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Anfora

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Anfora di tipo Dressel 1B
Legenda : 1: orlo - 2: collo - 3: ansa - 4: spalla - 5: corpo - 6: piede

L'anfora (dal greco ἀμφορεύς, da ἀμφί + φέρομαι, "esser portato da entrambe le parti", attraverso il latino amphora) è un vaso di terracotta a due manici, definiti anse, di forma affusolata o globulare utilizzato nell'antichità per il trasporto di derrate alimentari liquide o semiliquide, come vino, olio, salse di pesce, conserve di frutta, miele, ecc. Si possono classificare in fenicie o puniche, greche, etrusche, della Magna Grecia (greco-italiche antiche) e romane.

L’anforologia[1] è la disciplina che si occupa di studiare le anfore per migliorare le conoscenze archeologiche e storiche dei popoli antichi che le utilizzarono; le anfore, infatti, costituiscono una ricca testimonianza del proprio tempo: attraverso di esse si possono capire le tecniche di fabbricazione utilizzate, si possono individuare i centri di produzione dei contenitori e dei contenuti, si possono ricostruire le antiche rotte commerciali e così via.

Classificazione

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Tipi diversi di anfore romane rinvenute negli scavi archeologici di Ercolano.

Per comodità le anfore vengono catalogate secondo “tipi” definiti dalla somma delle caratteristiche di alcuni elementi morfologici, considerati nel loro insieme; tuttavia, bisogna considerare che il concetto di “tipo anforico” è abbastanza elastico: di uno stesso tipo esistono numerose varianti dovute alla fabbricazione manuale, all’evoluzione locale e a quella imitativa di questi contenitori. La denominazione dei tipi anforici può discendere: dal nome di una località (es. Camuludunum 184), dal nome di uno studioso (es. Keay VI), dal nome di un inventario o da quello del contesto di scavo (es. Agora M273), o ancora da caratteristiche fisiche dell'anfora stessa (es. "hollow foot amphora") o dall'arco cronologico di diffusione (es. "Late Roman Amphora 2").

Per quanto riguarda le anfore di età romana, il primo studioso che si occupò di classificare tutti questi recipienti fu Heinrich Dressel. Nel 1872, con l'aiuto di padre Luigi Bruzza, iniziò a classificare i frammenti di anfore rinvenute sul monte Testaccio (Roma) e aventi almeno un bollo o un titulus pictus.

L'anfora come unità di misura

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Nell'antica Grecia le misure di capacità variavano a seconda che fossero destinate ai liquidi (μέτρα ὑγρά) o ai solidi (μέτρα ξηρά); nel caso dei liquidi, ad esempio, si utilizzava l'anfora (in greco antico: ἀμφορεύς?): un'unità di misura del volume che nel sistema attico di Solone corrispondeva a 72 cotili o a 1/2 metreta (19,44 litri).[2]

Con il termine anfora veniva indicata nel Cinquecento un'unità di peso e di capacità, utilizzata dai commercianti italiani, soprattutto veneziani. Veniva abbreviata con il segno @.[3][4]

L'anfora nella ceramica greca

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Anfora greca a figure nere, risalente al 550-540 a.C., raffigurante un vecchio re o un uomo seduto in mezzo a due uomini e due donne.

Il termine anfora (dal greco amphorèus) è utilizzato per una forma ceramica greca decorata, caratterizzata da un corpo rastremato inferiormente, con collo più stretto e due anse impostate sul collo e sulla spalla. A differenza dei contenitori da trasporto sopra descritti, che presentavano un piede appuntito atto a facilitare l'immagazzinamento sulle navi, le anfore avevano un fondo piatto che permetteva ad esse di sostenersi. Erano destinate a contenere liquidi o granaglie ed in alcuni periodi furono destinate ai rituali di sepoltura, impiegate come urne cinerarie o come segnacoli tombali.

Già conosciute in epoca micenea, in epoca greca se ne distinguono due principali tipi in base al profilo tra spalla e collo che può seguire una curva continua, ovvero presentare uno stacco netto. Per ciascuna forma sono osservabili sistemi decorativi precipui e determinati dalla tecnica di decorazione impiegata e dal periodo storico.

