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Astronomia a raggi X

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I raggi X sono una forma di radiazione elettromagnetica con lunghezza d'onda molto inferiore a quella visibile, compresa circa tra i 102 e 10−2 Ångström.

Essi, come tutta la radiazione elettromagnetica con lunghezza d'onda pari e inferiore a quella dell'ultravioletto (circa 3800 A), vengono fermati dall'atmosfera terrestre,[1] fattore indispensabile per la vita sul pianeta ma che costringe questo tipo di osservazioni ad essere svolte solo oltre determinate quote, poco più elevate dell'altezza massima raggiunta dall'aviazione civile, raggiungibili da palloni sonda o da osservatori e rivelatori orbitanti.

L'astronomia a raggi X ha permesso di definire le caratteristiche delle Pulsar, e di indagare tutti i tipi noti di stelle collassate (nane bianche, stelle di neutroni, supernovae, buchi neri...[2]), oppure resti di stelle e galassie attive che accelerano particelle ad altissime energie grazie a intensi campi magnetici. Gli studi hanno tuttora molte frontiere aperte sia riguardo all'ampliamento delle osservazioni descritte, che alla definizione della struttura interna delle stelle in funzione della loro massa.

L'Italia, con Bruno Rossi e il Premio Nobel per la Fisica del 2002 Riccardo Giacconi, definiti il "nonno ed il padre dell'astronomia a raggi X", si è particolarmente distinta per l'apporto dato a questa frontiera dell'astronomia.

Bruno Rossi mentre ispeziona il satellite Uhuru

L'avvio di questa branca dell'astronomia porta una forte impronta italiana. Bruno Rossi infatti, già collaboratore di Enrico Fermi nel progetto Manhattan iniziò a occuparsi nel 1946 di fisica dei raggi cosmici mentre insegnava al MIT e in particolare di raggi X. Nel 1958 con la nascita dell'American Science & Engineering (AS&E), Bruno Rossi ne entrò a far parte come presidente del consiglio di amministrazione e consulente scientifico e l'anno successivo chiamò a lavorare anche Riccardo Giacconi. Tra i primi successi sperimentali si annovera il lancio del primo razzo sonda munito di rivelatori per raggi X nel 1962. Il team di questo progetto oltre a Giacconi includeva, Herb Gursky, Frank Paolini, e Bruno Rossi. Con questa missione si rilevò la prima sorgente cosmica di raggi X al di fuori del sole,[3][4] Scorpius X-1 nella costellazione dello Scorpione.[5]

L'astronomia X ottenne un grande successo con il lancio del primo satellite interamente dedicato ai raggi X, Uhuru, lanciato nel 1970 col quale si eseguì una prima mappatura delle sorgenti X dello spazio. Si scoprì così che l'universo è pieno di oggetti che emettono raggi X, dai buchi neri alle pulsar, alle stelle binarie. È infatti dopo questa missione, che l'astronomia X assume pieno titolo tra la comunità scientifica internazionale. Fu presto chiaro che, per meglio comprendere i segreti del cielo, invece di rilevare semplicemente i raggi X, sarebbe stato utile compiere osservazioni con un telescopio sensibile ai raggi X. Lo sviluppo di tale telescopio iniziò con l'ingresso nel team AS&E di Giuseppe Vaiana, che assunse la direzione del programma di Astronomia X solare e della costruzione del primo telescopio. Nel 1973 venne lanciato lo Skylab, il laboratorio spaziale americano diretto da Vaiana che, oltre a vari esperimenti scientifici, portò avanti l'osservazione del Sole e della corona nei raggi X. Nel 1978 venne mandato finalmente in orbita l'osservatorio Einstein, il primo telescopio spaziale a raggi X. Seguirono le importanti scoperte del ROSAT e del satellite Chandra.

Il cielo a raggi X

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Una binaria X (la microquasar GRO J1655-40).

Sono molti gli oggetti del profondo cielo ad emettere raggi X. Dai gruppi di galassie ai buchi neri presenti nel nucleo delle galassie attive (AGN) sino alla luna che riflette i raggi X emessi dal sole.[2]

  • Nei buchi neri, a causa della materia in caduta gravitazionale, si producono raggi X termici emessi dalle alte temperature prodotte dalla compressione della materia. La materia, prima di sparire oltre l'orizzonte degli eventi acquisisce un grande momento angolare con cui spiraleggia attorno al buco nero prima di cadere. L'emissione è in genere variabile anche con brevi intervalli e dipendente dalla materia risucchiata. Le variazioni di luminosità consentono di ricavare informazioni riguardo alle dimensioni del buco nero.
  • Nelle nane bianche in compagnia di una stella vicina, la materia viene estratta dalla stella meno densa e cadendo verso la nana bianca colpisce la superficie densa del corpo celeste producendo raggi X.
  • Anche nelle stelle di neutroni legate gravitazionalmente ad un'altra stella compagna avviene un processo simile;[6] la materia che viene estratta acquisisce energia cinetica che si trasformerà in emissione X per frizione nel disco di accrescimento. Perduto tutto il momento angolare, la materia colpisce la superficie generando un'ulteriore emissione X.
  • Gli ammassi di galassie sono uniti da un legame gravitazionale; la materia che cade nel buco nero centrale di ogni galassia emette raggi X termici tramite il meccanismo del bremsstrahlung. Grazie a queste emissioni è possibile calcolare anche la presenza di materia oscura tra le galassie.
  • Anche il sole è un produttore di raggi X; essi vengono emessi soprattutto nella corona a causa delle alte temperature.
  • Esiste infine una radiazione X di fondo, la cui natura non è ancora del tutto chiarita.

