di Paolo Barosso
Tra i primi rilievi che increspano la pianura ad ovest di Torino, verso l’anfiteatro morenico di Rivoli, si trova il centro di Rivalta. Già dal toponimo, derivante dal latino Ripalta, cioè riva alta, s’intuisce la conformazione fisica del luogo.
Su una motta che sfiora i 300 metri, in posizione di leggero dominio sul pianoro circostante e sul corso del torrente Sangone, sorge il Castello Orsini, una delle più significative testimonianze dei secoli medievali rivaltesi, insieme con il ricetto e l’abbazia cistercense, di cui rimangono purtroppo scarse tracce.
Il fascino del castello, la cui presenza è attestata per la prima volta in un documento del 1029, risiede nella commistione di elementi architettonici che risalgono al Medioevo, soprattutto al periodo compreso tra XII e XIV secolo (quando il complesso assunse l’aspetto attuale), e rifacimenti in prevalenza ottocenteschi, dovuti a interventi ispirati al revival medievale di Alfredo D’Andrade e Riccardo Brayda, che s’innestano però in modo armonico sulle costruzioni antiche, senza stravolgerne l’impianto.
Tra le parti originarie del complesso segnaliamo il Torrione sud, la parte più antica, che presenta i caratteri tipici del dongione, con ingresso al secondo piano raggiungibile tramite scala amovibile e nella parte inferiore una cappella gotica, realizzata in fase successiva, che mostra tracce di affreschi, e la cinta muraria, rialzata nel settore occidentale in corrispondenza dell’ingresso principale, con la caratteristica tessitura muraria formata da ciottoli del Sangone disposti a spina di pesce.
Il maniero, in origine un semplice fortilizio composto da uno o più torrioni con funzione sia difensiva che abitativa protetto da un fossato con palizzata lignea, appartenne ininterrottamente dalla sua fondazione sino al 1823 alla stessa famiglia, originariamente menzionata nei documenti come signori di Ripalta, e solo in una seconda fase, a partire dal XVI secolo, nota come conti Orsini.
Il motivo di questo cambiamento onomastico rimane avvolto nel mistero: c’è chi ipotizza legami con la corte pontificia, in particolare con papa Benedetto XIII, che era un Orsini ed ebbe rapporti con i Signori di Rivalta (donando loro le reliquie di San Generoso), e chi invece lo spiega con l’abitudine di molte famiglie dell’epoca, desiderose di accrescere il proprio prestigio, d’inventarsi antenati illustri o di legare il proprio nome a quello di importanti famiglie principesche vicine alla curia papale, come appunto gli Orsini di Roma.
Tra gli ambienti più suggestivi del castello, nella sua parte residenziale, frutto di successive aggiunte e rimaneggiamenti, vi è senza dubbio il cortiletto interno che ben riflette l’immagine idealizzata e romantica di Medioevo incardinata nell’immaginario collettivo, con il pozzo quattrocentesco al centro, studiato per garantire l’autonomia nell’approvvigionamento idrico anche in caso di assedio, e i due dipinti a secco realizzati sulle pareti, entrambi di fattura ottocentesca, ma ricalcati fedelmente su modelli presenti nel castello valdostano di Fénis, raffiguranti l’uno San Giorgio nell’atto di trafiggere il drago e l’altro un elegante San Michele.
Qui si ammira anche un’epigrafe che evoca un periodo felice per il castello quando, passato di mano nel 1823 dall’ultimo Orsini a Cesare della Chiesa conte di Benevello (fondatore e primo presidente della Società Promotrice delle Belle Arti) divenne sede di incontri letterari e artistici ospitando personaggi illustri. Tra questi, la lapide ricorda il grande romanziere francese Honoré de Balzac che, soggiornando nel maniero di Rivalta, scrisse in omaggio alla consorte del castellano, Polissena di Benevello, il Cheval de Saint Martin, e, ispirato dal luogo e dalle memorie, si definì Piémontais pour un moment.