Anfore a profilo continuo

Questa forma è raramente presente al di fuori dell'Attica e compare già nel VII secolo a.C. divenendo comune in una forma rimodellata nel VI secolo a.C. Viene prodotta fino all'ultimo quarto del V secolo a.C. Se ne distinguono tre standard tipologici:

  • il più antico (diffuso nella prima metà del VI secolo a.C.) e più comune tra le varianti della forma è il tipo "B" che presenta anse cilindriche e piede "ad echino rovesciato";
  • il tipo "A", successivo (intorno alla metà del secolo), presenta un orlo svasato (trapezoidale) con anse quadrangolari solitamente decorate con foglie d'edera e piede a doppio scalino;
  • la variante meno diffusa è il tipo "C", utilizzato tra il 580 e il 470 a.C. circa. Si caratterizza per l'orlo a profilo rotondo invece che trapezoidale, mentre anse e piede variano.
Anfore a collo distinto

Furono le più antiche, ereditate dalla ceramica micenea. Per il periodo protogeometrico se ne conoscono con anse orizzontali, impostate sul ventre, e con anse verticali; queste ultime sono le più diffuse e danno origine alla forma più allungata che diviene comune durante il periodo geometrico. Per i periodi orientalizzante e a figure nere l'anfora a collo distinto assume diverse forme, ma la più diffusa resta quella tipica del periodo geometrico. Una nuova forma viene modellata a metà del VI secolo a.C. ad Atene, dove diviene la forma tipica nelle figure nere del periodo maturo: il corpo assume forma ovoidale e la spalla si appiattisce. La forma tipica del periodo a figure rosse si presenta smagrita e frequentemente con anse intrecciate.

Anfore panatenaiche

Tra le anfore con il collo distinto una variante è rappresentata dall'anfora panatenaica, con collo sottile e corpo largo fortemente rastremato verso il piede, creata ai tempi di Pisistrato e offerta come premio per le competizioni nelle Panatenee di Atene: presenta una decorazione dipinta tipica, sempre a figure nere (la dea Atena su un lato e la gara vinta sull'altro), fino al II secolo a.C. A partire dal IV secolo a.C. le anfore panatenaiche sono datate dall'iscrizione del nome dell'arconte eponimo. La forma tende a smagrire e ad allungarsi col tempo fino a perdere nel IV secolo a.C. l'aspetto originario dell'anfora a collo distinto. Furono prodotte anche anfore della medesima forma ma con diverse decorazioni, a volte più piccole, forse come souvenir.

Anfore nicosteniche

Un'altra variante particolare era l'anfora nicostenica, che prende il nome dal suo creatore, il vasaio Nikosthenes, il quale ne produceva esemplari destinati unicamente al mercato etrusco. Presenta anse piatte che partono dall'orlo e collo a profilo tendenzialmente conico che raggiunge alla base quasi la larghezza massima del ventre. La forma dell'anfora nicostenica deriva da quella dell'anforetta a spirale, una tipologia vascolare frequentemente rinvenuta nelle sepolture villanoviane e orientalizzanti.[5]

Anfore nolane

Prendono il nome da Nola, luogo di rinvenimento di numerosi esemplari; sono una versione più piccola dell'anfora a collo distinto, frequenti nella prima metà del V secolo a.C. Presentano collo svasato, ampio orlo convesso e anse crestate; la versione con anse doppie, ciascuna composta da due sezioni cilindriche, è chiamata doubleen.

Anfora tirrenica

È una variante con corpo meno espanso prodotta a partire dal 575 a.C. circa e destinata all'esportazione in Etruria.

Anforisco

È un'anfora di piccole dimensioni con piede a punta usata per la conservazione degli oli profumati.

  1. ^ Emilio Rodríguez Almeida, Il Monte Testaccio: ambiente, storia, materiali, Roma, Quasar, 1984, pp. 147-151.
  2. ^ Guy Rachet, Marie Francoise Rachet (a cura di), Dizionario Larousse della civiltà greca, Roma, Gremese Editore, 2001, pp. 157-158, ISBN 9788884401076.
  3. ^ Federigo Melis, Documenti per la storia economica dei secoli 13.-16., Firenze, Olschki, 1972, pp. 114 e 569.
  4. ^ Matilde Paoli (a cura di), Significato e origine del simbolo @ denominato comunemente chiocciola, su Sito dell'Accademia della Crusca. URL consultato il 18 agosto 2019.
  5. ^ Mario Torelli, L'arte degli Etruschi, Roma-Bari, Laterza, 1985, p. 326.
  • Tommaso Bertoldi, Guida alle anfore romane di età imperiale. Forme, impasti e distribuzione, Espera, 2012, ISBN 8890644354.
  • Alessandra Caravale e Isabella Toffoletti, Anfore antiche. Conoscerle e identificarle, Ireco, 1997, ISBN 8886253044.
  • Robert Manuel Cook, Greek Painted Pottery, London ; New York, Routledge, 1997, pp. 209-212, ISBN 0-415-13860-4.
  • Andrew J. Clark, Maya Elston; Mary Louise Hart, Understanding Greek vases : a guide to terms, styles, and techniques, Los Angeles, The J. Paul Getty museum, 2002, p. 66, ISBN 0-89236-599-4.
  • Mario Torelli, L'arte degli Etruschi, Roma-Bari, Editori Laterza, 1985, ISBN 88-420-2557-7.

Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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