Rivelatori e telescopi

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Schema del telescopio Wolter

I telescopi per raggi X

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Lo stesso argomento in dettaglio: Telescopio Wolter.

Quello che si ottiene dai telescopi sensibili a queste lunghezze d'onda non è propriamente un'immagine, ma una mappa ricostruita delle intensità e direzioni da cui provengono i segnali.[7] La difficoltà maggiore che si incontra nella progettazione di simili telescopi è che, a causa della forte penetrazione della radiazione, non possiamo ottenere un effetto di riflessione totale convogliando tutti i raggi nel fuoco grazie ad un semplice specchio parabolico o sferico perpendicolare alla sorgente, come si fa per i telescopi ottici. L'unico modo per convergere i raggi in un unico fuoco è quello di operare con angoli di incidenza molto piccoli (di solito intorno agli 1,5 gradi). Per fare ciò sono necessari più specchi, ed in generale sono utilizzati set di specchi parabolici e iperbolici disposti secondo uno schema tubolare[8].
La prima apparizione di questo metodo avvenne nel 1978, quando fu applicato al progetto HEAO2, l'osservatorio Einstein.

Una volta convogliata la radiazione nel fuoco, si utilizzano strumenti quali i contatori proporzionali ed i CCD (Charge Coupled Device), entrambi capaci di contare ogni singolo fotone X, e registrare così l'intensità globale del segnale ricostruendo un'immagine a raggi X.

I contatori proporzionali

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I contatori proporzionali sono generalmente usati per la rivelazione di raggi X di bassa energia dell'ordine di pochi keV e di elettroni di bassissima energia. Di solito i gas utilizzati nel rivelatore sono mantenuti a pressione atmosferica, ma possono essere utilizzate pressioni più alte per poter accrescere la densità e quindi l'efficienza del rivelatore. Il principio di funzionamento è il seguente: in assenza di campo elettrico gli elettroni e gli ioni liberati dal passaggio della radiazione si diffondono uniformemente, urtando le molecole di gas e perdendo gran parte della loro energia. In presenza di un campo elettrico, gli elettroni e gli ioni liberati dalla radiazione sono accelerati lungo le linee del campo verso l'anodo e il catodo rispettivamente. Questa accelerazione è interrotta dalle collisioni con le molecole del gas.

La velocità detta di deriva in un gas è molto più elevata per gli elettroni che per gli ioni. Sotto l'azione del campo elettrico, gli elettroni vengono accelerati verso l'anodo e gli ioni verso il catodo. Se l'anodo non è costituito da un'unica piastra, ma da una griglia di fili incrociati, è possibile allora ottenere le due coordinate del punto in cui il fotone si manifesta per poi costruire un'immagine.

  1. ^ NASA - X-rays, su science.hq.nasa.gov. URL consultato il 1º maggio 2017 (archiviato dall'url originale il 18 gennaio 2017).
  2. ^ a b Temperature and composition of object in X-rays, su science.nasa.gov.
  3. ^ Riccardo Giacconi, Herbert Gursky, Frank R. Paolini e Bruno B. Rossi, EVIDENCE FOR X RAYS FROM SOURCES OUTSIDE THE SOLAR SYSTEM, in Physical Review Letters, vol. 9, n. 11, 1º dicembre 1962, pp. 439–443, DOI:10.1103/PhysRevLett.9.439. URL consultato il 7 febbraio 2021.
  4. ^ Significant Achievements in Space Astronomy 1958–1964 (PDF), NASA, 1966, OCLC 988751617.
  5. ^ Giacconi R, Nobel Lecture: The dawn of x-ray astronomy, in Rev Mod Phys., vol. 75, n. 3, agosto 2003, pp. 995-1010, DOI:10.1103/RevModPhys.75.995.
  6. ^ Podsiadlowski P, Rappaport S e Pfahl E, Evolutionary Binary Sequences for Low- and Intermediate-Mass X-ray Binaries, in The Astrophysical Journal, vol. 565, n. 2, 2001, pp. 1107, Bibcode:2002ApJ...565.1107P, DOI:10.1086/324686, arXiv:astro-ph/0107261.
  7. ^ NASA: X-Ray Astronomy and Chandra Project, su wwwastro.msfc.nasa.gov.
  8. ^ Astronomia nei raggi X
  • Giacconi Riccardo e Tucker Wallace. H. L'universo in raggi X. La ricerca del fuoco cosmico dai buchi neri allo spazio intergalattico. Mondadori ISBN 978-88-04-52014-6

Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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