sistemi di formazione dai quali gli insegnanti stessi provengono. Una sintesi della durata della formazione iniziale e specializzata per insegnanti si trova nei grafici 1 e 2. Per quanto riguarda il grafico 1, relativo al9 la formazione iniziale, a sua ulteriore specificazione va detto che: in Germania la durata della formazione varia a seconda delle regio- Grafico 1: Formazione iniziale degli insegnanti nei diversi Paesi 5 4 3 2 1 B DK D E GR F IRL I L NL P Grafico 2: Formazione degli insegnanti specializzati nei diversi Paesi 2 ni, tra quattro anni e mezzo e cinque anni e mezzo; in Francia l’accesso all’insegnamento nelle scuole normali segue una formazione generale universitaria di non meno di due anni; in Spagna la formazione iniziale è suddivisa in opzioni della stessa durata, una delle quali è l’istruzione speciale. Inoltre, sia in Gran Bretagna che in Francia nella formazione iniziale sono previsti moduli inerenti l’educazione specializzata. Per quanto concerne invece la formazione 10 specializzata (grafico 2), essa è regolata da corsi obbligatori di lunga durata per i seguenti Paesi: Germania, Francia, Italia, Lussemburgo, Portogallo, Gran Bretagna; da corsi volontari di lunga durata in: Grecia, Paesi Bassi, Danimarca, Irlanda; e può essere accompagnata da una formazione volontaria di breve durata, come per esempio tirocini, seminari in: Belgio, Spagna, Irlanda, Paesi Bassi, Gran Bretagna. Esiste dunque una grande variabilità nelle formazioni previste, dalla situazione del Belgio in cui essa è soltanto volontaria e si fonda sulla partecipazione a seminari, tirocini, visite sul campo, a quella della Francia, dove è stato istituito un diploma specifico che prevede sette opzioni suddivise per tipologia di handicap, cui si accede non soltanto attraverso la frequenza di un regolare corso di studi, ma anche dopo un certo periodo di tirocinio. Sul versante dei contenuti, non è possibile rintracciare (fatta eccezione per il caso del Lussemburgo, che riporta con esattezza i piani di studio affrontati dagli insegnanti specializzati) indicazioni più precise sulle materie apprese, e sulla loro articolazione reciproca. Ogni rapporto nazionale fa però riferimento alla necessità di una formazione iniziale che comporti un modulo di sensibilizzazione ai problemi dei soggetti disabili: ciò al fine di permettere che qualunque insegnante possa affrontare con i propri strumenti teorici l’eventualità e i bisogni dell’integrazione. C’è infine accordo generale sull’importanza di una formazione continua, per assicurare l’aggiornamento e la preparazione degli insegnanti nel campo della disabilità, per esempio in quello così promettente delle nuove tecnologie. 1 CONCLUSIONI B 12 DK D E GR F IRL I L NL P TD n.5 Inverno 1994 Come abbiamo visto, un dibattito ampio e pluridisciplinare ha portato ad una grande modificazione delle idee nel campo della fre- quenza scolastica dei disabili, e conseguentemente ad una legislazione europea ricca di intuizioni e dichiarazioni all’avanguardia. Oggi siamo di fronte da un lato ad un indebolimento del dialogo, e dall’altro ad un notevole divario tra i Paesi membri nel grado di adesione ai principi comunitari. Tale difficoltà nella realizzazione di un intento che si vorrebbe sforzo comune, viene del resto riconosciuta dall’équipe di esperti di HELIOS, se V. Soriano (1992), si riferisce all’integrazione come ad una vera e propria «sfida». Evidentemente sono ancora presenti ostacoli ad un progresso nella direzione di un’effettiva integrazione, anche se spesso si celano dietro il desiderio di fornire il massimo di assistenza e di risorse specialistiche al giovane disabile, del quale peraltro si ritiene procrastinabile l’ingresso nella comunità sociale. Ciò significa che l’approccio consapevole all’integrazione non può sussistere se non si mantiene concettualmente vivo e forte il legame con le sue radici scientifiche ed epistemologiche, che devono anche dare un’impronta incisiva ai contenuti pedagogici: ogniqualvolta la socializzazione è stata intesa soltanto come sterile accostamento di persone nello stesso ambiente, ciò ha contribuito a frapporre ulteriori ostacoli e a destituire di autorità e significato l’intero processo integrativo. Riferimenti Bibliografici AA.VV. (1990) Handicap e scuola. Il progetto HELIOS-CEE, a cura del 1° Circolo Didattico Porto Torres, Bruxelles, pubbl. 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