La Rivalta medievale sorse in posizione strategica, su una diramazione della Via Francigena (che non era un percorso unitario, bensì un fascio di vie) che consentiva, provenendo dalla Valsusa, di aggirare Torino e proseguire verso il Monferrato tramite il ponte di Testona. I signori locali, in origine custodes castri, acquisirono il controllo sul territorio costruendo il proprio potere tra XI e XII secolo, all’indomani della morte della comitissa Adelaide (1091) e della conseguente disgregazione della Marca arduinica torinese, destreggiandosi abilmente, con artifizi politici e matrimoni combinati, tra forze antagoniste, come il Vescovo di Torino, che vantava diritti, e i conti di Moriana-Savoia, che alla fine prevalsero.
Le memorie medievali di Rivalta non comprendono solo il castello, ma anche il ricetto, di cui sopravvivono la tessitura viaria, ancora leggibile, importanti segmenti di cinta difensiva e una delle tre torri d’accesso, oggi nota come Torre Civica, posta a guardia dell’ingresso occidentale, la chiesa campestre dei Santi Vittore e Corona, che conserva un importante ciclo di affreschi di scuola jaqueriana, di recente recuperati, e soprattutto la potente fondazione monastica cistercense dei Santi Pietro e Andrea (già prevostura regolare).
L’insediamento monastico, già documentato alla fine dell’XI secolo come dipendenza di San Lorenzo d’Oulx, poi affidato ai Cistercensi dal 1254, ebbe massimo splendore tra XII e XIV secolo, per poi declinare, destino comune a molti monasteri, ed essere soppresso nel 1792. Risale al 1813 l’abbattimento della chiesa abbaziale, e oggi dell’originario complesso, cui appartenevano anche la Cascina della Commenda e il Mulino, sopravvivono, visibili dentro la cappella ottocentesca, i resti della chiesa canonicale, risalente all’XI secolo, a sua volta innestata su un precedente luogo di culto, mentre della chiesa successiva, costruita nel XII secolo, è leggibile solo lo sviluppo planimetrico nell’area archeologica esterna.
A questa seconda fase costruttiva appartengono i reperti rinvenuti durante le campagne di scavo, in particolare quattro capitelli istoriati attribuiti alla bottega del maestro Nicolao, attivo alla Sacra di San Michele, e acquisiti nel 1932 alle collezioni del Museo Civico di Arte Antica, oggi esposti in Palazzo Madama a Torino.
Del periodo barocco ricordiamo la chiesa di Santa Croce, contenente, nell’omonima cappella, le reliquie di San Generoso, donate dall’ultimo Orsini alla Confraternita, mentre la parrocchiale, pur risalente alla fine del Quattrocento, venne ampiamente rimaneggiata nei secoli, prima con interventi a cura degli architetti Bernardo Antonio Vittone e Benedetto Alfieri, poi verso il 1890 dell’architetto e ingegnere Giovanni Angelo Reycend, che ne ridisegnò la facciata, infine verso il 1930 con l’aggiunta dell’ardito campanile.
Per concludere il breve tour alla scoperta di Rivalta, chi ama la tradizione gastronomica potrà deliziarsi partecipando all’annuale Sagra del Tomino, produzione casearia locale acquistabile presso i punti vendita del caseificio Quaranta nel centro del borgo.
Per chi volesse informazioni sulle visite e l’accessibilità ai monumenti di Rivalta, rivolgersi all’Associazione Rivalta Millenaria collegandosi al sito rivaltamillenaria.it
Fonti bibliografiche
Associazione Rivalta Millenaria (a cura di), 1016 in loco et fundo Rivalta, 2016
Rinaldo Comba e Luca Patria (a cura di), L’abbazia di Rivalta di Torino nella storia monastica europea, ed. Società Studi Storici, Archeologici ed Artistici della provincia di Cuneo, Cuneo 2017
Sito internet rivaltamillenaria.it