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21: Giove ed Io

21: Giove ed Io

Titolo dell’opera: Giove e Io

Autore: Antonio Allegri, detto il Correggio (1489-1534)

Datazione: 1531 ca.

Collocazione: Vienna, Kunsthistorisches Museum

Committenza: Federico II Gonzaga (1500-1540)

Tipologia: dipinto

Tecnica: olio su tela (163,5 x 74 cm)

Soggetto Principale: Giove e Io

Soggetto secondario:

Personaggi: Giove, Io

Attributi:

Contesto:

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini: http://www.italica.rai.it/rinascimento/iconografia/prot_1333.htm

Bibliografia: Ricci C., Correggio, Casa Editrice d’Arte Valori Plastici, Roma 1929; Verheyen E., Correggio’s Amori di Giove, in “Journal of the Warburg and the Courtauld Institut”, 1966, XXIX, pp. 160-162; L’Opera Completa del Correggio, a cura di Quintavalle A.C., Rizzoli, Milano 1970; Gould C., The Paintings of Correggio, London 1976; Verheyen E., The Palazzo del Te in Mantua: images of love and politics, Johns Hopkins University Press, Baltimora 1977; Di Giampaolo M., Muzzi A., Correggio, Catalogo Completo dei Dipinti, I Gigli dell’Arte, Borgo Santacroce 1993; Fornari Scianchi L., Correggio, Ed. Scala, Firenze 1994; Ekserdjian D., Correggio, I Dipinti Mitologici, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 1997, pp. 279, 285, 286 e 290; Immagini degli Dei: mitologia e collezionismo tra ‘500 e ‘600, a cura di Cieri Via C., catalogo della mostra tenuta a Lecce, Leonardo Arte, Milano 1997; Fabiansky M., Correggio’s Jupiter and Io: Its Sources and Meaning, in “Source”, 1997, 17, 1, pp. 8-14; Humfrey P., Venezia 1540-1600, in La Pittura nel Veneto, Il Cinquecento, Electa, Milano 1998, vol. II, p. 505; Joannides P., Classicità e Classicismo nella Pittura Veneta del Cinquecento, in La Pittura nel Veneto, Il Cinquecento, Electa, Milano 1998, vol. III, pp. 1063-1064; La Pittura Rinascimentale: la gloria dell’arte europea, Electa, Milano 2000, p. 372; Riccòmini E., Sette Saggi sul Correggio, Silvana Editoriale, Cinisiello Balsamo 2003, pp. 67 e 68; Vienna, Kunsthistorisches Museum, a cura di Borghesi S., Electa, Il Sole 24 Ore, Milano 2005

Annotazioni redazionali: L’operafa parte di una serie di tele commissionate da Federico Gonzaga, duca di Mantova, con gli Amori di Giove (Giove e Io, Il Ratto di Ganimede, Danae, Leda e il Cigno a cui forse doveva aggiungersi anche Giove e Antiope). Vasari lascia una testimonianza parziale sul motivo della committenza scrivendo che Federico II ordinò due quadri a Correggio da consegnare all’imperatore Carlo V in occasione del suo viaggio in Italia del 1530. L’affermazione del Vasari è però ritenuta errata da alcuni critici: c’è chi sostiene che i dipinti dovevano essere inseriti nella Sala di Ovidio a Palazzo Tè a Mantova (Verheyen, 1966) e chi invece ritiene che le opere dell’artista emiliano fossero destinate fin dal principio al di fuori del palazzo mantovano (magari un palazzo spagnolo). Nel Trattato dell'arte della pittura, scoltura et architettura, edito a Milano nel 1584, Lomazzo scrive di aver visto i dipinti di Correggio che ritraggono Giove e Io e la Danae nella collezione d’arte di Leone Leoni. Ancora non è chiaro come fossero giunte nella collezione Milanese: c’è chi sostiene che le tele furono regalate a Leone da Filippo II, figlio di Carlo V; chi suppone che i quadri non furono più regalati all’imperatore e acquistati dal collezionista direttamente dal Correggio; chi infine dice che le tele, di proprietà di un favorito di Filippo II, Pérez, furono acquistate da Leoni dopo la sua caduta in disgrazia. Nel 1601 il figlio di Leoni, Pompeo, s’accordò con l’ambasciatore di Rodolfo II per vendere le tele della Danae e di Giove e Io, che presero la strada per Praga nel 1603. Dal 1621 Giove e Io fa parte della collezione del museo viennese. In quest’opera Correggio si distacca dall’iconografia tradizionale del mito: l’artista non ritrae Giove in forma umana avvolto da nubi per nascondere l’adulterio, ma sotto forma di nube; emergono i tratti di un volto che si avvicina alla giovane ninfa e un braccio che delicatamente la avvolge e la stringe a sé. Io, nuda e seduta su una roccia ricoperta da muschio su cui poggia un drappo bianco, è di spalle con le braccia aperte pronte ad accogliere il dio con la testa reclinata all’indietro. Nell’angolo destro davanti alla parete rocciosa un vaso, emblema dell’antico che indica un luogo nascosto e segreto, adatto ad un incontro amoroso; ai piedi di Io un cervo si sta abbeverando nelle acque di un fiume, inconsapevole o semplicemente disinteressato al piacere della ninfa. Per i rari osservatori che vedono nel dipinto un’allegoria cristiana la figura del cervo verrebbe ad associarsi al passo biblico del Salmo 42 in cui si dice “Come la cerva anela ai corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te, o Dio”; Cesare Ripa nel 1613 afferma, riferendosi al salmo, che l’animale che sta bevendo rappresenterebbe l’anima che desidera ardentemente Dio. Come Ripa anche Winckelmann propone la stessa chiave di lettura riguardo alla presenza dell’animale. Questa interpretazione allegorica appare improbabile data l’evidenza del messaggio erotico. In una corrispondenza epistolare tra Federico Gonzaga e il governatore di Parma Alessandro Caccia, avvenuta poco dopo la morte del Correggio, il duca chiede dove fossero i cartoni eseguiti dall’artista per la serie degli “Amori di Giove”: non si sa esattamente a che cosa servissero i cartoni menzionati; tra le varie proposte si è pensato potessero servire per una serie di arazzi, o che fossero dei cartoni con funzionalità di “opere di ripiego” da inviare al duca di Mantova (Gould, 1976), oppure che fossero i cartoni preparatori per la Sala di Ovidio all’interno di Palazzo Tè (Verheyen, 1966).

Maddalena Bertolini