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L'altro creatore dell'Uomo Ragno - Il Post

L’altro creatore dell’Uomo Ragno

La storia di Steve Ditko, "il J.D. Salinger del fumetto", che non si fa fotografare e non rilascia un'intervista dagli anni '60

Mercoledì 4 luglio è uscito nei cinema italiani The Amazing Spiderman diretto da Marc Webb, il primo episodio di una nuova trilogia di film dedicati all’Uomo Ragno dopo quella di grande successo uscita tra il 2002 e il 2007, diretta da Sam Raimi. Prima della trilogia di Raimi, all’Uomo Ragno erano stati dedicati solo un paio di film di scarso successo alla fine degli anni Settanta, derivati da una serie televisiva e distribuiti solo fuori dagli Stati Uniti.

L’Uomo Ragno nacque come un personaggio dei fumetti della Marvel Comics. Quelli che inventarono il personaggio e ne disegnarono l’aspetto furono Stan Lee e Steve Ditko, ma mentre il primo, a 89 anni, è una personalità molto conosciuta, che partecipa a molti eventi pubblici e ha avuto un grande successo professionale grazie al suo lavoro nei fumetti, di Steve Ditko si sa molto meno. Pochi giorni fa se ne è occupato il New York Post, raccontando un po’ della sua storia e che cosa fa oggi.

Ditko ha 84 anni e vive a New York mantenendo una grandissima riservatezza: ha lavorato nel mondo dei fumetti fino alla fine degli anni Novanta, ma non rilascia interviste dagli anni Sessanta e non partecipa mai a eventi pubblici. L’ultima sua fotografia disponibile risale a 53 anni fa. Nonostante sia poco familiare al grande pubblico, il contributo di Ditko alla creazione del personaggio dell’Uomo Ragno è stato fondamentale.

Nel 1962, gli autori della casa editrice di fumetti di New York Marvel Comics erano alla ricerca di nuove idee per un personaggio, dopo il grandissimo successo della serie dei Fantastici Quattro creata da Stan Lee e Jack Kirby. Come andò, precisamente, non è chiaro: l’idea iniziale venne a Lee, che passò un breve riassunto dell’eroe che aveva in mente – incentrato sull’idea innovativa di un personaggio adolescente e “ordinario” – a Kirby. Ma poi giudicò il primo tentativo fatto da Kirby di mettere sulla carta la sua idea troppo “eroico”, e si rivolse a Steve Ditko, che allora aveva 37 anni e lavorava alla Marvel dal 1955.

Ditko aveva già disegnato parecchie storie a fumetti, soprattutto di fantascienza e horror. Dopo che Lee si rivolse a lui, disegnò il celebre costume dell’Uomo Ragno, con il ragno al centro e la ragnatela sul petto, ma contribuì parecchio a formare il personaggio e soprattutto il suo alter ego umano, lo studente Peter Parker: Lee era molto impegnato nei ruoli dirigenziali della Marvel, per cui Ditko aveva un ruolo sempre più importante nei primi numeri del nuovo fumetto.

Intorno al fascicolo numero 10, Ditko stava scrivendo anche la trama, mentre Lee si limitava a scrivere i dialoghi una volta che le pagine erano già state disegnate. Ditko si concentrava più sui problemi quotidiani di Parker che sulle scene di azione e sui combattimenti, che occupavano solitamente gran parte delle pagine a fumetti degli albi dei supereroi. Ad esempio, spiega il New York Post, il numero 18 “non ha quasi nessuna scena con l’Uomo Ragno in costume”.

Lee era decisamente critico verso questa scelta e intorno al numero 25 della nuova serie di The Amazing Spider-Man non rivolgeva quasi più la parola a Ditko. In un’altra pubblicazione della Marvel che conteneva una breve presentazione dell’albo numero 18 dell’Uomo Ragno scritta da Lee, questi non faceva quasi nulla per nascondere il suo approccio difficile alla piega che aveva preso la nuova serie, scrivendo “Parecchi lettori odieranno di sicuro [il numero 18], e quindi se volete sapere di che cosa parlano tutte quelle critiche, assicuratevi di comprarne una copia.”

Nonostante i fumetti dell’Uomo Ragno cominciassero ad avere un crescente successo – che in pochi anni sarebbe diventato enorme – Ditko lasciò la serie con il numero 38, anche se questo successe senza litigi o gravi scontri. Nel 1966, dopo aver contribuito a diverse altre serie di grande successo, tra cui Hulk, Ditko se ne andò senza dare alcuna spiegazione. La quarantina di storie disegnate per l’Uomo Ragno rimarranno comunque i suoi lavori migliori. Come ha scritto il New York Times, erano “costruite intorno a corpi fragili e contorti che piroettano nello spazio” e “non assomigliavano a nessun fumetto prima di loro”. L’altro suo capolavoro sono i fumetti di Dr. Strange, il “maestro di arti mistiche”.

