E' storia recentissima il caso scoppiato sul "film" amatoriale su Maometto che ha surriscaldato il clima in Medio Oriente, portando all'assalto di diverse ambasciate occidentali. Siccome non è questa la sede ideale per parlarne, sia a causa dei vari contrasti religiosi -con cui non abbiamo nulla a che vedere-, sia perché il video incriminato nulla ha a che fare col vero cinema, abbiamo deciso di incentrare la nostra attenzione su una pellicola ben più ambiziosa, realizzata proprio quest'anno e incentrata su un omonimo del profeta fondatore dell'Islam, Maometto II (chiamato anche Fetih Il Conquistatore), il settimo sultano dell'Impero ottomano, figura di importanza storica per il popolo musulmano in quanto primo sovrano a varcare da conquistatore le mura di Costantinopoli. Un vero e proprio blockbuster in piena regola da un Paese, la Turchia, conosciuta più per prodotti d'autore o di cinema sociale che per kolossal storici di questa portata. L'operazione però, per quanto non priva di difetti come vedremo tra poco, ha avuto un'incredibile successo in patria e ottenuto una media voti su IMDB d'eccellenza.
Sogni di grandezza
Alla morte del padre, Maometto II (Devrim Evin) sale al potere e sin da subito il suo obiettivo diviene quello di conquistare Costantinopoli, governata dall'Imperatore Costantino (Recep Aktug). Nei preparativi per l'imminente guerra il sultano può contare sull'appoggio del fido Hasan (Ibrahim Celikkol), storico amico ed eccellente guerriero, del costruttore di cannoni Urban e di sua figlia Era, che instaurerà anche una romantica storia d'amore con lo stesso Hasan. Ma Costantino, preoccupato dalle possibilità di un lungo assedio, non esita a chiedere aiuto prima ai genovesi e ai veneziani, che vedevano il loro commercio in medio oriente minacciato dalle mire di Maometto, e in seguito al Papato, convinto che fosse meglio scendere ai patti con i cristiani cattolici (Costantinopoli era di fede ortodossa) piuttosto che vedersi invasi dalla religione musulmana. Il giorno di Pasqua del 1453 Maometto II giunge col suo numeroso esercito alle porte della città, iniziando uno scontro che entrerà nella storia.
"I venti ululano tra le ripide montagne"
Con un costo stimato di 17 milioni di dollari (il progetto più costoso mai realizzato in Turchia) e quasi tre anni di produzione, Conquest 1453 vuole mostrarci un nuovo, potenziale, gigantismo della cinematografia turca. Peccato che, nonostante tutti i buoni propositi e il coraggio di osare, il film sia ancora troppo ingenuo e imperfetto per imporsi tra i nuovi cult del filone epico / storico. Sono infatti troppe le debolezze di sceneggiatura e caratterizzazione dei personaggi, così che è difficile trovarsi a empatizzare con i protagonisti, interpretati senza troppa convinzione da nuove e vecchie star della scena nazionale. Non è un caso che, invece di simpatizzare per la figura di Maometto II, lo spettatore si concentri soprattutto sulla love story tra Hasan ed Era, unica sottotrama in grado di creare realmente qualche slancio emotivo. Il resto, complice anche delle interpretazioni non certo memorabili, che alternano prove discrete (in primis Costantino e il gran Visir) ad altre assolutamente inguardabili (soprattutto in alcuni, brevissimi, ruoli minori) è incapace di creare la giusta atmosfera in una storia che ne aveva tutte le potenzialità. Il budget infatti si vede soltanto nella lodevole cura per i costumi e scenografie e per la fotografia evocativa che ci regala alcuni suggestivi scorci, e per la battaglia finale realizzata più che discretamente e non priva di alcuni momenti ricchi di sofferta epicità. Il problema è che l'intera operazione vive di troppi alti e bassi, e anche la stessa regia di Faruk Aksoy (alla sua quarta prova dietro la macchina da presa) è altalenante, con alcune sequenze di un certo impatto e altre di derivazione prettamente televisiva. Un uso acerbo di effetti speciali nelle scene di massa (che appaiono comunque troppo povere, soprattutto per chi abituato "bene" coi blockbuster hollywoodiani) per i tempi attuali finisce per confinare Conquest 1453 nel limbo delle opere volenterose ma ancora prive di una propria identità e sicurezza che il cinema turco deve ancora raggiungere nel genere. Con un po' di impegno (e sicuramente un po' di soldi) in più, i risultati sarebbero stati sicuramente maggiori, ma allo stato dei fatti ci sentiamo di consigliarne la visione solo agli strenui appassionati.
Il film più costoso della cinematografia turca è un'opera imperfetta, coraggiosa ma ancora troppo ingenua per dire la sua in un genere dove il budget ha comunque la sua importanza. A dispetto infatti di una certa attenzione per costumi e paesaggi, e una battaglia finale abbastanza coinvolgente, sono troppi i difetti di sceneggiatura e le debolezze recitative che troncano in buona parte l'atmosfera epica del contesto.