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Volcacio Sedigito

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Volcacio Sedigito (in latino Volcacius Sedigitus; metà II-I secolo a.C.; Gallia?, 100 a.C. circa – ...) è stato un grammatico e filologo romano.

Di Volcacio ben poche informazioni sono note. Plinio il Vecchio, che lo chiama illustris in poetica[1], afferma che la famiglia avesse ottenuto il suo cognomen perché qualcuno in essa era nato con sei dita per mano. La sua origine potrebbe essere stata non romanaː infatti, Volcacius si riferisce alla Volcatia gens e ai Volcae, un popolo celtico[2].

Per quanto concerne la sua cronologia, poiché fa riferimento a poeti della fine del II secolo a.C., deve essere vissuto nella seconda metà di quel secolo.

Dai 4 frammenti del De poetis, in senari, 3 dei quali preservati da Svetonio nella Vita di Terenzio[3], risulta che questo poema trattava di autori della generazione precedente, con dettagli biografici e elenchi di opereː ad esempio, Svetonio riporta particolari della vita di Terenzio desunti proprio da quest'opera, mentre Aulo Gellio[4] riferisce che Volcacio avesse composto un index delle commedie di Plauto.

Il frammento più lungo, comunque, è un canone dei dieci migliori commediografi latini, giunto tramite la mediazione dell'erudito del II secolo d.C. Aulo Gellio, che lo trascrisse nelle sue Noctes Atticae[5]:

(LA)

«multos incertos certare hanc rem vidimus,
palmam poetae comico cui deferant.
eum meo iudicio errorem dissolvam tibi,
ut, contra si quis sentiat, nihil sentiat.
Caecilio palmam Statio do comico.
Plautus secundus facile exsuperat ceteros.
dein Naevius, qui fervet, pretio in tertiost.
si erit, quod quarto detur, dabitur Licinio.
post insequi Licinium facio Atilium.
in sexto consequetur hos Terentius,
Turpilius septimum, Trabea octavum optinet,
nono loco esse facile facio Luscium.
decimum addo causa antiquitatis Ennium

(IT)

«Noi molti già vedemmo, incerti, in lite
su qual poeta comico avesse
la palma. Grazie al mio giudizio io
ti scioglierò da questa incertezza,
perché, se poi qualcuno la pensasse
diversamente, egli smetta di farlo.
La palma io assegno al comico Cecilio.
Poi Plauto, per secondo, facilmente
supera gli altri. Poi Nevio ardente
al terzo posto. Se ci dovrà essere
un quarto posto, lo si assegnerà
a Licinio. Poi stimo che Attilio
segua Licinio. Al sesto posto segue
Terenzio, e Turpilio ottiene il settimo,
Trabea all'ottavo, e stimo facilmente
al nono posto Luscio. Al posto dieci
aggiungo, perché antico, Ennio

Pur trattandosi di un'opinione personale di Volcacio, risulta assai probabile che anche gli altri filologi contemporanei condividessero tale giudizio, in particolare per quanto riguarda l'assegnazione della palma a Cecilio Stazio[6]. Il canone dimostra, altresì, la diffusione, all'interno dei circoli ellenizzanti romani, della critica letteraria in versi, che rimonta all'esempio di Callimaco nei Pinakes.

  1. ^ Naturalis Historia, XI, 244.
  2. ^ Oskar Bandle-Kurt Braunmuller-Ernst Hakon Jahr-Allan Karker-Hans-Peter Naumann-Ulf Teleman, Nordic Languages: An International Handbook of the History of the North Germanic Languages, Berlin, de Gruyter, 2003, p. 578.
  3. ^ Capp. 3, 5, 9.
  4. ^ III 3, 1.
  5. ^ XV, 24, che riporta anche il titolo del poema.
  6. ^ Beare, p. 133.
  • Edward Courtney, The Fragmentary Latin Poets, Oxford, OUP, 2003, pp. 93–96.
  • William Beare, I Romani a teatro, traduzione di Mario De Nonno, Roma-Bari, Laterza, gennaio 2008 [1986], ISBN 978-88-420-2712-6..

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