Secondo un suo biografo, Ditko continuò comunque a lavorare per il mondo dei fumetti e passò prima alla Charlton e poi all’altra famosissima casa editrice di fumetti statunitense, DC Comics. Con la Charlton, una casa editrice del Connecticut che pagava pochissimo e in cambio lasciava pubblicare agli autori più o meno quello che volevano, Ditko ha continuato a collaborare molto a lungo. Nonostante abbia lavorato o contribuito a creare alcune delle serie più famose della cosiddetta Silver Age del fumetto americano (tra le altre l’Uomo Ragno, Hulk, Iron Man, Blue Beetle), il suo lavoro non lo ha reso mai veramente ricco: alla Marvel lavorava per una cifra fissa per pagina e ancora oggi non ha i diritti sul personaggio, anche se riceve le royalties quando le serie vengono ristampate. Dai film non ha guadagnato nulla, nonostante il suo nome appaia nei crediti.

Ditko si è ritirato dal mondo dei fumetti nel 1998, anche se continua sporadicamente a pubblicare qualcosa, soprattutto per case editrici indipendenti. Continua a lavorare nel suo studio a Midtown Manhattan, a New York, ogni giorno per otto ore al giorno. Lavora da solo, dietro una porta d’acciaio che ha appesa la targhetta “S. Ditko”. Secondo alcuni, dorme nello studio – non si è mai sposato e non ha figli, ma anche questo punto è controverso – mentre secondo altri in un albergo vicino.

Quando The Post ha bussato alla sua porta, Ditko – che si è scoperto essere un uomo dall’aspetto solenne con qualche ciocca di capelli bianchi e le dita macchiate di inchiostro, che indossa grandi occhiali neri e una camicia bianca sbottonata con una maglietta bianca sotto – ha rifiutato con gentilezza ma fermamente di voler rispondere a qualsiasi domanda. “Non ho niente da dire”, ha detto, restando sulla porta del suo studio.

Nel 1999, Stan Lee scrisse una lettera aperta in cui disse che “considerava” Ditko come “co-creatore” dell’Uomo Ragno, e gli riconosceva quindi metà del merito. Ditko se la prese per quel “considerava” e da allora non parla più a Lee, così come ha interrotto tutti i rapporti con i colleghi della sua lunga carriera a causa di liti e diversità di opinione. Uno studioso della storia del fumetto, Blake Bell, ha scritto una sua biografia, riuscendo a mantenere un rapporto con lui abbastanza a lungo, ma nel 2003 Ditko si è convinto che sia lui che il suo editore erano “contro di lui” e ha interrotto tutti i rapporti (il libro è uscito poi nel 2008).

La vita di Ditko è completamente dedicata al lavoro, in accordo con gli insegnamenti di una corrente filosofica chiamata “Oggettivismo” creata a metà del Novecento da Ayn Rand, una scrittrice e filosofa statunitense di origini russe. L’Oggettivismo mette al centro del suo pensiero la logica e la ragione come strumento che l’uomo deve usare per rapportarsi alla realtà; allo stesso tempo, l’unico fine dell’uomo è la ricerca della propria felicità personale.

Fin dagli anni Sessanta, Ditko ha creato storie e personaggi profondamente influenzati dalla filosofia di Rand, spesso autopubblicando gli albi o collaborando con piccole case editrici indipendenti. Uno dei più curiosi è Mr. A, uno dei pochissimi personaggi di cui Ditko detiene i diritti: creato alla fine degli anni Sessanta, il suo nome viene dalla legge dell’identità della logica aristotelica, “A è A”. Mr. A, nella vita di tutti i giorni, è un inflessibile giornalista di nome Rex Graine, vestito interamente di bianco e noto per la sua incorruttibilità. A volte indossa una maschera e guanti di ferro, diventando così Mr. A, che annuncia il suo arrivo lanciando carte mezze bianche e mezze nere (a significare che non ci sono mezze misure, o si è buoni o si è cattivi).

La svolta esistenziale di Ditko non sembra aver fatto bene al suo lavoro, almeno secondo i critici: il New York Times ha descritto le sue storie, dopo la rottura con la Marvel, come

una serie infinita di fumetti maldestri sul fatto che A è A, non esistono zone grigie, eccetera. […] Ditko ha potuto ancora inventare immagini brillantemente disturbanti e il suo stile ha continuato ad evolversi, anche se le sue storie ripetono noiosamente “La rivolta di Atlante” e “La fontana meravigliosa” [due romanzi di Rand, pubblicati rispettivamente nel 1943 e nel 1957] alle spese del personaggio, della trama e in fin dei conti della sopportabilità. Negli anni Settanta era considerato un tipo strano e un po’ fuori moda; negli anni Ottanta era un ex successo commerciale, che accettava lavori a noleggio poco fortunati. […] Il ritratto che ne emerge è quello di un artista che ha ossificato i suoi principi in un’amara perversione.